Milano con l’Ucraina nel cuore

Paura. Orrore. Il risveglio di angosce che da tempo, dalla caduta del muro di Berlino, non ci attanagliavano più. Il terrore di una guerra nucleare per chi, come me, è nato e cresciuto nel periodo della Guerra Fredda, ha sempre rappresentato una minaccia reale, sottesa allo scorrere della vita.

In questa folle settimana tutto questo si è materializzato davanti ai nostri occhi, traboccando dai telegiornali in edizione continua con immagini che non avremmo mai immaginato di vedere nella nostra “pacifica” Europa, nella forma di una vera invasione di uno stato sovrano da parte di un altro stato. Con la sensazione di essere assolutamente impotenti davanti allo sguardo imperturbabile di un capo folle e totalmente imprevedibile. Con un grande senso di identificazione con le vittime di questa assurda guerra: famiglie con bambini che si dividono e non sanno se mai rivedranno il loro papà che rimane per combattere, anziani spaesati col loro gatto in una sporta, morti e feriti, surreali nascite di creature il cui primo respiro è in un tunnel della metropolitana mentre fuori i palazzi sono in fiamme.

Troppo sconvolgente per essere vero, troppo improvviso nella nostra esistenza che stava piano piano emergendo da una pandemia, impropriamente paragonata ad una guerra. Eccola qui la guerra vera.

E allora Milano corre, come sempre, ma stavolta per anestetizzare il dolore, per esorcizzare la paura e cercare di non avvertire la frustrazione di non potere in alcun modo determinare un cambiamento negli eventi sbalorditivi che abbiamo davanti agli occhi.

In tutta la città, i centri raccolta per aiutare gli ucraini vittime della guerra sono spuntati come funghi: la gente non aspettava altro per potersi rendere in qualche modo utile!

In uno di questi centri abbiamo incontrato Valentina, ucraina cinquantenne geologa diplomata nell’ex URSS, da anni in Italia per lavorare. Cameriera in pizzeria, colf o badante, a seconda delle circostanze. Adesso è impegnata di notte presso una signora anziana e la mattina arriva qui per aiutare.

Un “alveare” in parrocchia

 

La frenesia che regna ovunque è la prima cosa che colpisce avvicinandosi alla parrocchia dei Santi Giacomo e Giovanni – di rito cattolico bizantino, parroco don Igor Krupa, riferimento della Comunità Ucraina milanese – in via Giuseppe Meda 50 (Milano sud, zona Giovanni da Cermenate).  Qui Valentina mi ha dato appuntamento.

 

Auto di milanesi che entrano ed escono dalla rampa che conduce al grande cortile, bagagliai pieni di borse e sacchetti scaricati in velocità per lasciare posto alle altre auto in attesa, che invadono anche un tratto della sede stradale.

 

Già domani la partenza di un primo Tir che porterà il materiale a un confine con l’Ucraina

 

Il grande salone sotto la chiesa è già zeppo di una quantità incredibile di derrate di ogni genere: indumenti, generi alimentari non deperibili, giocattoli, medicinali, materiale sanitario. Tutto viene catalogato e smistato a velocità supersonica, tutto viene rinchiuso in sacchi su cui bene in vista vengono apposte grandi etichette scritte in alfabeto cirillico ucraino, per noi inintelligibili. L’unico che mi risulta comprensibile è: “Bambina – Girls”, evidentemente il volontario che l’ha scritto era italiano e non ha saputo fare di meglio…

 

 

 

L’impressione, entrando, è di trovarsi in un mercato coperto, ma vista la concitazione e la fretta che vi regnano sovrane direi meglio: sembra di essere in un alveare brulicante di persone e di mercanzie.

 

 

Valentina raccomanda di scrivere sulle scatole dei farmaci per che cosa servono. Poi loro penseranno a tradurre le scritte in ucraino.

Grande solidarietà

Valentina mi guida nel prato antistante l’ingresso per poter parlare un attimo e subito c’è chi si avvicina per manifestare solidarietà:

“Lei è ucraina? Coraggio.” e una stretta di mano.

Un signore con un cagnolino interviene nel nostro colloquio e dice la sua. Arrivano molti sguardi pieni di partecipazione e vicinanza da parte di chi sta entrando con borsoni da consegnare. “Auguri. Siete forti.”

La sensazione di stare compiendo qualcosa di utile, anche una piccola cosa, fa sentire meglio tutti.

“Sta arrivando tantissima roba” dice Valentina “Abbiamo bisogno di aiuto per smistare.” Ecco un primo appello che sicuramente qualcuno di noi raccoglierà.

 

Un ragazzo ucraino che si occupa dello smistamento

 

Un racconto drammatico

Valentina è emozionata, parla col cuore, e il suo racconto è drammatico.

La sua mamma vive là. L’ex marito si è arruolato per dare il suo contributo alla resistenza.

Una sua amica abita in Russia, all’inizio credeva alla versione ufficiale data dai media russi, “Poi ieri mi ha mandato questa foto”, dice Valentina commossa, e mi mostra un’immagine della sua amica: è ritratta col suo bambino nel bel mezzo della piazza principale della loro città (di cui mi chiede di non fare il nome). Hanno in mano palloncini azzurri e gialli, i colori della bandiera ucraina, e un cartello azzurro e giallo a forma di cuore.

“Per un fatto come questo si rischia di essere arrestati, anche se si è bambini”, Valentina è molto preoccupata, ma anche ammirata per il loro coraggio.

 

 

Parla del presidente Zelenskyi con gli occhi che brillano: “E pensare che non lo avevo votato. Adesso anche quelli che non gli avevano dato il voto lo considerano il simbolo del popolo ucraino…”

Non li ha mai abbandonati e il suo coraggio li ha messi tutti d’accordo: “Adesso siamo tutti uniti al grido di Gloria Ucraina. Kyiv è molto più antica di Mosca. Siamo una vera grande nazione!”

 

Figli in guerra 

 

In pochi giorni, dall’inizio della guerra il 24 febbraio, 80.000 ucraini che lavoravano e vivevano all’estero sono tornati in patria per combattere.

“Anche alcuni figli di mie amiche sono partiti da qui per andare al fronte. Sono molto spaventate.”

“Ci credo”, dico io, “Come mamma, posso capirle!!”

“Se capitasse a me, andrei anch’io con mio figlio!”, esclama Valentina.

E parlando di figli, il mio pensiero va anche alle famiglie russe che hanno visto partire i loro ragazzi, chiamati “per partecipare a un’esercitazione di 3 giorni”, e che poi non hanno più ricevuto loro notizie.

 

Su questo sito ucraino le famiglie dei soldati russi possono digitare il nome e la data di nascita del loro familiare per capire se è prigioniero, ferito o morto. Per molti è l’unico modo per avere notizie. Pare che prendendo i prigionieri gli ucraini li facciano telefonare a casa, anche per comunicare che le cose non vanno così bene come si vorrebbe far loro intendere…

 

Fuggire

Naturalmente adesso l’imperativo per tutti coloro che non restano a combattere è allontanarsi il più velocemente possibile. I treni, gratuiti, da giorni partono gremiti per il confine. Anche se, man mano che passa il tempo, mettersi in viaggio è sempre più pericoloso, su strade piene di insidie, soprattutto intorno alle grandi città, dove i bombardamenti sono più intensi…

 

2 gemelline nate in un rifugio

 

In una lettera aperta al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, Filippo Grandi, Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati parla di 520mila profughi ucraini già entrati nei paesi confinanti. Un numero in crescita esponenziale: “Mi occupo di crisi di rifugiati da 40 anni e raramente ho visto un esodo in crescita a tale velocità, sicuramente il più grande che l’Europa abbia visto dalla crisi dei Balcani (…) Ci stiamo preparando a ricevere oltre 4 milioni di rifugiati nei prossimi giorni. (…) Ma andando avanti si potrebbero raggiungere facilmente i 10 milioni. I paesi che accolgono non possono essere lasciati soli.”

 

BAMBINI è scritto sul vetro dell’auto di questa famiglia in fuga

 

Anche noi dobbiamo prepararci ad un arrivo in massa organizzando un’accoglienza adeguata, anche perché la comunità ucraina in Italia è la più grande d’Europa (236.000 persone) e in Lombardia si trova il gruppo più numeroso (55.000), di cui quasi 20.000 nella sola Milano!

Filippo Grandi, nostro concittadino, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), alle prese con la più grande crisi umanitaria della sua carriera

 

L’ora più buia

“Preghiamo perché succeda qualcosa e tutto si possa fermare, ormai ci aspettiamo di tutto.”  Valentina cerca di sperare, nonostante tutto.

E anche nel nostro angolo di mondo, a sole due ore e mezzo di volo da Kiev, si prega e si spera per tutte le vittime di questa situazione assurda e tragica.

Siamo nell’ora più buia, ma qualche volta accadono anche i miracoli…

 

 

Testo: Silvia Castiglioni

Foto: Valentina, Silvia Castiglioni, laprovinciacr.it, corriere.it, Tg.La7.it, The Associated Press

 

 

 

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2 comments, add yours.

Adele Dragoni

Dolore per l’Ucraina, dolore anche per i ragazzi russi spaventati e sicuramente distrutti da quello che gli fanno fare. Mi fa impressione anche vedere la completa distruzione di città che sono costate fatica, sacrifici, mezzi economici.
Facciamo un esame di coscienza a cominciare dalle ns case. Siamo veri portatori di pace ? o ci giriamo dall’altra parte quando il ns egoismo prevale ?

    Silvia Castiglioni

    Author

    Cara Adele, come hai ragione. Davvero la guerra è un grande crimine, innanzitutto ovviamente contro le persone, ma anche, come dici giustamente, contro le cose e il grande lavoro e sacrificio che sono costate a chi le ha realizzate. Un esame di coscienza è sempre utile, dovremmo farlo ogni volta che compiamo una scelta. Cerchiamo almeno di dare il nostro contributo, per quanto si può. Forse se ognuno fa la sua parte, anche piccola, c’è ancora speranza in un mondo migliore.

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