Quando Milano è (rin)chiusa per CoronaVirus
Duomo sigillato, spettacoli al Teatro alla Scala sospesi (è l’ottava volta in 240 anni), Accademia di Brera non visitabile, così come il Castello Sforzesco e tutti i principali musei e le più importanti attrazioni della città. Corso Como, meta della night-life più selvaggia tra calciatori, influencer, webstar e starlette, si ripiega su se stessa, come un adolescente che improvvisamente, dalla trance del ritmo e della musica, passi a una fase di apatia e depressione.
Corso Garibaldi, dalla sua porta in fino a Largo la Foppa, si percepisce come una distesa vacua, desolante, tra una piazza Gaeaulenti completamente deserta, ammantata dalle luci di qualche ristorante frequentato da alcuni intrepidi avventori e una cascata di negozi, gelaterie, bar e supermercati serrati, chiusi, senza vita.
Addentrarsi per le vie di Brera, normalmente brulicanti di vita e riempite da assembramenti di persone più o meno giovani e più o meno rampanti, da hipster chichettosi, da happy hour modaioli, da banchi e banchetti di cartomanti, da negozi di antiquariato, da ritrattisti e pittori, da osterie e trattorie e trovare tutto vuoto, spento, chiuso, buio, è qualcosa di spettrale, di agghiacciante.
Imbattersi in una croce verde, un caduceo che segnala una farmacia sulle cui vetrine campeggia la scritta “Mascherine Esaurite, Amuchina esaurita”.
Prudenza o psicosi?
Un coprifuoco autoimposto, una sensazione di assedio, disagio e oppressione divampa, tra supermercati presi d’assalto nel timore di un periodo di quarantena, mentre tutto intorno incombono i focolai del CoronaVirus, sparsi tra Lodi, Codogno, Cremona, Seriate, Montagna in Valtellina, Padova.
Per chi cercasse un sollievo dello spirito, difficile trovare “preti per chiacchierar”, dato che le moltissime chiese sono aperte ma le funzioni religiose sono sospese, lasciando solo lo spazio alla preghiera personale dei milanesi d’origine, d’adozione e dei pochi turisti spaesati rimasti, sospesi tra il desiderio di fuggire e l’incubo di dover inesorabilmente essere messi in quarantena al rientro in patria.
Solidarietà Cinese
La comunità cinese, tra le più antiche e radicate nella metropoli meneghina, ha deciso di chiudere la quasi totalità dei suoi esercizi commerciali come forma di solidarietà e rispetto verso una città e una popolazione alla quale è intrinsecamente, intimamente e ontologicamente legata da storia, tradizioni, attitudini (chi possa essere il lavoratore più stacanovista tra un cinese e un milanese è una di quelle domande per le quali sarebbe meglio lasciare ai posteri l’ardua sentenza). Una Cina prima assalita, isolata e accusata di non aver contenuto l’epidemia, aggredita anche con alcuni gesti inqualificabili nei confronti dei suoi cittadini, ora compagna di sventura, prodiga di consigli su come affrontare una quarantena.
Lo schiaffo dell’Europa
Una solidarietà che sembra invece mancare da parte delle nazioni geograficamente a noi più vicine. Uno schiaffo a Milano, alla più europea e forse europeista delle città italiane, ridotta all’ombra di se stessa, ferita, colpita a quel “coeur in man” che l’ha da sempre contraddistinta e portata ad essere una metropoli internazionale, aperta al mondo, accogliente e solidale, votata all’integrazione, senza per questo perdere una sua identità, immagine, personalità e carisma ben definiti.
Ma l’Europa ora pare averle voltato la faccia, con un numero sempre crescente di Paesi pronti ad ostracizzarla, facendone collassare il turismo e additandone gli abitanti quali untori, con una calda raccomandazione a evitare viaggi da e per la città, come disposto dalla Bulgaria, nonostante le imponenti misure di sicurezza e gli sforzi intrapresi per il contenimento dell’epidemia.
#milanononsiferma
Eppure scaturisce forte nell’ intimo, nell’ anima e nello spirito di chi in questa città ci è nato, di chi l’ha vissuta, di chi l’ha scelta, adottata e amata la voglia di non arrendersi, di non farsi irretire dalla psicosi dilagante, di non rinunciare a vivere nella e anche per la città. Perché ‘Milan l’è semper un gran Milan’e, se è riuscita a sopravvivere alla peste nera raccontata dal Manzoni, non potrà essere certo un CoronaVirus qualsiasi a metterla in ginocchio e strapparle il cuore.
TORNA A SCRIVERE SU MILANO AL QUADRATO NICOLÒ CANZIANI E CI REGALA CON QUESTO ARTICOLO LE SUE RIFLESSIONI SULLA MILANO DI QUESTE ULTIME, INSOLITE GIORNATE. SIAMO LIETI CHE RIENTRI A FAR PARTE DELLA NOSTRA REDAZIONE E QUANTO PRIMA POTRETE LEGGERE I SUOI NUOVI POST!
Testo: Nicolò Canziani, Fotografie: Massimo Molteni, Cristiana Palmigiano, Robert Ribaudo