Come si è sviluppata la Milano medioevale: la (s)fortuna della famiglia da Rho

All’alba dell’anno Mille, Milano era un piccolo comune, potente, prosperoso ma anche tanto litigioso sia con le città vicine (in primis, Como), che al suo interno, dove si contavano 43 famiglie capitanee.

A turno si contendevano il potere, all’interno del Consiglio cittadino o meglio sarebbe dire intorno all’elezione dell’arcivescovo. Quando ancora i Visconti erano lontani dal controllo e dalla supremazia sul libero Comune, tra questa famiglie spiccava il nome della nobile casata dei de Rode o de Raude, (poi più conosciute come da Rho, o Rò).

I de Raude furono una delle famiglie più attive nel panorama politico cittadino tra XI e XII secolo; in quei decenni, la loro autorità. fu paragonabile a quella di altre importanti stirpi aristocratiche come i da Landriano, i da Soresina, i de Busti, i da Pusterla, per non dire dei Visconti o dei della Torre. Nel 1075 Arnaldo I da Rho fu uno dei protagonisti negli scontri che portarono alla sconfitta dei Patari;

I loro feudi si estendevano sulle campagne a nord ovest di Milano, su quelle terre che, prendendo il loro stemma e il loro nome, oggi conosciamo come Rho.

Lo stemma dei da Rho, con la ruota (Rode) che ha ancora oggi conservato il comune omonimo

Alla fine dell’ XI sec., Anselmo III da Rho diviene arcivescovo, portando Milano nella sfera di influenza del papato romano. Altri membri si trovano anche nelle cronache successive come seguaci dell’Arcivescovo di Milano Anselmo IV da Bovisio, che come tali lo seguirono in una delle prime crociate per liberare la terra santa nel 1096. Ed è proprio da questo periodo che in realtà il loro nome comincia a fare capolino nella storia dell’intera Europa. Oltre infatti ad avere incoronato come Re d’Italia il primo imperatore Germanico, pare che fossero imparentati, ancor prima, con i Duchi di Sassonia e di Baviera, della cui casata pare avessero ospitato Enrico II nel 1004. Tant’è che durante il suo soggiorno nel castrum rhodense l’imperatore concesse ai da Rho alcuni privilegi.

Crociati impegnati durante le prime crociate e l’assedio di Gerusalemme

Ma cosa più importante, alcuni loro membri si distinsero in quelle crociate di cui fu costellata la fine del secolo XI, fino alla presa della stessa Gerusalemme (1099): alla prima crociata risultano presenti, insieme ad altri milanesi, compresi gli stessi Visconti, alcuni membri della famiglia de Raude, come certo Giovanni, insieme a Guglielmo e Arderico; mentre di altri fratelli Arvino e Pagano da Rho parla Tommaso Grossi nel suo poema “I LOMBARDI ALLA PRIMA CROCIATA”(1826), ripreso nel 1843 da Giuseppe Verdi per la sua opera.

Ma chi è questo Giovanni da Raude, (o Johannes de Raude) o meglio che cosa rappresenta per la storia di Milano?

Della sua vita si sa talmente poco che lo si ritiene un personaggio leggendario: viene annoverato come vessillifero dei crociati, poiché fu un altro suo parente, il cardinale Pietro da Raude, ad annunciare nelle terre milanesi la Prima Crociata, voluta da Papa Urbano II per liberare Gerusalemme dagli islamici. Ecco anche il motivo per cui l’alto prelato reclutò quindi diversi giovani, spiantati cadetti tra le file dei da Rho.

E nella data fatidica del 15 luglio 1099, fu, secondo la leggenda, proprio Giovanni da Rho a salire sulle mura della Città Santa, strappare il vessillo con la mezzaluna araba e issarvi al suo posto la bandiera con croce rossa in campo bianco dell’esercito cristiano, che ispirerà poi lo stemma di Milano.

Il vessillo crociato, divenuto poi lo stemma di Milano

Secondo Bernardo Corio, storico del XVI secolo, fu proprio grazie a quel gesto che venne da lì in poi rinominato Giovanni della Croce, dando vita al nuovo ramo nobiliare milanese dei “Croce” o “della Croce”. Anche lo storico Paolo Morigia, nel XVII secolo afferma la ridenominazione dell'”eroe”, aggiungendovi che al suo ritorno fu ricoperto di fama e glorie, tanto che la famiglia da lui generata (appunto i “della Croce”), divenne una delle più importanti tra le casate nobili milanesi, ancora celebre ai tempi dello stesso Morigia.

Una formella bronzea di uno dei portoni del Duomo di Milano, eseguita dallo scultore Lombardi, con Giovanni de Raude a sinistra e Ottone Visconti a destra

Giovanni de Raude è persino rappresentato su di una formella bronzea del portale del Duomo di Milano, intento a combattere sulle mura di Gerusalemme con la bandiera crociata in mano. A lui viene dedicato ancora oggi il Palio di Rh0, che si svolge annualmente in ottobre. E nella stessa cittadina, l’eroe è raffigurato, sempre sventolante la bandiera crociata, nell’affresco del pronao della chiesa di San Vittore, eseguito nel 1959 da Giovanni Maria Stoppani.

Giovanni Maria Stoppani-Parte sinistra dell’affresco del pronao della Chiesa di S. Vittore Rho, con la raffigurazione di Giovanni de Raude che issa la bandiera crociata sulla Gerusalemme liberata (1959)

I de Raude successivamente furono protagonisti tanto nelle istituzioni civiche (con i consolati di Arnaldo II nel 1136 e nel 1140, di Ottone I nel 1145 e nel 1147, di Giovanni nel 1135 e nel 1150 e di Ottone II nel 1154), quanto di quelle ecclesiastiche, con tanto di diaconi del capitolo maggiore e badesse. Ciò nonostante, i rami della famiglia e i membri divengono così tanti e ricchi da entrare in lizza fra loro in vere e proprie lotte di potere, e tanto da arrecare cattiva sorte all’intero casato. In qualche modo, comunque, il casato rimane protagonista della politica cittadina, per tutto il periodo precedente al Barbarossa.

La battaglia di Legnano e la sconfitta di Federico Barbarossa, immortalata da Amos Cassoli

Dopo la distruzione di Milano da parte dell’imperatore e la conseguente ricostruzione, le famiglie nobiliari si ricompattano dietro due nuove fazioni, quelle dei Visconti e quelle dei della Torre in continua lotta per circa un secolo, fra la seconda metà del XII sec e la metà del XIII sec.

Nella lotta per il controllo di Milano, i da Rho si ritrovano alleati dei Torriani, con cui erano peraltro imparentati, subendone così lo stesso destino dopo la presa del potere da parte dei Visconti, ormai divenuti duchi di Milano.

E così che ai da Rho viene imposta la damnatio memoriae e la distruzione delle loro case, site molto probabilmente tra il Pasquirolo e l’attuale Piazza Fontana: resta in piedi il solo antico oratorio signorile di S. Giacomo a Rò o de Raude, in quanto luogo consacrato. Ed è infatti ancora attestata tra le cappelle di Porta Orientale della città di Milano alla fine del XIV secolo. Nel 1570 risulta ancora oratorio, di patronato Rho.

La pianta di Milano di Antonio Lefrery del 1573, mostra ancora la chiesa di S. Giacomo in Raude in piedi, proprio al centro della foto a sinistra dell’isolato “proibito”, cinto dal muro. L’arteria con il n. 12 e 13 è l’attuale Corso Vittorio Emanuele.

L’abbandono e l’inospitalità la fecero da padrone in un periodo almeno lungo un settantennio, in cui il lotto, confiscato e annesso ai beni demaniali, divenne zona inospitale e malfamata. Infatti, sui luoghi caratterizzati dalla distruzione, a partire probabilmente dalla metà del ‘300, nella contrada di S. Giacomo in Raude o Rodense, si erano concentrate numerose catapecchie e “case” di meretricio, che erano state circondate da una palizzata. Gian Galeazzo imporrà più tardi che il recinto venisse sostituito da un muro, con una sola entrata dalla parte dell’attuale via Beccaria,  chiusa durante la notte da un custode eletto e pagato dalle prostitute.

Ecco che sulle macerie delle case dei da Rho sorgerà il primo quartiere a luci rosse di Milano!

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