Dall’Isola Bella alle Cucine Economiche: un angolo di Milano tutto da scoprire
Abbiamo raccontato, in passato, come la Martesana prima di buttarsi nella cerchia dei Navigli attraverso il Tumbum di S. Marco, incontrasse fabbriche, cascine e anche luoghi di ritrovo e sosta.
L’ultimo di questi complessi, prima di superare il ponte delle Gabelle, bucando le mura Spagnole (oggi la cerchia dei Bastioni), era l’Isola Bella. Era posta proprio sull’angolo tra l’attuale Via Melchiorre Gioia e Via Monte Grappa, proprio lungo il Canale Martesana, che la serviva di acqua fresca e pulita, attraverso una roggia, di cui l’alveo è ancora visibile.

Il vicolo che si diparte da Via Melchiorre Gioia, naturale alveo della roggia (oggi in asciutta), con il relativo salto di quota della Martesana non tombinata (foto di Robert Ribaudo)
Qui fino alla fine del XIX sec. si trovava una stazione di posta settecentesca con osteria e locanda, per le diligenze, che partivano da Piazza Duomo o dalla vecchia Posta del Cordusio: si trattava della prima fermata, “fuori porta”, sulla strada postale per Monza, utilizzata anche per famose scampagnate.

La struttura ancora esistente del complesso Isola Bella, lato Melchiorre Gioia (foto di Robert Ribaudo)
La zona quindi, durante il periodo asburgico, era considerata strategica per il collegamento con la Brianza, ma non sempre sicura per via dei pantani, per la fuoriuscita delle acque del vicino Seveso. Il carico idrico su Milano in caso di concomitanti piene del Seveso e dell’Adda era diventato eccessivo anche per la Martesana e con il 1780 si comincia ad avvertire l’esigenza di creare un canale che potesse scaricare le acque in eccesso prima che entrassero nella conca dell’Incoronata del Naviglio di San Marco e quindi nella cerchia interna dei Navigli. Le frequenti inondazioni compromettevano la funzionalità dei canali fino a Porta Romana e Porta Vittoria.

Il canale Redefossi viaggiava parallelamente ai Bastioni, creandone un fossato per scopi meramente idraulici
Ciò costrinse il governo austriaco di Milano a creare, tra il 1783 ed il 1786, il Cavo Redefossi o Re de’ fossi . Il nome era ispirato più che dalla sua importanza, dalla sua posizione, in funzione di retrofossum (fossato retrostante le mura di difesa). Tale scolmatore partiva proprio da qui, davanti all’ingresso dell’Isola Bella , sul lato di Via Monte Grappa.

Vecchia foto con la testa del Redefossi, alimentato dalle acque in ecceso della Martesana in angolo tra l’attuale Melchiorre Gioia e Viale Monte Grappa
Le opere di difesa idrauliche dovevano aver ispirato anche il nome della struttura recettivo-turistica, se come risulta dalle carte il complesso era pressochè circondato dalle acque, come all’Isola Bella sul lago Maggiore (seppur artificiali: Martesana, Redefossi, vasche di decantazione e laminazione come si chiamerebbero oggi). Altri ancora lo fanno desumere dalla prossimità alla zona Isola. Fatto sta che il luogo divenne un popolare luogo di ritrovo subito fuori le mura, dove trovare refrigerio e ombreggiature sotto le alberature degli ampi giardini che lo circondavano, oltre alla grande corte antistante dove organizzare feste e ritrovi.

Stampa ottocentesca che immortala la grande corte interna con la facciata retrostante dell’Isola Bella, con le strutture aggettanti in ghisa.
Divenne successivamente albergo/ristorante, dal momento che nel 1840, proprio davanti vi costruirono la prima e poi la seconda stazione ferroviaria per Monza, esautorando di fatto il servizio di posta e di sosta per le carrozze. Ma in questo periodo se ne registra un primo declino, per poi tornare in auge, nel periodo post-unitario, quando Milano volge lo sguardo oltre le mura spagnole. In qualche modo aveva di fatto resistito e risultava funzionante fino al 1939, come risultava dalla Guida Savallo.
Ma il vero cambiamento dell’area si ha intorno agli anni ’80 del XIX sec., quando la zona comincia a popolarsi di enormi fabbriche, sulla spinta della prima industrializzazione italiana.
Le cucine Economiche
Proprio nel punto più strategico, ben visibile e ben servito dalle strade principali sorge tra il 1882-3, una particolarissima costruzione in mattoni rossi, l’edificio dell’ “Opera Pia Cucine Economiche” , più conosciuto come Cucine Economiche. Il contesto in cui sorge è piuttosto “caldo”: accanto alla prima fase del sistema capitalistico in salsa milanese, con conseguente massiccio inurbamento, si assiste ad una vera e propria “questione operaia”. Parallelamente agli edifici religiosi per i più bisognosi, sorgono i primi esempi di filantropia sociale: le cooperative sociali, le società di mutuo soccorso, le cooperative di consumo per la formazione di spacci alimentari.
Nel dicembre 1883 si ha così l’inaugurazione dell’edificio dell’”Opera Pia Cucine Economiche” in viale Monte Grappa, progettato da Luigi Broggi per il “Comitato promotore per le Cucine Economiche e i Forni sociali”. Sorgevano proprio davanti alla struttura principale dell’ Isola Bella, per sfamare gli indigenti ma soprattutto tutta quella classe operaia, che gravitava intorno alle fabbriche che si assiepavano lungo l’asta della Martesana, non ultimi i ferrovieri della vicina stazione per le linee di Monza e Varesine. I lavoratori delle ferrovie, inoltre, sul lato dell’edificio dove si trova l’ingresso dal cortile installano una edicola (ancora esistente) che ai tempi conteneva decine di ex voto del XIX secolo e inizio XX, donati per grazie ricevute.

Sul lato di Via Montegrappa, sopra la vegetazione sopra la cancellata, fa’ capolino, in angolo, l’edicola dei ferrovieri (foto di Robert Ribaudo)
Alla Galleria d’Arte Moderna di Milano è esposta un’opera di Attilio Pusterla che rappresenta questo spaccato della società proletaria dell’epoca: “Alle cucine economiche di Porta Nuova” è un dipinto che risale al 1887 e ritrae con realismo il refettorio affollato di persone.

Attilio Pusterla- Alle Cucine Economiche di Porta Nuova- 1887: immortala il refettorio popolato di varia umanità.
Ma veniamo all’edificio
Contiene un refettorio con 160 posti. Nell’Ottocento era presente all’interno anche un forno sociale per la vendita di pane a prezzi modici. Il fabbricato, in stile neoromanico decorato in terracotta con facciata in mattoni a vista, su due piani era costituito, al piano terra, dalla mensa e le cucine; al piano soprastante, dagli uffici dell’amministrazione. La funzione delle cucine economiche non esiste più in dagli anni Settanta, ma la proprietà è rimasta al Comune.
Nei primi anni ’80 alcuni lavori di restauro vennero operati per l’adeguamento a centro polifunzionale, per servizi e usi civici. Durante questo intervento sono emerse le decorazioni originali della facciata in stile eclettico ed i locali di servizio, un tempo al piano dell’alzaia sulla Martesana, e ora interrati. L’edificio riattato ha ospitato per decenni, fino all’anno scorso, diverse attività culturali.
Oggi
Il Comune di Milano, già a partire dall’inizio del 2020, ha intrapreso lavori di riqualificazione che coinvolgono principalmente, dopo anni di abbandono, il vecchio edificio retrostante dell’Isola Bella. Lo spazio dovrebbe ospitare, sotto il progetto VOCE, una serie di associazioni e spazi sociali.

Il cartello all’ingresso del cantiere da Via Montegrappa 6 indica lavori di restauro e ampliamento: una vera contraddizione per chi conosce il Testo Unico dell’Edilizia, art.3.
Ma al di là, della bontà del fine, l’intervento è tutta una contraddizione in termini, poichè proprio il Comune che dovrebbe tutelare la memoria delle istituzioni milanesi, senza scopo di lucro e favorendo quindi risanamenti conservativi, “maschera” con la voce “restauro”, ampliamenti e vere e proprie ristrutturazioni che ne snaturano le strutture e ne alterano i volumi.

Le asseverate opere di restauro in tutta la loro “comprovata attenzione”, all’interno della stessa corte che vi avevo mostrato più sopra nella stampa ottocentesca (foto Robert Ribaudo)
Insomma, ciò che viene vietato ai cittadini si permette di fare il demanio comunale, con molta disinvoltura, sicuramente anche con l’avallo della Soprintendenza. Lascio giudicare a voi gli esiti, nella foto in basso: il rendering di progetto, applicato proprio in facciata sotto la torretta, mostra come il corpo più svettante verrà affogato in un sottotetto poco rispettoso delle antiche strutture (e anche di dubbio gusto!).

(foto di Robert Ribaudo)
One comment, add yours.
Rosaria
Alle solite la mano pubblica sempre refrattaria alla osservazione delle sue stesse regole ed incapace di restauri conservativi! Auguro si possano fermare e condurre al buon senso ed al buon gusto!