L’amaro caso milanese di Guglielma la Boema

E’ di questi giorni la notizia che papa Francesco ha stabilito, motu proprio, cioè senza chiedere permesso alle recalcitranti gerarchie ecclesiastiche, che i ministeri del Lettorato e dell’Accolitato siano aperti anche all’universo femminile. In poche parole le donne, oltre a stare in convento a fare le suore e a fare le perpetue presso le parrocchie, o a tenere corsi di religione durante le ore di catechismo e a scuola, potranno leggere passi del Vangelo durante le messe o dispensare l’eucaristia (assieme al prete!) durante le funzioni religiose.

Tali riconoscimenti risultano  “essenzialmente distinti dal ministero ordinato che si riceve con il sacramento dell’ordine”. Insomma che non si faccia confusione con una vera e propria consacrazione, ma rispetto all’ingessatissima tradizione cattolica sembra un bel passo avanti.

In realtà se ci alziamo di livello, e vogliamo guardare la vicenda all’interno del popolo della cristianità, la questione andrebbe bollata come “Medioevo”. Sì! Perché a parte il mondo protestante che riconosce il pastorato alle donne già dagli anni ’70 del secolo scorso e una partecipazione attiva del mondo femminile all’interno delle comunità sin dai suoi primi passi (XVI sec), moltissimi movimenti religiosi, poi derubricati come ereticali, nel XIII sec. ammettevano per esse ruoli molto più attivi all’interno delle singole organizzazioni locali. Tralasciando i ben noti valdesi, che addirittura sostenevano che la donna dovesse sapere scrivere e leggere le Sacre Scritture senza la mediazione di nessuno, tanto meno del marito, altri movimenti come i dolciniani, i catari, i patarini, i begardi o gli albigesi non erano certo lontani dal mondo femminile, come semplice “vascello del demonio” o mero oggetto di tentazione per i poveri uomini sempre in preda alle loro pulsioni irrefrenabili.

L’attuale Pastora della Chiesa Valdese di Milano Daniela Di Carlo

Ma anche nel mondo cattolico qualcosa si muoveva, persino a Milano. Infatti quello che vi voglio raccontare oggi è il caso di Guglielma la Boema. Tra il 1260 e il 1280, in città, dominava la famiglia dei Torriani. Il suo potere era insidiato dai Visconti che di fatto si assicurarono la signoria nel 1277, nella persona dell’arcivescovo Ottone Visconti, al quale subentrerà il nipote Matteo. Mentre gli uomini si fanno la guerra, un’illustre esponente della famiglia che poi prenderà il potere, certa Maifreda da Pirovano, fonda con Guglielma un ordine laicale. Aveva come scopo l’evangelizzazione strada per strada, anzi porta a porta come fanno oggi i tanto vituperati Testimoni di Geova o gli evangelisti radicali. A Milano non mancavano i cristiani cattolici che combattevano contro le eresie, ma non con i falò degli inquisitori domenicani e francescani, bensì con mezzi come la predicazione, la persuasione e l’esempio.

Guglielma era una mistica, presunta figlia del Re boemo Ottocaro I, che giunta a Milano, aveva subito capito che non poteva operare senza un mandato ecclesiastico tanto da stabilire legami con la potente Abbazia di Chiaravalle.

Vista dall’alto dell’Abbazia di Chiaravalle

Fu un’oblata (cioè una laica che alloggiava in un luogo di chiesa) forse nella stessa abbazia, ma non disdegnava nemmeno le case delle consorelle, spesso di alto lignaggio; la sua fama di guaritrice crebbe fino a dar vita ad un movimento religioso, chiamato dei Guglielmiti, a cui presero parte molte donne e qualche membro dell’aristocrazia milanese.

Tra i suoi seguaci di spicco Maifreda da Pirovano, una suora appartenente agli Umiliati, un altro ordine messo al bando come eretico qualche secolo più tardi perché divenuto troppo potente.

Morì il 24 agosto del 1281 (o 1282) e venne sepolta nel cimitero della stessa abbazia di Chiaravalle; dopo la sua morte i monaci la proposero per la canonizzazione. La cappella che ne ospitava le spoglie divenne luogo di culto, frequentato da seguaci e devoti. I monaci le avevano addirittura dedicato un altare.

Due anni dopo, l’Inquisizione venne a conoscenza del culto che si stava formando attorno alla “santa” Guglielma. Fu così che nel 1300 i due inquisitori Guido da Cocconato e Rainerio da Pirovano istruirono il processo contro il movimento: il compito era quello di estirpare l’eresia, riportandolo, ove possibile, all’ortodossia, e ricorrendo spesso a torture e minacce di morte. La prima azione dei due inquisitori, fu quello di rimuovere l’oggetto del culto, cioè le spoglie di Guglielma dall’altare nella cappella di Chiaravalle. Molto probabilmente i resti della donna furono messi al rogo, come pure furono fatte bruciare le immagini della fondatrice ed ogni sua cosa.

Un affresco che immortala Guglielma la Boema, nella chiesa di Brunate, sopra Como

Quanto ai suoi seguaci, è sicura la condanna al rogo di Maifreda da Pirovano e “soror” Giacoma dei Bassani. Incerta la sorte di un altro adepto, certo Andrea Saramita, tra i caporioni dei Guglielmiti, forse fatto sparire in qualche segreta umida del braccio secolare.

Conosciamo la storia di Guglielma e dei suoi seguaci, grazie agli atti del processo cui essi furono sottoposti dall’Inquisizione di Milano. Gli atti giunti in nostro possesso non sono completi e si trovano custoditi nella Biblioteca Ambrosiana. La leggenda vuole che il merito sia di un monaco del Cinquecento, il certosino Matteo Valerio. Si narra che costui, entrato nella bottega di un droghiere, scorgesse dei fogli di pergamena ricoperti da una scrittura antica e destinati, presumibilmente, a servire da cartocci per la merce in vendita. Il certosino comprò i fogli. L’Inquisizione milanese non aveva l’abitudine di dare via i suoi incartamenti ai droghieri. Al contrario, li conservava gelosamente in archivio. Archivio che poi è andato distrutto in un falò illuministico acceso nel 1788 dal governo milanese con lo scopo di distruggere così una vergogna del passato. I verbali, dunque, si sono salvati anche perché erano fuoriusciti dall’archivio dell’Inquisizione. Forse erano stati trafugati. Forse erano andati perduti in un trasloco dell’Archivio. Fra i personaggi maggiormente coinvolti nel processo del 1300 c’è una parente dei Visconti, suor Maifreda. Il trafugamento, se trafugamento ci fu, poté essere solo opera della potente famiglia ducale, per poter allontanare l’infamia di eresia che poi comunque colpì il duca Matteo Visconti.

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2 comments, add yours.

Luca

Gentile ERREERREARCHITETTO, probabilmente lei non partecipa alla messa da molti anni. La pratica di “dispensare l’eucaristia (assieme al prete!)” per le donne è frequentissima da diverso tempo nelle chiese cattoliche. Sabato scorso, ad esempio, presso Santa Maria Incoronata, dove mi trovavo.

Avanzo anche qualche riserva sul riferimento ai “falò degli inquisitori domenicani e francescani”. Vede, senza entrare nel merito dei fatti storici in sé, il problema è più ampio. Giudicare singoli comportamenti del passato, assumendo come punto di vista un altro periodo storico (quello odierno, nel caso del suo scritto), può portare a opinioni anche molto contrastanti. Meglio sarebbe valutare quei comportamenti in riferimento al contesto di quello stesso periodo storico, ma il discorso si farebbe molto complesso. Altrimenti, uno potrebbe anche concludere che il “falò” del Medioevo era una forma “umana” o “pietosa” di esecuzione capitale. Per fare paragoni pertinenti alla pratica in questione, basti pensare, ad esempio, alla esecuzione per squartamento, abolita in Europa solo verso il XVIII secolo. Oppure ancora (e mi fermo qui) al caso del nostro concittadino Gian Giacomo Mora nel XVII secolo. Non un semplice rogo, e via, ma: taglio della mano destra usata per la supposta unzione, ossa fratturate per poter annodare il corpo in una ruota da esporre al pubblico e agonia di diverse ore prima della morte.

La leggo sempre con interesse. Passo frequentemente dal cantiere di Via Melchiorre Gioia, vicino alle Cucine Economiche, sperando in una svolta.

Adele Dragoni

Concordo con Luca. Nella Chiesa,almeno quella Ambrosiana, da molti anni le donne servono Messa, distribuiscono la Comunione insieme al Sacerdote, e, se non leggono il Vangelo durante la Messa, leggono però la Bibbia (1°lettura) e le lettere degli Apostoli (2° lettura). Perfino nella Chiesa di un piccolo paese come quello in cui abito io.

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