Ma tu dove t’addormenti?
Dove t’addormenti o meglio, dove ti capita di chiudere gli occhi… mentre sei sotto gli occhi di tutti? In riunione, a una conferenza, nel salotto degli amici, un micro sonnellino può sorprendere all’improvviso. Per i milanesi sempre di corsa è un po’ un rito, ma anche se potrà sembrare incredibile, ne aveva parlato addirittura nel ‘700 Jonathan Swift, il “padre” di Gulliver…
Scherzando si dice “Mi cala la palpebra”. E sì, non è infrequente cedere improvvisamente alla tentazione di schiacciare un breve pisolino nelle situazioni meno adeguate. Tuttavia in quei pur minimi attimi si arriva persino a sognare, e di sicuro si fa un “rabbocco” di energia, fatto non trascurabile per il classico milanese sempre sotto pressione. Io stessa posso fornire diverse personali testimonianze, ma ugualmente ho voluto fare una piccola inchiesta tra i conoscenti scoprendo che si tratta di un fenomeno comune a tutte le persone coinvolte, nessuna esclusa.

La mia striscia preferita di Piperita Patty
Tra i grandi classici ovviamente si schierano i micro-sonni a scuola (me ne ricordo parecchi), durante le lezioni meno intrattenenti o in ufficio, dove i più confessano di aver appoggiato serenamente la testa sulla scrivania scivolando direttamente tra le braccia di Morfeo. E gli alibi sono sempre gli stessi: ritmi troppo pressanti, nottate da leoni (con la ben nota rima baciata per le giornate successive), qualche bicchiere di troppo, e soprattutto quella rilassatezza postprandiale quando la pausa pranzo si trasforma in una bella mangiata tra colleghi. Ma al top di ogni classifica, diciamocelo, si piazzano i nostri cari politici al parlamento!
Beati i giapponesi
Moltissimi siti riportano una curiosità: mentre per noi cittadini e comunque per chi vive nel mondo occidentale si tratta di piccoli eventi che subito ci mettono in imbarazzo (specialmente le dormitine sui mezzi pubblici accompagnate dall’inelegante rivolino di bavetta…), per i giapponesi è un rito più che concesso e ben accetto. Il pisolino in pubblico viene chiamato “inemuri” e pare si traduca con “essere presenti mentre si dorme”. A me vengono in mente quegli amici che ripresi dai genitori (da giovani) o dai coniugi nel bel mezzo di un inemuri in luoghi non appropriati, si affrettano a scusarsi dicendo “no no ero sveglio”, proprio rivendicando quel senso di “presenza” che francamente mi fa sempre ridere.

Il re dei pisoli
Quando ero una giovane creativa, in agenzia ricevevamo sempre un cliente che produceva pulsanteria elettrica (argomento davvero irresistibile, specie per una ragazza) subito dopo l’intervallo del pranzo, e ancora ricordo le gomitate della mia art director mentre mi assopivo pur sorridendo e annuendo senza sosta al cliente… insomma, “ero presente” mentre dormivo della grossa. E con un’amica ci siamo confessate che quando da ragazzine facevamo le baby-sitter la sera, le pennichelle erano sempre in agguato… fino alla volta in cui i genitori-datori di lavoro tornando non mi hanno beccata in una “inemuri full immersion” con la TV accesa e i programmi televisivi terminati (a quell’epoca in effetti la RAI a una cert’ora interrompeva le trasmissioni).
Sonnellini e public speaking
Molti amici hanno ammesso invece che la loro specialità è la russatina a una conferenza, ai corsi formativi della propria categoria professionale, a una presentazione… qui entriamo in un altro territorio, quello del public speaking, un’arte fondamentale, che tuttavia non tutti gli oratori di oggi sanno praticare in modo brillante. E con l’inevitabile conseguenza di ritrovarsi davanti a un pubblico sonnecchiante.

La politica sfianca
Marco Montemagno, il seguitissimo – e a ragione – imprenditore digital che ha creato un’importante social media community e che eroga quasi ogni giorno video interessanti sulla rete, spesso intervistando gli innovatori del mondo della tecnologia e dei media, sostiene che il saper parlare bene in pubblico sia molto più che fondamentale. Ha giustamente affermato che si potrebbe proporre come materia di studio nella scuola dell’obbligo: essere in grado di esprimersi al meglio e farsi “sentire” dal pubblico è una delle chiavi del proprio successo. Non sarà un caso che googolando e facendo una ricerca a proposito di questo argomento, subito appaiono “i 10 trucchi”, “i 5 consigli”, “le 6 strategie vincenti”, le “10 lezioni essenziali”… per parlare in pubblico. Aprite bene gli occhi: come noterete cambiano numeri e suggerimenti, ma la sostanza non cambia!
Predica sul dormire in chiesa, di Jonathan Swift
È vero, ne aveva in qualche modo parlato anche lui: l’autore irlandese dei noti “Viaggi di Gulliver” che era anche pastore anglicano e decano della cattedrale di St. Patrick a Dublino.
Aveva fatto accenno qualche tempo fa alla sua “Predica sul dormire in chiesa” – piccola pubblicazione editata da Lampi d’Autore -, la preparatissima pastora valdese di Milano, Daniela Di Carlo (i cui magnifici sermoni sono sempre seguiti da un’assemblea più che attenta). In effetti, la difficoltà del predicare oggi può essere agevolmente accomunata a quella del parlare in pubblico. Sebbene Swift sottolinei che “intelligenza ed eloquenza siano doti brillanti che Dio ha concesso in grande misura solamente a pochissimi individui”, noi possiamo rispondere con quei famosi 6, 8, 10, 15 consigli preziosi che nella nostra era ci possono guidare a diventare dei bravi public speaker. Quanto agli esperti di “inemuri”, lo scrittore critica quella che noi chiameremmo “audience” perché si aspetta di essere intrattenuta dai predicatori in modo divertente. Con il risultato che, delusa, si appisola in chiesa senza il contegno raccomandato in certi luoghi. E fa un celato riferimento a un episodio degli Atti degli Apostoli (richiamato nella prefazione): il giovane Èutico, mentre ascolta predicare Paolo che “prolungò il discorso sino a mezzanotte”, cede a un improvviso pisolino e cade dalla finestra schiantandosi al suolo. Un curioso aneddoto che sancisce l’inevitabilità della sonnolenza e di un fenomeno che evidentemente ha avuto i suoi bravi followers in tutte le epoche.
Nella foto di copertina Psomì e Marvel Ardia, cari amici di Milano al Quadrato