L’istruzione popolare per i bimbi poveri nella città di Milano tra il Medioevo e la Controriforma
Le prime scuole, dove si dispensavano i primi rudimenti di lettura e scrittura, al di là di alcune sparute strutture per l’accoglienza degli orfani, a Milano, erano il frutto dell’iniziativa privata.
E’ ancora più meritevole se l’iniziativa viene collocata in un periodo in cui nessuno scommette sull’infanzia e sull’adolescenza disgraziata, cioè su un individuo fragile, debole e in balia dei tanti mali della società del tardo medioevo: povertà, abbandono, scarsa consapevolezza, impossibilità di riscatto sociale, sfruttamento della manodopera minorile, solo per citare qualcuna di queste piaghe.
Vediamo allora come, dove e perché nascevano queste iniziative di privati cittadini, spesso facoltosi e con qualcosa da farsi perdonare, sia dalla coscienza sociale sia per senso di rimorso cristiano.
Un esempio è dato nel 1473 dal testamento dell’usuraio e banchiere Tommaso Grassi a favore del Luogo Pio Quattro Marie, attraverso il quale furono fondate le Scuole Grassi. E’ il primo esperimento a Milano di scuola popolare gratuita. Le Scuole Grassi si trovavano in Via Cantù, subito sulla destra entrando da via Orefici, nei locali già usati dalla Taverna della Cicogna. Abbiamo già visto come il retro di questi esercizi si prestassero, per pochi denari e con la complicità dell’oste, per tutta una serie di attività e assembramenti leciti, ma più frequentemente illegali. Nell’atto, rogato da Antonio Zunico notaio delle Quattro Marie, l’uomo di affari specificava che sarebbe spettato ai deputati della confraternita gestire la scuola, retribuendo i docenti (cinque magistri a gramaticha), selezionando gli scolari (con un occhio particolare per i discendenti di casa Grassi), e provvedendo alla manutenzione dell’edificio scolastico. L’istituto prese avvio nel 1482, anno della morte del Grassi: da quel momento i libri contabili del consorzio elemosiniero cominciano a registrare l’ingaggio e il regolare pagamento dei maestri. Vennero soppresse dopo ben tre secoli, nel 1787, per decreto governativo: il loro patrimonio venne incorporato nei fondi da destinare alle scuole elementari statali e la sede della scuola fu venduta all’asta. Dopo la soppressione l’edificio viene venduto e demolito alla fine dell’Ottocento.
Altro caso famoso è quello delle Scuole Taverna (o della Fedeltà): avevano sede nello stesso quartiere di quelle precedenti, accanto alla chiesa di Santa Maria della Rosa, un edificio sacro scomparso per far spazio all’attuale piazza Pio XI e all’ingresso dell’Ambrosiana. Furono fondate per volontà del banchiere Stefano Taverna, anche queste grazie ad un lascito presente nel suo testamento del 1468 e confermato da quello della vedova del 1478. Rimasero in questo luogo fino al 1615, quando l’edificio è appunto inglobato nell’Ambrosiana. Infatti, tra il 1611 e il 1620, su progetto del Mangone, la biblioteca si allarga incorporando le scuole, che però non chiudono. Si spostano in via Santa Maria Fulcorina, in alcuni locali legati ai Borromeo, fino alla loro soppressione nel 1797, poiché verranno create le prime scuole elementari statali secondo i principi ispiratori della rivoluzione francese portati dalle truppe napoleoniche.
Un’altra bella realtà con scopi educativi è rappresentata dalle Scuole Piatti, così conosciute poiché fondate per volere testamentario di Tommaso Piatti, che però affida la gestione all’Ospedale Maggiore, beneficiario dei beni e della sede, sita in Contrada Sozza innamorata. Si trattava di un vicolo, ribattezzato e più conosciuto, per le sue numerose case d’appuntamento e prima della sua definitiva scomparsa, come Via Soncino Merati. Collegava l’attuale Via S. Paolo con Via S. Pietro all’Orto. Si avviano sin dall’anno 1500, sul modello delle scuole Grassi, di poco anteriori. Vi sono cattedre pubbliche di greco, dialettica, aritmetica, geometria e astronomia, destinati a giovani volenterosi con pochi mezzi. I libri per lo studio di tali discipline erano quelli della biblioteca di Tommaso Piatti lasciati nella stessa sede dove si impartivano le lezioni. Qui grazie ai favori di Filippo Archinto, poi arcivescovo di Milano, nel 1534 inizia ad insegnare geometria, aritmetica e astronomia Girolamo Cardano per 50 scudi l’anno. Le scuole funzioneranno fino al XVII sec.
Mi preme ancora ricordare le più famose Scuole della Cannobiana (anch’esse scomparse, poiché site sull’isolato limitrofo a quello su cui venne poi costruito il Teatro Lirico, già della Cannobiana appunto). Prendevano il nome dal fondatore, Paolo da Cannobio, che attraverso un lascito le aveva istituite con sede sull’attuale via omonima nel 1554. Vi si davano due letture quotidiane, una di morale, l’altra di dialettica. Nel 1563, Alessi ne progetta un ampliamento con l’oratorio annesso. Nel 1579, l’amministrazione dell’Ospedale Maggiore vi unisce in questo luogo anche le scuole Piatti di cui abbiamo parlato più sopra, in un’ottica di razionalizzazione delle risorse. Per motivi affini circa un secolo dopo, nel 1671 lo stesso Ospedale Maggiore ne decreta la chiusura, perché i costi superano le entrate. Nel 1770, in piena era asburgica, viene emanato il Dispaccio Regio che incamera i proventi dell’eredità Cannobio, sopprimendo le Scuole Cannobiane a favore delle Scuole Palatine (posizionata però a rango di Università) saldamente radicate sulla Piazza Mercanti. Saranno così poi assorbite nel 1778 dalle Scuole Arcimbolde (il Collegio dei Barnabiti presso Piazza Sant’Alessandro).

Un chierico con i suoi allievi
La prima scuola religiosa
La Chiesa non assisteva mai incurante a questi fenomeni, anzi dove poteva si muoveva con spirito emulativo e sempre con un occhio vigile sui cambiamenti sociali che potevano sottrarre controllo ed egemonia sulle povere anime facilmente plasmabili. E’ così che presso lo scomparso Oratorio trecentesco di S. Giacomo dei Disciplini (all’altezza di Via Manzoni 40/42, dove c’è oggi la galleria e il Teatro Manzoni), certo Castellino da Castello, nei primi decenni del XVI sec., fonda scuole per l’infanzia disagiata. Si tratta di un progetto che pur avendo una precisa connotazione religiosa, giunge in ritardo di circa 150 anni rispetto alle prime iniziative private: sorgono anche queste con fini filantropici e per volontà testamentaria di un benefattore. Si cominciò ad insegnare il catechismo ai fanciulli, dando così origine a quelle che nel 1536 sarebbero diventate le Scuole della Dottrina Cristiana, riconosciute e incoraggiate da Carlo Borromeo. Si trattava di una scuola festiva per bambini poveri, che oggi potremmo associare all’idea dei primi oratori modernamente concepiti.
Come tutte le realtà finora viste, all’inizio, l’iniziativa nasce come frutto di volontà laicale: un cardatore di lana, Francesco Villanova, detto il Pescione, è colui che per primo raccoglie l’anelito di Castellino. E laici saranno anche i primi collaboratori: Rinaldo Lanzi, fabbricatore di speroni; Gianangelo Nava, forgiatore di spade; Giuseppe Manzoni, fabbricante di tovaglie, Giulio Basanello, maestro di scuola. Tutti avevano uno scopo: andare in primo luogo a cercare i ragazzi di strada, raccoglierli e invitarli a un’esperienza di divertimento, di festa, di gioco e insieme di formazione, per istruirli nel catechismo. Va anche sottolineato che non c’era all’inizio un vero e proprio progetto. Solo dopo tre anni di attività, nel 1536, ci si decise a fondare una Compagnia, al modo delle Confraternite. L’opera all’inizio fu accolta con diffidenza, tanto che troviamo tra i contestatori anche dei parroci. Ma accanto alle difficoltà, però, andava crescendo anche l’apprezzamento. La diffusione tra la povera gente ne comprovava la potenza del messaggio: nel giro di trent’anni nella sola Milano si contano ventotto scuole, con duecento operai a servizio, per un totale di duemila ragazzi.
Nel 1548 Castellino da Castello stabilì le “Regole” per l’organizzazione della confraternita. Da Milano le “Compagnie della Dottrina Cristiana”, si diffusero in tutta Italia, sempre grazie all’infaticabile opera del fondatore. La Scuola si amministrò con le rendite derivanti da un beneficio chiericale sino al 1574, quando l’arcivescovo Carlo Borromeo ne affidò l’organizzazione e il coordinamento agli Oblati dei santi Ambrogio e Carlo. Nel 1577 l’arcivescovo, intuendone le potenzialità contro il dilagare delle idee protestanti, lo eresse addirittura come “Ente” con propria personalità giuridica, come la “Compagnia” . Dopo aver fatto ristampare l’Interrogatorio di Castellino predispose le Constituzioni et Regole della Compagnia et scuola della Dottrina Cristiana, dove era precetto insegnare ai fanciulli provenienti dalle classi meno abbienti, oltre che il catechismo (non a caso ancora oggi detto Dottrina) anche a leggere e a scrivere. Una delle prime edizioni del catechismo in lingua italiana, con annesse lodi in musica, venne pubblicato a cura di S. Carlo a Milano nel 1576. Seguirono una serie di edizioni stampate a Torino (1579-80-83-84) a Genova (1590) a Como (1596-1599-1605 e seguenti) ecc.
In seguito, governando la diocesi l’arcivescovo Federico Borromeo (1595-1631), confinò in qualche modo gli scolari di S. Giacomo all’interno delle vetuste mura di Via Manzoni, ove il rettore del Seminario avrebbe anche celebrato messa. Per volontà testamentaria di un benefattore, all’epoca in cui scriveva il Latuada (1737) la Scuola offriva anche la dote nuziale a tre ragazze povere e due volte l’anno distribuiva ai poveri pane e vino. Nel 1778 la Confraternita della Carità del Prossimo assorbe i compiti della Dottrina Cristiana, e nel 1786, nonostante le massicce soppressioni degli enti religiosi da parte degli Asburgo, ne viene sancita la sopravvivenza (una delle poche). Ma nello stesso anno la chiesa di S. Giacomo viene distrutta.

La targa scomparsa, all’altezza del civico 40/42 di Via Manzoni, non più ricollocata.
Vi era però una targa che qui ne riconosceva i meriti e i luoghi, rimossa dopo la fine della II Guerra Mondiale e non più ricollocata. Oggi la targa che ricorda Castellino da Castello come “difensor d’Italia delle eresie d’oltralpe” si trova in Via S. Tomaso 2 dietro l’abside della chiesa omonima.

La targa affissa dietro l’abside della chiesa di S. Tomaso, nella via omonima
Anche nel Duomo di Milano c’è una lapide che gli riconosce il merito nell’educazione pubblica cittadina.