Andrea Pujatti: storia di un ballerino del Corpo di Ballo del Teatro alla Scala
Il mio articolo d’esordio a Milano al Quadrato si sviluppa intorno ad un ambito che caratterizza da più di un secolo la cultura milanese: il Teatro alla Scala. Un teatro prestigioso, noto in tutto il mondo per il suo livello di professionalità, che ha visto calcare le scene a eccellenze internazionali e nazionali nelle varie discipline, nel quale abbiamo cercato di entrare “virtualmente” attraverso la testimonianza di uno dei suoi membri: il ballerino Andrea Pujatti, friulano di nascita, milanese di adozione, che ha fatto parte di questo celebre Corpo di Ballo per ben 23 anni lavorando con i più illustri danzatori e coreografi del panorama mondiale.
Ci racconti come è nata la passione per la danza?
Mia madre mi ha sempre accompagnato a teatro, sin da bambino: ricordo di aver assistito all’età di 5/6 anni ad un indimenticabile Romeo e Giulietta con Rudolf Nureyev, Carla Fracci e Margot Fontaine e ad un magnifico Bolero di Maurice Béjart con Luciana Savignano al Teatro Lirico di Milano. Il vero inizio in realtà è stato casuale: andando a prendere la sorellina di un mio amico alla fine di una lezione di danza classica sono stato notato dal maestro che mi ha proposto di fare una lezione di prova…e da lì è partito tutto.
Ho iniziato a studiare danza classica a 13 anni in una scuola di provincia e ho capito quasi subito che quella sarebbe stata la mia strada; poiché però ero già grandicello mi sono dovuto impegnare molto per recuperare il livello di preparazione dei coetanei che avevano iniziato il percorso prima di me, frequentando 3/4 lezioni quotidiane dal mio primo grande maestro Bruno Telloli (già primo ballerino alla Scala), che mi hanno permesso di recuperare il tempo perso. Pur essendo ancora un adolescente ero già molto determinato a diventare un professionista tanto da decidere, non senza difficoltà, di rinunciare a qualsiasi attività dei ragazzi della mia età e persino alla scuola per dedicarmi alla mia passione, la danza classica, dovendo affrontare anche molti pregiudizi: altro che Billy Eliot, io ero considerato quasi un marziano ai tempi….
Poi un giorno, aprendo il Corriere della Sera, ho notato che organizzavano un corso biennale di perfezionamento per ballerini professionisti presso il Teatro alla Scala; ho sostenuto il provino e sono stato scelto. Per due anni (1993/1994) non ho fatto altro che danzare per almeno 8 ore e anche più al giorno nelle sale libere dalle attività del corpo di ballo: ero totalmente focalizzato, sembravo quasi un invasato. Il diploma di ballerino professionista, conseguito nel 1994 mi ha dato una grande soddisfazione: era venuto il momento di “entrare in campo”!
Quali sono state le tue prime collaborazioni?
Dopo il diploma sono partito per il militare a Trieste per un anno alla fine del quale ho aderito alla proposta di un collega, primo ballerino nella Compagnia Italiana di Danza Contemporanea diretta da Renato Greco e Maria Teresa Dal Medico, noti coreografi RAI, di trasferirmi a Roma. Così è iniziata la mia prima avventura professionale: mi esibivo nelle diverse piazze italiane e, oltre a danzare naturalmente, alle volte capitava di dover aiutare i tecnici a montare e smontare le luci per lo spettacolo. Dopo l’esibizione si andava con tutto il gruppo a cena rientrando poi a notte fonda…un’esperienza molto coinvolgente per me che ero alle prime armi!
Rientrato a Milano nel 1996, sono andato a perfezionarmi da Walter Venditti (ex ballerino della Scala) il quale, lodando il mio talento, mi ha segnalato un’audizione dell’Aterballetto di Reggio Emilia dove sono entrato subito…. e dove tempo dopo mi sono trovato a ballare proprio con Luciana Savignano nel Bolero di Béjart, ruolo per il quale lei era per me la numero uno.

Saggio al Teatro Sociale di Como, 1995
Cosa ci puoi dire dell’Accademia di Ballo del Teatro alla Scala?
L’Accademia di Ballo della Scala è una grande fucina di giovani talenti cui si accede tramite selezione: il percorso dura 8 anni durante i quali gli allievi vengono preparati ad intraprendere la vita professionale, conseguendo un diploma. I ballerini diplomati possono accedere ai concorsi professionali presso vari teatri tra i quali anche quello per l’ingresso al Corpo di Ballo del Teatro alla Scala che avviene tramite concorso. Posso confermare che l’Accademia del Teatro alla Scala, attualmente sotto la guida del Direttore M. Frédéric Olivieri, conta su un corpo docente di professionisti al massimo dell’eccellenza che attira allievi nazionali ed internazionali per la qualità dell’insegnamento e per la disciplina.
Ci puoi spiegare com’è strutturato il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala?
L’organico del Corpo di Ballo è formato da circa un centinaio di persone divise in 3 categorie: il corpo di ballo vero e proprio (prendiamo l’esempio di Giselle: sono i contadini e contadine), le ballerine o i ballerini solisti (coloro che effettuano delle variazioni da soli ad esempio), i primi ballerini e le prime ballerine (nel nostro caso Giselle e Albrecht, i protagonisti della storia). Caso a parte è quello dell’Etoile, una categoria di eccellenza riservata alle “superstar” internazionali che, pur essedo in forze ad un Teatro, sono invitate a ballare in altri teatri per una particolare produzione.
Com’è accolto il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala nel mondo?
Secondo la mia esperienza il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala è sempre stato accolto con grande calore e molte ovazioni in tutti i teatri del mondo; in numerose occasioni per rendere omaggio ai suoi interpreti viene organizzato un sontuoso banchetto dopo lo spettacolo durante il quale si crea l’occasione di intrattenersi con gli ospiti locali, i colleghi internazionali, le personalità e le maestranze del paese ospitante.
- Covent Garden di Londra, 2007
- Teatro Bolshoj di Mosca, 2011
- Teatro Kirov di San Pietroburgo, 2011
C’è qualche ricordo di scena o in sala prove che vorresti citare?
All’inizio della mia carriera all’interno del Corpo di Ballo della Scala, nella Sylphide di Peter Schaufuss mi sono esibito per la prima volta in una coppia solista nel 1° atto ed è stato davvero importante ed emozionante per me.
Successivamente, pur non essendo un ballerino solista, ho partecipato a dei ruoli impegnativi di partneraggio con alcune ballerine eccellenti come Alessandra Ferri, Sylvie Guillelm e Svetlana Zacharova. Ricordo in particolare un passo a nove nell’Histoire de Manon di Mac Millan dove ho avvertito una forte responsabilità e mi sono sentito davvero sotto pressione….
Durante la mia lunga collaborazione con la Scala ho avuto l’onore di essere in sala prove con i più grandi maestri tra cui Maurice Béjart e Roland Petit, oltre che con grandi coreografi come William Forsythe e rimpiango di non aver potuto lavorare per motivi anagrafici con Nureyev, che per me è stato un riferimento assoluto. In compenso ho potuto collaborare con Roberto Bolle, due anni più giovane di me, scoperto proprio da Nureyev a 15 anni per il singolare talento che manifestava già allora….

Sylphide di Peter Schaufuss, Teatro dell’Opera di Marsiglia, 1998
Cosa ci puoi dire del grande Roberto Bolle?
Avendo lavorato nel Corpo di Ballo della Scala per 23 anni ho avuto modo di lavorare con lui frequentemente in sala prove e durante numerosi spettacoli e posso dire che Roberto è una persona strepitosa: un lavoratore indefesso, un grande artista molto determinato, ma anche umile, riservato, rispettoso, attento e molto concentrato sul suo lavoro.
Si dice che i ballerini siano competitivi e tendenzialmente insoddisfatti delle loro performances….
La competizione tra colleghi può essere stimolante ma anche stressante. Ovviamente per far carriera devi dare sempre il meglio e arrivare sempre più in alto e ciò ti pone di fronte al tuo collega/avversario; quindi devi essere molto determinato e talvolta anche avere anche una grande voglia di primeggiare, di apparire. Io ritengo di essere stato sempre molto determinato e motivato dalla passione e dal desiderio di sentirmi realizzato tramite la danza.
Anche a me è capitato di non essere soddisfatto della mia performance in scena ma dobbiamo tener presente che la percezione che il ballerino può avere del risultato di una prestazione professionale non sempre corrisponde alla percezione altrui: ad esempio mi è capitato più di una volta di uscire di scena dopo una variazione in quinta pensando “non ho dato il meglio” e sentire i colleghi che mi lodavano per il mio risultato…
Lo scollamento tra la tua percezione e quella degli altri può essere spiegato dal fatto che tu sai di non essere in forma quel giorno ad esempio e quindi fai più fatica a raggiungere il risultato di una variazione che magari avevi eseguito tante altre volte in passato e sei convinto di non essere stato all’altezza, quando invece non è stato così…

Teatro Sociale di Como, 2003
Storie d’amore a passo di danza (vedi Nicoletta Manni e Timofej Andrijashenko)
Esistono naturalmente…. Nel mio caso si è trattato di un incontro tra allievi della stessa scuola di ballo nella quale io e la mia attuale moglie Monica, che non ha poi esercitato come professionista, ci siamo incontrati nel 1991 e sposati poi nel 2012: quest’anno festeggiamo i trent’anni di conoscenza e 9 di matrimonio!
A proposito di emozioni, comunicare sentimenti con il corpo é sempre facile?
Assolutamente no! Non tutti i ballerini ci riescono. Negli anni ho avuto la fortuna di vedere grandi artisti; tanti hanno una qualità tecnica ineccepibile ma non riescono a toccare le corde dei sentimenti del pubblico con la loro interpretazione. Come dicevo Nureyev è indubbiamente colui che mi ha emozionato maggiormente, poi Carla Fracci insuperabile in Giselle e la favolosa Alessandra Ferri in Romeo e Giulietta e molti altri.
Sei entrato in pensione da poco ma non hai smesso di ballare …
Negli ultimi 15 anni ho affiancato l’insegnamento privato alla mia attività professionale, riuscendo a portare nell’Accademia della Scala diversi allievi, giovani talentuosi che poi sono stati avviati alla carriera professionale. Ad esempio nell’ultimo balletto con cui ho dato l’addio alle scene, la Giselle di Yvette Chauviré in Kuwait ho provato la grande soddisfazione di danzare con una mia allieva appena entrata in corpo di ballo. Da settembre 2020 sono entrato a far parte del corpo docenti dell’accademia milanese SPID – Scuola Professionale Italiana di Danza – che nasce con un’impostazione più orientata al contemporaneo. La mia intenzione come nuovo docente è quella di portare il valore aggiunto della mia carriera artistica e professionale per far conoscere meglio le attività di SPID al pubblico.
Collaboro da un paio d’anni anche con l’associazione sportiva agonistica di pattinaggio a rotelle Skating Veduggio, tenendo delle lezioni sulle dinamiche del movimento. E’ un’attività molto stimolante perché insegnare ad armonizzare i movimenti nel passaggio da una posizione ad un’altra mi ha obbligato ad ampliare i miei classici canoni scaligeri.
In più occasioni negli ultimi tre anni sono stato chiamato come giurato in alcuni concorsi di danza per esaminare giovani talenti. E’ una responsabilità che mi assumo volentieri perché credo sia importante valorizzare i giovani meritevoli.
Consigli per giovani che vogliano accostarsi alla danza?
Innanzitutto è necessaria una forte, fortissima determinazione di base, poi trovare un buon maestro e soprattutto saperlo ascoltare. Teniamo conto che nel panorama italiano purtroppo non esiste una legislazione che tuteli gli allievi sulla qualità dell’insegnamento della danza. Quindi la scelta del docente deve essere particolarmente accurata.
Tornando indietro rifaresti questa scelta?
Assolutamente sì! Non è stato facile sin dall’inizio, come dicevo sono stato un Billy Eliot ante litteram ma il solo fatto di aver potuto ballare nei maggiori teatri del mondo (Teatro Bolshoj di Mosca, Teatro Kirov di San Pietroburgo, Covent Garden di Londra, Opéra di Parigi, American Ballet Theatre di New York, Lincoln Center Theater di New York, solo per citare i più famosi) mi ha ripagato da tutte le fatiche.

Onegin di John Cranko, Teatro alla Scala di Milano, 2019
Testo di Emanuela Ornago
Foto: Andrea Pujatti, Wikipedia