MAQualecineforum

In principio era il cineforum, quello de “La corazzata Potëmkin” di fantozziana memoria. Poi il cinema è mutato in qualcosa di allora neppure immaginabile e il cineforum, quando va bene, è stato sostituito dai post social, più o meno salaci, più o meno riusciti… I film hanno esasperato nel tempo la loro deriva mainstream, ipotecando sempre più l’attenzione degli spettatori sui grandi titoli internazionali. Gli spettatori  sono passati dalla videocassetta e pizza di morettiana memoria al solipsismo streamining sui device più disparati.

In barba a tutto ciò Milano è bella anche perché qui è ancora possibile andare al cinema, con una discreta scelta di pellicole. E tra queste ancora si riescono a pescare perle di fiume, nascoste in rami secondari ma non meno importanti, e sulle quali in definitiva non sarebbe male provare a confrontarsi. Non è forse questo lo spazio più efficace, ma ci piace l’idea di proporvi di tanto in tanto qualche “chicca” dal panorama cinematografico attuale al di fuori dei titoli più famosi.
È da una di queste chicche che iniziamo: il titolo è “Dio è donna e si chiama Petrunya“. Una pellicola (ma si dice ancora così?) che conferma come per fare del buon cinema servano buone idee e buoni attori prima ancora che mezzi economici ed effetti speciali. Girato in Macedonia, prendendo spunto da fatti in parte realmente accaduti, questo film tocca le nostre riflessioni più attuali: dalla condizione femminile all’integralismo religioso (cristiano, in questo caso), dal body-shaming ai rapporti famigliari, per dirne alcune. Una regista di ottimo livello, Teona Strugar Mitevska, riesce ad amalgamare il tutto senza mai scadere in banalità o, peggio ancora, salire in cattedra per lanciare messaggi politicamente corretti. Il segreto sta nell’avere svolto riflessioni, elaborato pensieri, osservato comportamenti, per poi sintetizzarli in una storia con immagini efficaci. In poche parole nell’aver fatto il proprio lavoro di regista.

Nel merito della vicenda non provo neppure ad avventurarmi in improbabili e inefficaci sinossi che peraltro ritroverete ampiamente sparse in tutto il web.

Quello che mi preme è piuttosto sottolineare la grandissima prestazione della sconosciuta protagonista: Zorica Nusheva.

Un’attrice che riesce letteralmente a cambiare volto, dimensione, presenza, in ogni diversa situazione del film, ma sempre restando fedele a se stessa, al personaggio difficilissimo che interpreta. Davvero efficace. Fanno corollario, e forse ne risultano addirittura un po’ sminuiti, attori quasi sempre altrettanto bravi e coerenti con l’atmosfera e lo spirito del racconto.

Per quanto mi riguarda un’ottima serata e un’occasione in più per ribadire la possibilità, ancora oggi, di fare film fuori dal coro, non ideologici ma che toccano argomenti veri.

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