Milano dà i suoi frutti (seconda puntata)

Continua il racconto sui frutti (vegetali) della città iniziato settimana scorsa, con una seconda puntata che parte ancora dai “commestibili”, per poi esplorare le molteplici e affascinanti forme di tanti altri frutti prodotti dagli alberi di Milano. Meno conosciuti ma altrettanto affascinanti, fanno capolino tra foglie verdi estive o fiammanti livree autunnali, fino a decorare i rami nudi dell’inverno come altrettanti addobbi natalizi.

Li chiamano semi alati, gli acheni (vedi sotto) di molte specie dotati di membrane che permettono loro di volare in cerca di fertili terreni o di insolite collocazioni nelle nostre case.

BACCHE DALLE CALDE TINTE

Per molti, il termine bacca è sinonimo di frutti di bosco, le famose berries della lingua inglese. In realtà, fragole, more, lamponi, mirtilli e così via sono altre tipologie di frutti. Per inciso, a Milano non ci sono veri e propri boschi, ma le aiuole possono riservare sorprese.

Una piantina di more “dà i suoi frutti” in piazza Arduino, mentre nei prati è facile scovare distese di fragoline, che si allungano con i loro stoloni fino a conquistare vaste zone.

Le bacche in realtà sono frutti dalla consistenza carnosa, con una polpa succosa e ricca di gusto, basti pensare ai pomodori e alle melanzane, tipiche bacche della nostra cucina.
Quando l’autunno tinge le foglie dei colori caldi e intensi (vedi l’articolo), ecco spuntare una bacca per eccellenza, appesa tra le foglie bruciate con i suoi toni arancio intenso. È il caco, frutto tanto buono quanto decorativo. Il suo albero, come il fico, è molto presente a Milano e, quando fruttifica e perde le foglie, non può sfuggire al riconoscimento.

Un caco in via Monte Rosa. Quello nell’immagine di copertina è in via Beroldo. Cercate questi alberi nella vostra zona, perché sono davvero diffusi.

Una bacca modificata è invece il melograno, altro frutto dai colori infuocati, tanto amato per i semi rosso fiamma raggruppati nelle valve concave della balausta, lo spesso involucro.

Melograni maturi sul lato nord di City Life, dove una fila di questi alberelli decora un pendio e, dalla tarda estate, diventa un inno all’autunno e all’attesa del Natale.

Quando le bacche si aggregano in una infruttescenza, ecco spuntare i grappoli. La succulenta uva è un’aggregazione di bacche, o acini, così preziose per il nettare che se ne ricava. Le viti non sono piante di città o pianura, salvo qualche eccezione un po’ forzata come la Vigna di Leonardo.
Abbastanza diffusa è invece la cosiddetta uva turca, dall’aspetto attraente e dal colore viola, da guardare e non toccare, perché molto velenosa.

Un arbusto di uva turca in via Crimea. A fianco, una vite che, da buon rampicante, si sostiene alla facciata di un edificio nei pressi di via San Marco, per annunciare che lì si può bere del buon vino.

BACCELLI, LA CULLA ACCOGLIENTE DI MOLTI SEMI

I baccelli sono i frutti tipici delle Fabacee (un tempo chiamate leguminose). Si formano da foglie modificate, dette carpelli, che si ripiegano su loro stesse fino a chiudersi per custodire i semi. Come si deduce dal nome della famiglia, sono legati soprattutto alle piante dei legumi, ma le Fabacee comprendono numerosi alberi, alcuni decisamente spettacolari quando sono in fiore e altrettanto decorativi quando fruttificano.

Inconfondibile fabacea è, in questo senso, il glicine. Per tutti è il rampicante più effervescente della primavera (anche se, con questo clima pazzo, mi è capitato di vederlo rifiorire in estate e persino in autunno). Quando le corolle cadono potrebbe passare inosservato, se non fosse per i vellutati baccelli che ne confermano l’eleganza e la regalità.

Vellutati baccelli di glicine.

Anche due classici alberi da fiore, di cui abbiamo parlato in queste pagine, appartengono alla famiglia delle Fabacee: i siliquastri e le sophore. Baccelli corti e piatti per i primi, lunghi e rigonfi come grani di rosario per le seconde.

I fiori dei siliquastri spuntano anche sul tronco e, puntualmente, seguono i frutti. A destra, i “rosari” di una sophora.

Spine e lunghi baccelli marroni sono, invece, le principali caratteristiche delle gleditsie, che proprio per questo sono chiamate in italiano “spino di Giuda” (si dice che con i suoi rami fu confezionata la corona di spine di Cristo) e, in inglese, honey locusts, o baccelli dal dolce sapore del miele. Sono piante inconfondibili, non fosse altro che per il tappeto di frutti che si forma sui marciapiedi a fine autunno.

I “baccelloni” rugosi di una gleditsia in piazzale Brescia sembrano panni stesi al sole.

Sembrano baccelli, ma in realtà sono capsule per semi con pappo, i lunghi sigari delle catalpe, distintivi dell’eleganza di questi imponenti alberi.

Una catalpa dai lunghi sigari sul lato della chiesa di San Simpliciano.

ACHENI, I FRUTTI DALLE MILLE STRATEGIE

L’achenio è un frutto secco, spesso legnoso, che contiene un unico seme. È detto indeiscente perché trattiene il seme anche dopo la maturazione. Questa descrizione puntuale non toglie nulla al fatto che gli acheni sono tra i più bei frutti che conosco, ricchi di fascino e capaci di sorprendenti strategie di disseminazione.

Tra i miei preferiti vi sono le ghiande delle querce. Questi alberi spettacolari dalle ondulate foglie (vedi qui), simbolo di vigore e solidità, non potevano che produrre frutti della stessa bellezza. Sono molte le specie di querce presenti in città – farnie, roveri, lecci – e ognuna presenta la sua tipologia di ghianda.

Profumate e tondeggianti ghiande di farnia (Quercus robur) a sinistra, appuntite ghiande di leccio (Quercus ilex) a sinistra.

Strategie, dicevamo. Gli acheni sono maestri nell’inventarsi il modo di accompagnare il seme in giro per il mondo. Lo fanno con spettacolarità e prediligono il vento. Sono acheni i semi muniti di pappo, come i morbidissimi piumini dei salici, i candidi ombrelli del tarassaco (dente di leone) o gli impalpabili frutti delle betulle. I più famosi, e in qualche modo molesti, sono quelli dei pioppi, che a maggio inondano l’aria e ricoprono i prati.

I pappi dei pioppi formano una coltre simile a neve e rilasciano i semi per la germinazione.

Con il vento giocano anche le eleganti samare di aceri, frassini, olmi e carpini, signori della nostra città. Sono acheni che la natura ha dotato di lunghe estremità simili ad ali, a volte doppie a volte singole. Come in una danza, i semi alati planano dall’alto con un movimento elicoidale di perfette proporzioni, secondo ancestrali regole della fisica.

Dai rami di un acero pendono folti gruppi di samare rosate, pronte a spiccare il volo. Ben si vedono i due grandi semi accostati al centro e le ali perfettamente simmetriche.

CONI DAI SEMI NUDI

Li conosciamo come pigne, ma più precisamente sono coni o meglio strobili. Sono i frutti delle conifere, piante dalle foglie ad ago che producono semi non protetti da un ovario, quindi nudi. Le pigne possono essere lunghe e affusolate, grandi e piramidali, oppure piccole e rotonde come le coccole dei ginepri, le pigne profumano di resina. Nei parchi antichi di Milano svettano imponenti conifere, come i misteriosi cipressi calvi dei Giardini Indro Montanelli e i molti cedri del Libano.

Un ramo di cedro carico di coni. In modo molto semplificato, i piccoli coni marroni fanno la parte dei fiori mentre le panciute pigne argentee si occupano di custodire i semi.

Pigne sono anche i frutti della magnolia, la madre di tutte le piante da fiore. E che pigne! Quando arriva l’autunno si tingono di un caldo rosa aranciato prima di dischiudersi e rivelare manciate di semi rosso fuoco.

Frutti di magnolia in via Carlone, uno ancora chiuso e l’altro in piena schiusa.

ALBERI DI NATALE

Fiori, foglie, frutti. I tratti distintivi degli alberi per quasi tutto l’anno. Poi arriva l’inverno e i rami, a questo punto, dovrebbero essere completamente spogli. Ma gli alberi non possono deludere la stagione del Natale e con i loro frutti contribuiscono agli addobbi della città.

Liquidambar, ginkgo e platani. Con loro per le vie è una festa assicurata.

Siamo arrivati alla fine di questa storia e mi torna in mente come è iniziata nel primo capitolo, parlando del seme e della sua missione di messaggero, che porta nel mondo l’esperienza e la sapienza degli alberi genitori. Mai come di questi tempi di fine 2020 mi sembra attuale la frase pronunciata nel film Jurassic Park: “Life finds a way”, sempre, nonostante tutti gli sforzi dell’umanità di imbrigliare e spesso torturare la natura per i suoi scopi.

Voglio cogliere il lato positivo di questa forza, visibile sotto i nostri occhi di continuo anche a Milano. Quando la plumbea superficie dell’asfalto si deteriora e si spacca (ricordate la campagna contro le buche) un seme ne approfitta per ricordarci che lì sotto c’è del terreno fertile a portata di mano.

Da sinistra, un fico, un siliquastro e un tiglio. I semi dei tre alberi, trasportati dal vento o dagli uccelli, hanno trovato alloggio nelle crepe di muri e marciapiedi per germinare e avviare una nuova vita. Se volete seguirne la crescita, li trovate in via Monte Bianco, via Monte Rosa e via Caccialepori, rispettivamente.

Ai minuscoli semi che fuoriescono dalla preziosa custodia legnosa di un liquidambar (vedi sotto) affido questo messaggio di speranza lanciato dai silenziosi compagni verdi della città, che meritano di essere rispettati e apprezzati.

Testo e foto di Marina Beretta, Racconti di Massimo Dragoni.

Tutte gli alberi sono stati fotografati a Milano.

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