La pubblicità in questo “strano” 2020. E a Natale.

La pubblicità può da sempre prendere in prestito l’affermazione del sociologo Niklas Luhmann, secondo la quale: “Ciò che sappiamo della nostra società e in generale del mondo in cui viviamo, lo sappiamo dai mass media”. Sì, vale anche per la comunicazione che anticipa, interpreta, riflette il nostro vivere. E puntualmente, lo sta facendo anche ora, in questo periodo di pandemia. Anche per le feste di Natale che stanno arrivando.

Prima del tornado Covid 19, vi era un tema al centro dei concept creativi della comunicazione, e se non ne era direttamente protagonista, era comunque sotteso, presente, mondialmente condiviso: il global warming e l’emergenza ecologica e climatica mondiale. Da pubblicitaria di lungo corso posso garantire che già da molti anni la sostenibilità era diventata il passaporto della credibilità e dell’affidabilità per molte imprese, e veniva ampiamente sbandierata in comunicazione. Ma il vero avvento del cosiddetto Green Washing, ambientalismo autentico o di facciata, è di fatto più recente. L’attenzione del consumatore alla tutela dell’ambiente ha avuto un super rilancio grazie all’attivismo della giovane svedese Greta Thunberg, che fino allo sfortunato 2020 ha registrato una costante escalation proprio in ambito mediatico, gradita o no.

Ma quello che aveva predetto Luhmann torna di assoluta attualità quando (giustamente) i media e la pubblicità dettano la nostra cosiddetta agenda all’inizio del 2020, con l’arrivo del Covid, cioè ci dicono quello di cui si deve parlare e che si deve sapere. L’informazione (ri-giustamente) da quel momento si focalizza infatti quasi unicamente su questa terribile novità che porta con sé inauditi cambiamenti nella società: mentre ci si ritrova sempre più in rete per il lavoro a distanza e per mantenere i contatti con gli altri, si assiste all’esplosione dei live streaming sui social network principali, così come – miracolo! – nel periodo del primo lockdown molti giovani tornano a vedere la TV di stato (considerata vero legacy media, mezzo autorevole per eccellenza, insomma) per seguire passo a passo le comunicazioni del Governo e della Protezione Civile sugli ultimi preoccupanti eventi.

E la pubblicità? Fase uno. Primo lockdown.

Segue esattamente lo stesso schema. Messa un po’ in disparte la tematica “prima di tutto il pianeta” – ricordate i carrelli della Coop che riuscivano a riportare un po’ di etica piaciona ripulendo i mari dalla plastica, opponendosi al caporalato nei campi, scongiurando il distacco dei ghiacciai, tanto per dire? – si trova catapultata in un altro universo valoriale.

I carrelli salvapianeta…

Colpiti dalle conseguenze della pandemia durante il primo lockdown italiano, abbiamo assistito (francamente ho anch’io unito la mia voce creativa a questo flusso di idee) a messaggi pubblicitari dal taglio spiccatamente etico-patriottico, quasi un inno corale volto a riportare la speranza negli animi, a supportare ogni cittadino mentre affrontava la prima fase di un cambiamento stravolgente, a sottolineare che poteva diventare realtà il ben noto #andratuttobene. Ad argomentare tutto questo, ogni brand: dai supermercati più famosi, a marche di pasta come Barilla con la voce di Sophia Loren in #litaliacheresiste

Lo spot Barilla con la voce di Sophia Loren

o Rummo che onora gli anziani chiedendo di restare a casa per loro, Parmigiano che ringrazia chi continua a lavorare nei caseifici e supplica di non fare scorte o ancora Unipol che restituisce un mese di RCAuto visto che le automobili non possono circolare… bandiere che sventolano, gente che canta sui balconi. Ma si comincia a respirare, pur nella luttuosa atmosfera, un sentiment talvolta anche sincero: il senso della COMUNITÀ.

Pubblicità? Fase due. Stiamo di nuovo più vicini.

Ho detto comunità all’antica, non community, badate bene, perché restringerei l’ambito di analisi al mondo digitale. Perché la comunicazione cavalca e promuove una tensione comune, che abbraccia un po’ tutti: l’idea di essere parte di un tutto, di essere globalmente colpiti da un problema e da un cambiamento d’eccezione, visione che ci porta a sentirci più vicini agli altri nonostante le distanze fisiche imposte dalle regole sanitarie.

Un’attuale campagna natalizia

In generale, siamo uniti nella consapevolezza che nulla sarà come prima, con sfumature più o meno pregne di speranza nell’avvenire. E il linguaggio pubblicitario lo sottolinea continuamente, anche quando il messaggio in apparenza non ha esattamente un valore o un obiettivo etico (in questo caso è tutto più semplice e ovvio). Pensiamo alla campagna sulla Fibra di Sky che vede protagonista Jude Law, mai così hipster: l’incipit fin dai primi soggetti recita “C’è questa cosa invisibile che ci lega tutti, mi dice”. Nel discorso indiretto con il suo interlocutore poi dirà che non è l’amore, ma qualcosa che crea “connessioni spettacolari”.

Lo spot di Sky in cui si afferma che siamo uniti da qualcosa di invisibile

Un esempio pratico di come il fatto di tenerci in contatto, aspirazione oggi molto condivisa, diventi un’opportunità per un messaggio di comunicazione che prenda le mosse da questa esigenza.

Fase tre: è Natale!

Alzi la mano chi non ha detto o non ha sentito dire negli anni passati “Non so, mi pare di non sentire quest’anno l’atmosfera del Natale…”. Questo è un articolo e non posso soffermarmi a fare troppi commenti sull’etica e sull’impianto valoriale connesso a questo tema e a queste considerazioni… che comunque a parer mio avevano un lieve retrogusto di autocompiacimento. Ma posso dire che oggi la risposta a questa domanda c’è. C’è nella realtà, perché molti si interrogano su come sarà possibile trascorrere davvero le feste con amici e parenti: ma non era per molti quasi un oneroso impegno? C’è nell’evidenza di un sentire diverso, quello, appunto, di viversi come parte di una comunità. C’è negli spot, che partono innanzitutto dall’idea che nulla sarà come prima. Ma nel bene o nel male? Guardiamo, vi prego, questo spot di Coca Cola, al netto del fatto che questo brand ha sempre saputo giocare con sentimentalismi e senso della partecipazione umana, parlando poco di prodotto ma molto di valori globalmente condivisibili.

 

Ecco, questo è un po’ l’approccio creativo al Natale che sta per giungere, da parte della comunicazione: “Niente sarà come prima, ma mai come oggi hai l’occasione per renderti conto di come vivi, cosa vivi e con chi. E probabilmente sarai più incline ad apprezzare e condividere con tutti”. Chiaro che così il Natale sarà veramente buono, come nell’augurio. Credetemi, la piacioneria di Coca Cola non mi appartiene come utente, ma come creativa non posso negare che anche lo spot che segue (sempre per le prossime feste) tocca il nostro animo, e, di nuovo, inneggia allo stare insieme, in qualsiasi modo lo si possa fare oggi. (Eh… di sicuro i ricchi budget impreziosiscono anche l’effetto creativo!)

Inutile dire che prodotti e brand appartenenti a organizzazioni etico-umanitarie ed eco-equo-solidali più di tutti possono essere ambasciatori di questi sentimenti e modi di pensare. Ma di sicuro quest’anno i loro messaggi appaiono ancora più autentici, ancora più partecipati dagli utenti. Per chiudere e sostenere quanto espresso fino a qui, vi lascio con due altri spot, che esplodono il bisogno di mettere/mettersi in comune. O, se preferite, sentirsi profondamente parte di una comunità.

 

Photo cover: www.pinterest.it/pin/376824693795944971/

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Giuse

Complimenti, bel post!

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