Virale sì, ma digitale!
Il “virale” si è scatenato: ma oggi, please, parliamo solo di un’epidemia di contenuti digitali e mediatici.
È sotto gli occhi e sugli schermi di tutti: l’argomento più globale del momento è stato oggetto di una formidabile esposizione mediatica e ha generato una quantità così massiva di contenuti sui social media quasi da non avere precedenti. Prometto di non parlare di QUEL virus, ma della viralizzazione di commenti, informazione/disinformazione e di contenuti satirici.
Innanzitutto si è rivelato quanto mai vero ciò che si studia e si analizza in tema di Teoria dei Mass Media: il cosiddetti legacy media, ovvero i mezzi di informazione più tradizionali, si confermano ancora una volta i capolista. Ovvero, l’autorevolezza dei principali TG, delle testate più blasonate, sia cartacee sia digitali – solo a titolo d’esempio -, sono ancora al centro dell’attenzione delle audience. Tuttavia, proprio in questo momento, si è assistito a un’autentica pandemia di produzione di contenuti da parte di chicchessia, e diciamolo pure, anche da parte di noi blogger. Ma non solo!
Prosumer ed espertoni
Ecco che mi viene nuovamente in aiuto la Teoria dei Mass Media, perfetta per ricordarci che oggi siamo tutti prosumer: termine che rappresenta una fusione tra il termine “producer” e “consumer”. E che mette in luce il fatto che oggigiorno il paradigma comunicativo si sia profondamente trasformato. Cioè, fino a ieri i “producer” d’informazione erano unicamente i professionisti (giornalisti, opinionisti…), mentre noi utenti eravamo dei passivi “consumer”, consumatori di news. Con l’imperare dell’universo digitale, siamo diventati tutti “prosumer”, cioè partecipiamo attivamente al processo produttivo delle notizie. E altro che attivamente! Eccoci all’improvviso tutti espertoni: perché non basta generare appunto notizie proprio sul virus più protagonista dell’attualità, ma tutti, e sottolineo tutti, oggi hanno la possibilità di dire la loro anche solo condividendo post sui propri social media, commentandoli, creando gruppi WhatsApp dove vengono viralizzate notizie più o meno vere, più o meno aggiornate. Risultato? Democratizzazione dell’informazione, con un tocco d’esagerazione.
Smart watching
A Milano, una gran parte dell’utenza che lavora (ma anche scuole attrezzate in tal senso), hanno potuto continuare la propria attività grazie allo smart working. Credo che chi ci legge sappia benone di cosa si tratti, ma giusto per dovere di cronaca, ricordo che è una modalità di lavoro nel segno della flessibilità e che, come definisce l’ordinamento italiano, rende “possibile l’utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa”.
In concreto, non si lavora nel proprio ufficio bensì altrove (a casa per la maggior parte dei casi) e in buona sostanza sempre davanti a uno schermo, sia quello del computer, di un tablet, di uno smartphone… E quale sarà mai la conseguenza? Direi che dallo smart working, si salta volentieri allo smart watching, passando ore e ore a guardare e seguire social media, blog e qualsiasi diavoleria digitale. Attivando l’esplosivo prosumer che c’è in noi!
Ma che fake?
Quando poi tutti questi famosi contenuti che si guardano, si commentano, si condividono diventano virali, bisognerebbe poter disporre di un colino a maglie strettissime per distillare le “meglio notizie”, facendo una bella distinzione tra notizie attendibili e fake news. Se già normalmente le persone che navigano nel mondo digitale si muovono un po’ in frettina, e non sempre eseguono un “fact checking”, ossia un controllo dell’autorevolezza delle fonti e della veridicità della notizia, figuriamoci in questo scenario contraddistinto dalla brama di sapere tutto, subito, di più, magari ancora di più, in tema di Coronavirus.

(immagine: Key4Biz World)
E poi scatta l’impellenza di contagiare con queste vere (?), false (?) notizie tutti i propri parenti e conoscenti. Oltre alle mani, forse, ci si dovrebbe lavare anche la coscienza. Ricordiamo un fatto davvero importante e rendiamolo virale sul serio, rammentandolo alla nostra cerchia di contatti social e di vita: oggi le fake news sono la più evoluta forma di guerra non convenzionale. Lo studioso Giuseppe Riva afferma infatti che la diffusione internazionale di notizie o informazioni inesatte o distorte ha lo scopo di influenzare le azioni e le scelte delle persone. Immaginate che autentica arma batteriologica possa rappresentare adesso, in questa lotta tra nazioni pronte ad accusarsi reciprocamente di essere il maggiore veicolo di contagio globale…

Due post di Feudalesimo e Libertà, sempre super umoristici!
Il potere terapeutico della satira
Una certezza su questa epidemia ora l’abbiamo: le svariate forme di isolamento hanno avuto l’effetto – e tanto, tantissimo tempo da dedicarvi! – di produrre una quantità oceanica di video satirici, meme, contenuti umoristici che si prendono gioco di questa situazione, smorzando un po’ il clima giustamente cupo di queste giornate.

L’ironia straordinaria di Mal Edizioni
Al centro dell’ironia dapprima il nome del morbo, poi decisamente i supermercati svuotati dai consumatori già certi dell’approssimarsi della fine del mondo, poi la scomparsa di Amuchina e mascherine dal mercato, con conseguente megarialzo dei prezzi. Per non parlare dei consiglioni su come lavarsi le mani. Non vi sembra un po’ di essere tornati bambini giocando a “ce l’hai”? Ve lo ricordate? Mi spiego: non si fa a tempo a ricevere su whatsapp un video divertente o a vedere un’immagine comica su un social, che subito scappa di condividerlo o inviarlo ai propri cari. E che delusione quando questi rispondono “sì vabbé l’ho già visto”! Anzi, la replica più furba è sparare una nuova cartuccia: viene spedito un nuovo video, nella speranza che l’amico/parente sia rimasto indietro di qualche filmato spiritoso. Se però questo fa star meglio, perché no… che trasmissione virale sia!!
Il copertina: in un murales a Milano, la rivisitazione dello street artist TvBoy del famoso dipinto di Hayez. I due innamorati sono ritratti con i dispositivi raccomandati per evitare il contagio da Coronavirus