Il microcredito per i ceti umili della città e la nascita del credito al consumo: il Monte di Pietà di Milano
Seppur non rappresenti il primo esempio in Italia, il Monte di Pietà di Milano prende le mosse dall’istituzione voluta da Lodovico il Moro nel 1483, per dare risposta all’annosa questione del prestito per gli umili e dell’usura, fenomeno ormai dilagante, seppur sconfessato dalla chiesa del tempo.
Il Luogo Pio aveva la prima sede in S. Maria Segreta (un monastero scomparso presso il Cordusio di cui rimane solo il nome della via omonima).

Una fotografia degli inizi del ‘900, ci immortala il campanile della vecchia chiesa di S. Maria Segreta che si erge dal complesso delle Poste della via omonima
Ne fu attivo protagonista un francescano, il minore terziario Michele Carcano, che interviene anche per la realizzazione dell’Ospedale Maggiore. Questo aveva esportato a Milano la formula del Monte di Pietà da Perugia dove già nel 1462 viene fondato da alcuni francescani un luogo pio per il microcredito per la classi meno abbienti.
Seppur quindi il primato del Monte dei pegni non spetti a Milano, qui già alcuni parroci avevano assunto alcune iniziative personali di sostegno alla popolazione indigente. Fra tutti ricordiamo quel Domenico Ponzone che abbiamo incontrato nel nostro racconto su S. Simpliciano.
Comunque sia, essendo il problema molto sentito dai duchi di Milano, come causa di possibili rivolgimenti sociali non controllabili, nel 1496 viene dato uno statuto amministrativo al nuovo Monte di Pietà. Viene nominato, come segretario, Bartolomeo Calco, abile politico, diplomatico, ma anche colto umanista e letterato, che assecondò e guido il mecenatismo del duca. Il sistema creditizio era fondato sulla clausola che imponeva la consegna di un pegno, che veniva messo all’asta solo se entro un anno non veniva assolto il debito.

L’opera di Bernardino de Bustis, Defensorium Montis Pietatis
Nel 1497, nella temperie di accesso al credito per i meno abbienti, viene pubblicato a Milano il Defensorium Montis Pietatis del francescano Bernardino Busti, in difesa dei prestiti a basso interesse contro la condanna per usura chiesta da domenicani e agostiniani. Il tema era tutt’altro che facile dopo le invettive di Tommaso d’Aquino contro l’usura. Motivo per cui l’intera attività creditizia era appannaggio degli ebrei, che si erano stanziati, consci di questo vuoto istituzionale e anche in mancanza delle grandi banche familiari tipiche del Rinascimento, nelle grandi città. Per rispondere a queste istanze, i Francescani Osservanti, presero spunto dagli Ordini cavallereschi, in primis i Templari, che già operavano politiche di sostegno per i pellegrini, e dagli stessi banchi ebraici, con l’intento di soppiantarli, avviarono attività creditizie operanti con fini solidaristici.
Con la loro opera tutti questi Monti si proponevano di dare accesso al credito anche ai poveri con un tasso di interesse relativamente contenuto. Tutte queste iniziative, inoltre, elargendo i loro prestiti caso per caso in funzione delle effettive necessità (microcredito), possono essere visti come i primi finanziatori del credito al consumo o anche come delle banche dei poveri ante litteram.

Quentin Metsys, Les usuriers, 1520
La creazione dei Monti di Pietà era quindi preceduta da intense attività di predicazione al fine di raccogliere il consenso popolare sulla necessità di epurare la società italiana dall’usura. Un punto di forza di questa predicazione risiedeva nel fatto che i tassi di interesse richiesti dai Monti di Pietà erano più bassi (limitati di solito al 5-10%) di quelli richiesti dai banchi ebraici, essendo considerati come una mera copertura delle spese di gestione. I tassi di interesse praticati dai banchi ebraici erano in effetti assai alti (a Bologna gli statuti comunali ammettevano interessi fino anche al 20%, limite fissato dalla Chiesa a distinguere l’interesse moderato dall’usura).
L’opera del Monte di Pietà continuò a Milano, per secoli, anche durante la lunga e rapace dominazione spagnola.
Il nuovo Monte di Pietà
Nel corso degli anni Sessanta del XVIII sec., in piena epoca austriaca, vennero infine assorbiti dal Monte di santa Teresa tutte le classi dei creditori della città: i montisti di San Carlo nel 1763, quelli del monte Civico nel 1769, i montisti di San Francesco nel 1772, e infine nel 1786 vennero inglobati anche i sovventori del Banco di sant’Ambrogio.
Il Monte di santa Teresa divenuto così l’unico istituto per il credito pubblico dello stato, sopravvisse sino all’arrivo degli eserciti francesi in Lombardia.

Il palazzo del Monte di Pietà, sulla via omonima, del Piermarini (foto Robert Ribaudo per LombardiaBeniCulturali)
Il palazzo dove poi avrà una più prestigiosa sede fu costruito dal Piermarini nel 1783, proprio durante la dominazione austriaca a Milano. Per ospitare la Banca omonima, fu avviata la soppressione del Monastero di Santa Chiara, in Brera (sull’attuale Via Monte di Pietà).
L’architetto in parte recupera le antiche strutture ecclesiastiche e in parte inventa dei nuovi spazi per l’attività di credito. La sede sarà pronta nel 1786, ma il prezzo delle perdite delle antiche strutture monastiche che si estendono anche al più vicino convento di S. Caterina è altissimo.
L’enorme complesso rinascimentale delle monache clarisse che si estendeva a metà della via, prima dell’ansa, viene abbattutto in tutte le sue parti più consistenti (rimane l’impianto della chiesa delle monache e i lacerti degli affreschi del XV, staccati però dalle sedi originarie).
La datazione dell’antica struttura conventuale pare sia da far partire dal periodo dei primi decenni del XV sec., quando, a causa di una scissione nelle agostiniane, alcune suore andarono ad abbracciare lo sparuto gruppo delle monache della nuova regola di S. Chiara che qui avevano costruito grazie all’aiuto di Antonia Visconti (moglie del Carmagnola) un Oratorio dedicato alla santa di Assisi.

Benouville F.L.- meditazione di S. Chiara, metà del XIX sec.
Ben presto però il nuovo insediamento attrasse l’attenzione di Bianca Maria Visconti prima e del figlio Lodovico il Moro poi, che ne fecero confluire ingenti donazioni, favorendo la costruzione della chiesa doppia (l’interiore per le monache e l’esteriore per il Secolo, consacrate nel 1471), il Vestibolo, il chiostro grande di quasi 40 m di lato, altri 2 chiostri più piccoli, un refettorio di 35×8 m. (come in S.M. delle Grazie), 92 celle, una infermeria. Si trattava quindi di un articolato complesso femminile, che divenne ben presto molto potente.
Nel 1589, la chiesa esterna viene completamente ristrutturata, ma la chiesa delle monache riesce a conservare il vecchio impianto ad una nave sola e il suo interessante corredo pittorico di maestri lombardi del XV sec. Questi 13 affreschi con scene della vita di Gesù furono staccati prima della demolizione delle strutture, successivamente alla soppressione del 1783, e sono visibili oggi presso il piermariniano Monte di Pietà.

Il complesso del convento di S. Chiara (indicato col n. 160) a metà dell’attuale via Monte di Pietà, e accanto a quello di S. Caterina all’angolo con Brera (162), dalla carta del Barateri del 1629
Nel 1796, all’arrivo dei francesi, l’Agenzia Militare spoglia il Monte di Pietà di tutti i pegni preziosi. Quest’atto, assieme alle pesanti tasse e alle requisizioni, suscita molto malcontento in città. Durante il periodo napoleonico viene ospitato il Ministero per i culti e la Regia Commissione legale e la prima sede, dal 1808 della Borsa di Commercio, primo nucleo di quella che sarà poi la Borsa.
Nel 1871 Felice Calvi pubblica le Vicende del Monte di Pietà in Milano presso il tipografo Pietro Agnelli. Alla fine del 1869 era stato nominato Presidente del Consiglio d’Amministrazione dell’ente.
Con la nascita degli istituti bancari moderni e soprattutto delle Banche Popolari i profitti della finanza furono ridistribuiti a pioggia sui territori anche attraverso il finanziamento di nuove attività che rinvigorirono il tessuto delle imprese del secondo dopoguerra. Il Monte di Pietà rimase appannaggio ancora una volte dei più indigenti, che portavano i loro pochi beni per accedere ad un microcredito che anche le banche negavano.

Foto del Monte di Pietà oggi (foto di Giovanni Dall’Orto)
L’istituto del credito al consumo soppiantò del tutto la ragione dell’esistenza dell’antichissima istituzione, che venne ben presto assorbita da altri istituti bancari.
Il resto è cronaca di questi giorni, su cui non vogliamo entrare nel merito, poiché esula totalmente dal tema della banca etica.