Omaggio di Milano all’ultimo giullare: il fu Dario Fo
La scomparsa di Dario Fo ci ha colti tutti impreparati, abituati come eravamo, a vedere un colosso d’uomo immortale, magari più per la sua statura artistica che per quella fisica.
La scomparsa di Dario Fo ci ha colti tutti impreparati, abituati come eravamo, a vedere un colosso d’uomo immortale, magari più per la sua statura artistica che per quella fisica.
La ricordava così Enzo Jannacci sin dagli anni ’60 la periferica Ortica, ancora segnata dai campi (così come detta lo stesso toponimo che richiama il nome della pianta che infestava i prati della zona) e dallo scalo ferroviario. Era abitata e frequentata dalla ligera, quella vecchia mala milanese un po’ improvvisata di cui abbiamo parlato in un nostro passato intervento. In realta’ quello che era un vecchio borgo si era sviluppato sin dall’antichità intorno alla famosa chiesetta dei SS. Faustino e Giovita o della Madonna delle Grazie e intorno a qualche cascina ancora in funzione, come quella ancora oggi nota come S. Ambrogio. Troppo poco per un pugno di case rurali strette tra Lambrate e l’aereoporto di Linate.
Abbiamo visto spesso, con i nostri articoli de La Milano che non si sa, come i destini della città siano stati determinati spesso dai duchi o dalla nobiltà. Ma esiste invece anche un’altra Milano, che ha contribuito non poco a fare grande il carattere meneghino. E’ la Milano della fatica, del sudore, anche quello della miseria e degli ultimi. E di questo voglio parlare oggi…