Uno sguardo sul mondo alla Mondadori
“L’artista è un ricettacolo di emozioni che vengono da ogni luogo: dal cielo, dalla terra, da un pezzo di carta, da una forma di passaggio, da una tela di ragno”. Queste le parole di Pablo Picasso.
E sono la terra, la natura, l’ogni luogo,l’emozione e il sommovimento interiore, al centro della nuova mostra di Evaristo Petrocchi, fino al 5 ottobre, presso il Mondadori Megastore di Piazza Duomo. Quello di Petrocchi è un progetto internazionale contro i cambiamenti climatici, un tema particolarmente urgente, che pende sul filo di una presa di coscienza generale che fatica ad affermarsi. Questa volta l’ambasciatrice non è Greta Thunberg, la cui testimonianza, legata all’altalena spietata dei social e della sovraesposizione mediatica, crea odio e amore, lovers and haters . Questa volta ambasciatrice della natura e della Terra ferita è l’arte, che vuole colpire il mondo interiore di ciascuno di noi.
Vi presentiamo la mostra, che parla a ciascuno di voi, attraverso di voi.

Evaristo Petrocchi, Dining Room
CHI E’ L’ARTISTA, LA SUA ISPIRAZIONE E LE SUE INTENZIONI
Evaristo Petrocchi, classe 1954, nasce a Roma e vive e lavora tra la capitale e Assisi. La sua espressione artistica si esprime in collages assemblati con materiali naturalistici e industriali. A partire da una rilettura in chiave naturalistica del famoso quadro dello svizzero Bocklin, “L’isola dei morti”, nascono due fra le più importanti opere della produzione artistica di Petrocchi, “Inside the Room” e “Inside the Isles”. Il dipinto dell’artista elvetico, a cui Petrocchi si ispira, forse oggi non dice molto ai più. Tuttavia va detto che a suo tempo ha riscosso un successo straordinario (Bocklin ne ha prodotto ben cinque versioni), diventando immediatamente un’icona della pittura romantica, in cui l’arte è concepita come epressione della psiche umana.

“L’Isola dei Morti” di Bocklin, prima versione.
Fonte di ispirazione per decine di pittori di tutti i tempi tra cui De Chirico, Clerici, Dalì (solo per citarne alcuni), non poteva non esserlo per un artista come Petrocchi, in cui la potenza del mondo interiore è bussola nella creazione artistica. Questo nonostante Petrocchi sia ben lontano dalla concezione romantica del sublime propria di un Bocklin. La suggestione del pittore ottocentesco viene reinterpretata diventando qualcosa di totalmente nuovo, un modo per riflettere sul presente, con l’intento di diffondere una cultura di tutela a favore dell’ambiente e volto a contrastare le preoccupanti trasformazioni del Pianeta.
All’opera ispirata a Bocklin ne sono seguite altre, con le quali l’artista ha assemblato una moltitudine di baccelli con materiali scuri che riecheggiano il petrolio, dando il senso della forza della natura inquieta ed il disagio dell’Uomo che nasce quando si altera l’identità dei luoghi. Presenza principe è in particolare quella del baccello di glicine, che ruota seguendo la rotazione della Terra e che, attorcigliandosi, alla fine esplode, così da lanciare i semi il più lontano possibile. Un perfetto simbolo per rappresentare l’ordine della natura, la vita e la morte.

Evaristo Petrocchi, Faro, CAp de Cavaleria, Menorca.
La lettura e la produzione dell’opera d’arte crescono in un territorio denso e guardano alla profondità delle cose al di là della banalità del loro esistere. È un processo di ricerca dell’essenza e dell’identità di luoghi, persone o eventi analizzando le possibilità di un altro esistere, sempre nella contemporaneità in cui viviamo, ma con forme di osservazione diverse. Non si tratta di una pura operazione di metalinguaggio ma di esternazione di ciò che l’artista sente in luoghi fisici, spirituali o culturali, e che ho avuto modo di avvicinare.

Evaristo Petrocchi, Dedicato a Fondazione Prada, 2018, 123-x-87
FONDAZIONE PRADA E MILANO
Fra i temi cari all’artista emerge anche la commistione di “nuovo” e “antico”, restituita nell’opera che Petrocchi dedica alla Fondazione Prada. Qui si confrontano due elementi fondamentali dell’architettura caratteristica di Milano, dove la conservazione di elementi architettonici del passato convive con nuove e geniali strutture della modernità, per unirsi in una simbiosi inscindibile. Di fronte a questo scenario perfetto l’artista aggiunge un altro elemento dirompente, sintesi della conservazione e dell’innovazione architettonica, ossia l’inquietudine della natura.
L’ARTE SALVERA’ IL MONDO?
Non so se l’arte salverà il mondo. Non posso saperlo e, per certi versi, sa tanto di banalità un po’ borghese.
Quello che so è che se l’arte – che non è astratta ma è tanto più reale quanto è in grado di entrarti dentro – riesce far riflettere, allora posso affermare: l’arte è una speranza per il mondo.
Guardate. Riflettete, Stupitevi. Buona mostra a tutti!
INGRESSO LIBERO