Il Giorno della Memoria… dei bambini
Tutti i nostri lettori sanno come Milano al Quadrato sia attenta alle minoranze e alle piccole comunità della nostra città, e soprattutto ai più piccoli, con messaggi spesso veicolati attraverso i genitori.
Oggi, nel Giorno della Memoria, vogliamo fare un’operazione con la quale vogliamo ricordare una minoranza perseguitata, gli ebrei di Milano, attraverso la voce dei suoi bambini. Andiamo così a riscoprire, con questo particolare punto di vista alcuni nostri contributi, come quello sulla Repubblica dei bambini di Sciesopoli, dove alcuni orfani, nati da genitori di fede ebraica, trovarono rifugio durante e dopo le persecuzioni razziali, oppure attraverso la storia del piccolo Arno Baehr, o anche mediante la testimonianza di Esther Fintz Menascè.

Manifesto delle leggi razziali del 1938
Sono tutte esistenze di bimbi mortificati dall’allontanamento dalla scuola italiana, per effetto delle leggi razziali prima e poi spezzati dal dolore della fuga, della perdita, e dal male della guerra.
Ma al di là di alcuni casi particolari, che fine fecero questi bimbi sopravvissuti, poi divenuti uomini e donne, nati a Milano, e soprattutto come poterono divenire cittadini del mondo, dispersi dalla diaspora?
I bimbi ebrei furono raccolti ai margini dei campi o dalla loro esistenza di rifugiati, dai militari alleati (il più delle volte alcuni soldati inglesi e americani di tradizione ebraica) o dalla brigata ebraica o da agenti della Brichah, portati nei centri profughi o in alcuni luoghi di raccolta, i desplaced persons camps (come a Selvino o più spesso nella stessa Austria o addirittura nella Germania liberata).

Il padiglione centrale di Sciesopoli negli anni ’30
Qui furono curati, nutriti, assistiti, educati, amati. Impararono anche l’ebraico come lingua comune.
Sul finire della II Guerra Mondiale, gli agenti della Brichah e dell’Aliyah bet cominciarono ad acquistare vecchie imbarcazioni e dopo averle messe in condizioni di affrontare il mare, le fecero salpare da piccoli porti della Francia e dell’Italia per non dare troppo nell’occhio, cariche di profughi (circa 120.000 dei 300.000 sopravvissuti) verso la Palestina, ancora protettorato britannico. I restanti (c. 180.000) passarono per i mille rivoli delle strade d’Europa, verso Est (attraverso le insidie disseminate sulle vie di Grecia, Romania e Turchia) che pian piano divenirono un vero e proprio fiume in piena verso la Terra promessa.

le rotte dei profughi ebrei dall’Europa verso la Terra promessa
Alcuni bastimenti passarono, sfuggendo ai controlli delle navi militari alleate che incrociavano nel Mediterraneo, così come succede oggi con i richiedenti asilo; altre furono fermate dagli inglesi, che contrastavano queste operazioni, e i profughi furono internati in campi a Cipro e ad Atlit, in Palestina, fino al 1948. In quest’anno tutti questi movimenti spontanei e associazioni ebraiche umanitarie si coordinarono con la Haganah e il Mossad (il servizio segreto israeliano), organizzazioni allora clandestine (con l’intendimento di combattere gli inglesi per l’indipendenza della Palestina).

La nave Exodus, una delle più famose navi carichi di profughi ebrei che raggiunse Israele
In corrispondenza della fine del mandato britannico sulla Palestina (appunto nel 1948), e la nascita dello stato di Israele, si mise fine all’immigrazione clandestina, facilitando l’”Aliyah” (il ritorno alla terra d’Israele, legale per tutti). Nella stragrande maggioranza dei casi questi bambini furono accolti nei Kibbutz israeliani di Hanita, Rosh Hanikrà e Tzeelim.

Bambini ebrei scampati all’Olocausto
Questo piccolo seme, spesso rappresentò il nucleo del nuovo stato di Israele, fu oggetto di molti casi di ricongiungimento o rappresentò un nuovo inizio per una vita serena. Una volta cresciuto, incoraggiato dalla volontà di crearsi una propria famiglia o alla ricerca delle proprie radici, qualcuno ebbe anche la forza di tornare in Europa, anche a Milano, dove oggi la comunità ebraica è una componente importante della nostra operosa città.