Verd’in pietra: piante scolpite sulle case di Milano

Quando si parla di scultura si pensa all’espressione artistica. Quando si parla di motivi vegetali scolpiti a decorazione di palazzi e architetture si pensa al Liberty, allo stile floreale che, anche a Milano, ha pregevoli testimonianze. Quindi nomi di artisti, datazioni, periodi storici da inquadrare, stili, correnti e così via. Tutto molto molto interessante. Per questa volta, però, vorrei proporvi di accostarvi alla vegetazione immortalata nella pietra con il piacere per il particolare e la voglia di riconoscere foglie, fiori e frutti proprio come se li dovessimo cogliere.

Ninfee, particolare del rivestimento murale dell’Acquario civico.

Il dettaglio fondamentale

Chi entra nella Casa di Riposo Giuseppe Verdi di piazza Buonarroti si gode la vista di un armonico complesso. Che bella parola “complesso”. Un insieme di elementi e anche qualcosa di elaborato, che deriva dall’unione di più parti. Così è un’architettura: un progetto “complessivo” declinato con “complessità” fin nel minimo dettaglio. Ed ecco l’armonia del grande che sta nel piccolo. Così, durante una visita, non mi sono sfuggiti dettagli come quello della foto in copertina, non ultimo perché sono rappresentati dei fiori. Una decorazione semplicissima, altra parola che mi stuzzica per il significato di “immediatamente fruibile”, ma non per questo facile. La mia mente ha spaziato subito alla ricerca di immagini di fiori a quattro petali (o anche cinque, dando per scontata un po’ di stilizzazione), passando da ellebori ad anemoni, biancospini e cagli e così via. Fino ad approdare in un pacato giardino dei… semplici, le erbe officinali che hanno nell’essenzialità del principio attivo la loro forza. Se fossi un monaco 2.0 e avessi un’attività di questo tipo, utilizzerei la decorazione di Casa Verdi come logo. Di dettagli si parla da qui in avanti.

Un balcone “fiorito” di Casa Galimberti.

Girasoli e melograni, la luce e l’abbondanza

Casa Galimberti è una delle famose abitazioni Liberty di via Malpighi e dintorni, forse la più ricca espressione del Liberty milanese. Come annunciato, non voglio soffermarmi sulla storia artistica, ma sulla bellezza di questa pietra che, da blocco unico e compatto, si è svuotata fino a fare apparire un’anima di leggiadri rami, carichi di quelli che interpreto come girasoli e melograni. La scelta delle specie botaniche da decorazione non è mai stata casuale. Si sa che esiste una vasta simbologia legata ai fiori e alle piante e a questo filone si sono ispirati gli artisti. I balconi di Casa Galimberti (alcuni in pietra, alcuni con incredibili racemi e fogliami in ferro battuto) non fanno eccezione e sono funzionali a introdurre due specie molto presenti nella città in pietra, e non solo.

Via Monte Rosa 14

Il fiore che segue il sole

Devozione, lealtà, amore profondo, quello della ninfa Clizia che si trasforma in fiore proprio per non perdere mai di vista il suo sole Apollo. Un bel racconto, che certo ha ispirato gli artisti e i committenti nelle scelte del decoro delle case. In via Monte Rosa c’è un palazzo che chiamo la “casa dei girasoli”. Le due foto che ho scelto, mi sembra bene illustrino questa libertà che mi sono presa.

Il fiore reclinato sembra proprio un girasole.

A me il girasole piace per un altro motivo. Vi siete mai chiesti perché produca così tanti semi in quello che sembra essere il centro della corolla? In realtà si tratta di un’infiorescenza, vale a dire un insieme mutualistico di tantissimi fiorellini tubulari. Vivono assiepati in questa corte pronta ad accogliere gli insetti e si avvalgono della generosità di quelli che stanno sul cerchio esterno, gli unici dotati di un vessillo dorato (quelli che a noi sembrano i petali) che attira gli impollinatori.

Girasoli in un’aiuola di Settimo Milanese nel 2019.

La cancellata sul retro di Palazzo Castiglioni, in via Marina. I fiori in ferro battuto sembrano altrettanti girasoli.

Il pomo che si sgrana

La melagrana è un frutto autunnale, e questo me la rende amica, vista la mia simpatia per la stagione, come ho più volte ribadito. Simbolo di forza vitale, ha un colore rosso rubino intenso, una scorza robusta e una solidità che infonde fiducia. Durante le feste natalizie, sedersi intorno a un tavolo a sgranare uno a uno i suoi semi si trasforma in una giaculatoria di gesti che richiamano il rito.

Ghirlanda di pomi e melograni sopra un portone in piazza Conciliazione.

Nella pietra delle facciate è presente in abbondanza (come potrebbe essere altrimenti) in ghirlande, cornucopie e intrecci che stimolano l’acquolina e inducono pensieri positivi. Ma se pensate che sia solo la pietra a rappresentarlo a Milano, vi sbagliate. È senza dubbio un albero ornamentale, per i ridenti fiori rosso scarlatto e i grandi frutti che starebbero bene anche su un albero di Natale.

Un albero di melograno carico di frutti a City Life, autunno 2019.

La buona frutta

In queste espressioni dell’abbondanza sembra che i pomi in genere la facciano da padrone, forse perché la forma rotonda richiama positività, pensieri sereni e sonni tranquilli, o forse perché si tratta dei falsi frutti di alcune Rosaceae utili sul piano alimentare, tra cui meli, peri, cotogni e nespoli. Forse non tutti sanno che sono alberi molto presenti in città, di cui avremo modo di parlarne su queste pagine.

Una ghirlanda di pomi in viale Abruzzi.

Una ghirlanda di pomi su un ramo di un melo a City Life.

Poteva mancare la vite? Una pianta rampicante che sembra perfetta per avvilupparsi alle pareti degli edifici, simbolo di vita e rinascita, generosa come poche nella sua sapiente trasformazione in nettare degli dei, il vino? Certo che no. Ho scelto di rappresentarla con una casa in via Senato, in cui i tralci si fondono alle mensole e trasformano l’edificio in un prezioso campo di raccolta.

Preziosa decorazione a vite in via Senato.

Trait d’union

Come avrete intuito, questo itinerario si dipana sui dettagli e si declina sulle specie vegetali. Tra quelle già descritte e le successive, vi propongo due immagini in cui, in un intermezzo tra due livelli, si inserisce un profumato pot pourri di immaginario botanico. Ho scattato così tante foto che non ricordo dove sia questo edificio, ma è talmente ricco di spunti da non poterlo trascurare. Troviamo uva, pomi, melograni e girasoli, già descritti, e proseguiamo con rose e fiori vari che scopriremo a breve.

La regina dei fiori e i suoi comprimari

Nonostante la rosa sia considerata una rappresentante della nobiltà botanica, non è molto presente nel repertorio in pietra, forse perché ha molteplici significati ed è difficile da accostare. Non vi sarà sfuggito, invece, che le aiuole della città sono letteralmente sommerse di rose di ogni forma e colore. Generose e abbondanti come non mai, ci accompagnano fino all’autunno e a volte anche in inverno (mi è capitato di fotografare rose fiorite a gennaio).

Rose in facciata in piazza Conciliazione.

Una bella casa in piazza Conciliazione propone una decorazione con grandi rose dalle linee morbide e i petali setosi, quasi non fossero in pietra. Si affacciano regali e perfette, come sempre, sull’aiuola centrale della piazza, dove grandi arbusti di vere rose osservano pacati le loro quinte statiche.

Rose in aiuola in piazza Conciliazione.

Ma la facciata riserva altre sorprese. Sembra infatti che la scena sia dominata da mazzi di fiorellini che, visti così, sembrano ben più umili delle regali sorelle. Chissà perché, mi ricordano i minuscoli myosotis, la sobrietà contrapposta allo sfarzo, i fiori dei silenziosi pascoli alpini uniti alle sovrane dei più lussuosi giardini. Di fiori di vari tipi scolpiti è piena la città. Ho scelto questi proprio per il curioso accostamento con le rose.

La facciata di piazza Conciliazione con i fiorellini simili a myosotis; ai due lati in alto, le rose.

In ogni caso, a volte anche nei prati si scoprono cose che non si sospetta possano esserci a Milano. Ecco che cosa spunta da sotto fitti arbusti in questa aiuola in zona fiera. Questi myosotis così ben nascosti sembrano dire proprio “non ti scordar di me”.

Nontiscordardimè.

Omaggio all’ippocastano

È il grande albero delle castagne matte, come vengono chiamati questi frutti racchiusi in un mallo tenero, con finte spine che nulla hanno a che fare con i “ricci” appuntiti dei cugini. Proprio in queste settimane sfoggia i suoi grandi fiori a candelabro, che visti da vicino assomigliano a un cono composto di tante palle di neve, salvo quando si trasformano in sfere di fuoco per le varietà rosate.

Un ippocastano in fiore.

Non è insolito trovarlo rappresentato in pietra, salvo che all’artista sembrano interessare principalmente le grandi foglie composite a cinque lobi e proprio i suoi simpatici frutti. Eccolo su tre edifici in zone varie di Milano. Mi piace pensare all’edificio in via Guido d’Arezzo come alla casa degli ippocastani, al pari di quella dei girasoli sopra citata. Sono attribuzioni del tutto personali, ma che mi guidano nella città, così come lo fanno gli alberi. A proposito, non mancate gli ippocastani dei giardini pubblici. Seguendo le loro fronde arriverete ai magnifici cipressi calvi.

Un balcone in via Gustavo Modena; la mensola preziosa della casa di via Guido d’Arezzo; una versione stilizzata di ippocastano.

Lumache, aragoste e foglie di acanto

Chissà che cosa passava per la testa dell’architetto Edmondo Cattò quando ha progettato questo singolare edificio, peraltro bellissimo. Certo è che non resta inosservato, con la sua schiera di lumaconi che protendono il capo verso il basso spuntando dai loro grandi gusci, intervallati da riquadri che ospitano pacifiche aragoste.

Le cosiddette lumache e le aragoste di Casa Frisia in via Guido d’Arezzo.

Non manca la decorazione floreale, che ha due particolarità. Innanzitutto i fiori. Sembrano nuovamente girasoli, ma ricordano anche le gerbere o un’infinità di altre specie dalla linea regolare.

La decorazione floreale di Casa Frisia.

Non trovo però corrispondenza con le foglie, che molto ricordano quelle di acanto prestate al decoro dei capitelli corinzi. Una scelta artistica? Può essere, anche se la tipologia del fiore ricorre in altre facciate e fregi e sembra quindi configurarsi come un modello ricorrente nelle botteghe dei mastri scalpellini. Guardate dove rispuntano entrambi, praticamente identici.

La decorazione della palazzina Liberty ex cinema Dumont, oggi biblioteca, all’angolo tra via Melzo e via Frisi. Spiccano fiori molto simili a quelli di Casa Frisia, in via D’Arezzo.

Un arbusto di acanto fiorito nei giardini di City Life. Notate la somiglianza delle foglie con quelle di Casa Frisia, nonché con i capitelli corinzi che ci ricordano i nostri studi liceali.

Un tuffo al cuore

Ci sono fiori che mi stanno particolarmente a cuore per molti motivi, ma che non mi sarei aspettata di trovare in città. Eppure, mai dire mai.

Mi è già capitato di parlare qui di Cirsum, una pianta erbacea spinosa che spesso viene definita con il termine generico di cardo, in realtà non appropriato. Il Cirsum di cui parlo è il thirstle, l’emblema della Scozia, un fiore che richiama alla mia mente il vento del nord e le “terre alte” dei celti. Ebbene, l’anno scorso l’ho incontrato in alcune aiuole cittadine, probabilmente non voluto dai giardinieri, ma approdato chissà da quali lidi.

Cirsum in piazza Ohm.

Sono anche appassionata di fiori alpini in genere e ho avuto il piacere di vederne alcuni, nelle varietà da giardino, in alcune aiuole particolari (vedi il mysotis sopra). Ma non posso certo sperare di trovare le stelle alpine quaggiù in pianura.

Sul sentiero per il lago Tormotta, Piccolo San Bernardo.

Una casa di stelle e spine

Ebbene, un edificio simbolo del migliore Liberty, Casa Campanini in via Bellini, sembra avere soddisfatto ogni mio desiderio. Il palazzo è un incredibile esempio del più intenso stile floreale, scolpito nel ferro battuto e in una pietra che sembra duttile e malleabile. Proprio su queste pareti chiare ho scorto qualcosa che davvero non mi aspettavo. Sugli angoli della casa e negli intervalli tra i balconi, abbracciati a semi pilastrini in aggetto, ecco due tralci inconfondibili: a destra un panciuto Cirsum dalla tipiche foglie spinose e il ciuffo di sottili petali; a sinistra, non ho dubbi, una splendida stella alpina.

Casa Campanini in via Bellini, con i CIrsum e le stelle alpine.

Quando l’antico incontra il nuovo

A volte Milano sorprende perché il bello si nasconde in punti poco tracciati e resta in disparte senza farsi notare. Torno al punto di partenza e, poco distante da Casa Verdi, all’angolo tra via San Siro e via Alberto Mario, si trova un edificio che annovero tra i più preziosi per la città. Linee pulite, grandi finestre e, soprattutto, un lungo fregio fiorito che corre lungo tutto il perimetro all’altezza della soletta tra piano terra e primo piano.

Particolare della fascia scolpita a Cirsum.

Li vedete anche voi: scolpiti in questa fascia di pietra vi sono centinaia di Cirsum. Un’unica specie per un’unica decorazione: semplice (ritorna l’aggettivo) e lineare, declinata in modo da unire idealmente il passato e il futuro. La fascia infatti prosegue su via Alberto Mario e decora anche l’edificio moderno, in una sorta di continuità di intenti.

Il muro che divide l’edificio antico da quello nuovo. La fascia decorativa non si interrompe.

L’interpretazione sull’edificio moderno.

Non solo Liberty

Termino questo lungo percorso sul verd’in pietra, con tre esempi di interpretazioni più recenti della sfera botanica sui muri degli edifici cittadini. Si tratta di tre tecniche e materiali diversi, ma un unico tema: rami che si intrecciano e si allungano a decorare quelle che sarebbero, altrimenti, spoglie pareti.

La casa all’angolo tra via Cappuccini e via Serbelloni. Un ricamo in pietra formato da intrecci vegetali.

Pittura murale in via Madre Cabrini; il motivo idealmente riprende il reticolo formato dall’edera.

Alberi in sottile foglia di metallo sulla spalla di una casa in via Raffaello Sanzio.

Testo e immagini di Marina Beretta

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