Food-podcast: lezioni di cucina “pret-a-porter”!
Come già saprete, esistono podcast di tutti i generi e per tutti i gusti ma oggi prenderò in esame il fenomeno dei food podcast e ce ne sono per tutti i “palati”. Sto parlando di audio dispense a tema eno-gastronomico, tendenze food, Chef Academy e molto molto altro. In breve… cos’è un podcast?
Parliamo di un contenuto audio composto da musica, una o più voci, effetti, di durata variabile e fruibile attraverso la rete. Ci si può iscrivere e ricevere gli aggiornamenti successivi, scaricare i file audio e ascoltarli quando meglio crediamo in differita senza problema di connessione.
Le piattaforme più diffuse
Tra app e piattaforme che ci possono essere utili all’ascolto ne abbiamo diverse: Spotify, Spreaker, Audible, Storytel, Stitcher, Podbean e le app podcast di Apple, Google valide anche per Android. Possiamo ascoltare i nostri preferiti da mobile, tablet e portatile.
Il valore aggiunto del “pret-a-porter”
L’elemento interessante del podcast in generale è proprio il fatto che lo si può ascoltare anche mentre si cucina, mentre si va in bicicletta o si fa si fa sport, insomma quando si preferisce. I podcast ci diverte, ci appassiona e, da non trascurare, “ci forma”.
Dopo libri, documentari, contest, cooking-show, Youtube, Instagram, i food-lovers hanno l’ennesimo strumento per istruirsi divertendosi, ascoltando ricette, imparando metodi, e tanto altro.
Ascolto podcast da molto tempo e di tutti i generi ma durante il lockdown ho avuto modo di scoprirne molti a tema eno-gastronomico. Tra questi due in particolare, giustamente, segnalati da un’amica di Maq che già conoscete: Samanta Cornaviera, creatrice e autrice del blog Massaie Moderne, doppiatrice, appassionata di outdoor cooking (ve ne avevo parlato qui), 47 anni, veneta, speaker pubblicitaria per campagne radio/tv/web, “cuciniera” per passione e tradizione.
Con l’occasione ho fatto una mini-intervista a Samanta per rispondere ad alcune mie curiosità e segnalare due chicche da ascoltare.
Ed eccomi al telefono con la nostra amica Samanta che si trova nel giardino della sua baita a Miazzina, non lontano da Verbania.
Siamo già nel vivo dell’argomento da subito. -“Durante il lock-down non mi sono fermata in verità: la mia amica e partner lavorativa storica Anna Prandoni (giornalista e scrittrice con un curriculum di tutto rispetto) ed io, registravamo la parte voce dei nostri podcast ognuno casa propria”. –
Samanta possiede uno studio di registrazione “formato-home” ma super professionale, nella casa di Milano dove
svolge la sue molteplici attività di speaker, doppiatrice, blogger… e molto altro.
-“Il lavoro che abbiamo fatto per IL MUGNAIO (lo trovate anche su Spotify) è una piccola “audio-rivista” che tratta il tema dell’ARTE BIANCA da diversi aspetti ed arricchita da memorie, ricette, materie prime e prodotti tra i più simbolici e rappresentativi: farina, panettone, pizza, pasta fresca, crostate, ecc. In buona sostanza è come avere un’enciclopedia monografica virtuale e non cartacea, sempre disponibile. Nell’ultimo periodo molte aziende, nel pacchetto di comunicazione di un brand (di qualunque tipologia sia), scelgono o ricevono dalle agenzie proposte in merito alla produzione di podcast informativi e formativi, come media aggiuntivo di promozione.
Per esempio: abbiamo prodotto delle “pillole” di circa 20’ per la scuola di cucina e pasticceria CONGUSTO, che avevano lo scopo (durante il lock-down soprattutto) di formare i giovani chef “a distanza” con un audio-dispensa ricca di approfondimenti, contenuti da chef illustri, tecniche, ecc., ma anche di fare promozione all’Accademia stessa”. – Ecco il link tutto per voi oppure lo trovate anche su Spotify.
Ma… la durata ottimale?
“In verità è libera… può variare tra i 10’ (un po’ scarsino per la verità) ai 60’ (e qui bisogna essere in grado di coinvolgere l’ascoltatore con grande abilità e ritmo narrativo). Una misura accettabile sarebbe tra i 25 e i 40 minuti”.
Chiedo a Samanta se, per chi volesse iniziare un’attività di questo tipo, l’investimento “tecnologico” sia proibitivo.
-“In verità non così esagerato: serve un buon microfono (p.e. RODE) dotato di collegamento USB 8li trovate tranquillamente su Amazon), un computer (ca va sans dire…), un programmino di registrazione/editing (gratuito per iniziare), un archivio online di musica (AUDIOJUNGLE) per poter scaricare, pagando (dalle 30 alle 50€ per la SIAE), musica per fare sigle, intro o da tenere di sottofondo al parlato. Individuare la nicchia alla quale rivolgersi, avere qualcosa da raccontare è fondamentare. La dizione perfetta non è poi così decisiva”.-
Per chi invece volesse fare un’esperienza “one-shot”, Samanta mi suggerisce di sbirciare su AirB&B dove si possono trovare esperienze curiose tipo “diventa protagonista/speaker per un podcast”.
Una domanda spinosa… – È un lavoro remunerato bene?
-“Purtroppo no” – risponde secca Samanta – “per quanto impegno profuso tra ricerca, scaletta degli argomenti da trattare, registrazione, ripulitura della traccia, montaggio, scelta delle musiche e degli effetti… decisamente non lo è”. Diversamente dai social, il feedback sull’ascolto di un podcast, non è facilmente tracciabile: piattaforme come SPREAKER rilevano dati solo nel momento in cui il podcast viene ascoltato per intero e pagato di conseguenza.
Progetti futuri?
“Senza poter fare troppe rivelazioni, una serie di podcast per un grosso brand… un consorzio – e doppiaggi per Netflix”.
Concludo con una piccola lista di podcast a tema food che vi consiglio: Lingua, La Fumelli in Agrodolce, Mangia come parli, Decanter, e se avete dimestichezza con l’inglese ci sono podcast famosissimi di Jay Reiner, Out to lunch.
Spero davvero di avervi appassionato, incuriosito e con l’occasione vi do appuntamento al prossimo articolo ma rimanete ben saldi al nostro blog!
Un abbraccio, Mariangela
@pexell – @samanta cornaviera – @amazon