FORAGING: riconoscere, raccogliere e consumare cibo selvatico

Prodotti bio e a chilometro zero? Sempre apprezzati, ma di gran lunga superati. Sentiremo sempre più spesso parlare di foraging, il gesto antico della raccolta di erbe spontanee, in totale simbiosi con i numerosi habitat e rispetto per la terra che ci ospita. Non servirà spostarsi di molti km da Milano… siamo circondati da laghi, montagne, boschi, ruscelli ricchissimi di “natura selvatica”. Certo… non è esattamente come andar per campi… ma c’è molto, molto di più!È una delle nuove tendenze del mondo del food; molte le pubblicazioni che hanno imperversato tra gli editori di tutto il mondo, nei programmi tv. Merito anche della modernissima cucina nordica (quella di René Redzepi –lo chef del Noma di Copenhagen – che mette in carta piatti cucinati di altissimo livello con licheni, bacche e cortecce) o dello chef stellato Heinz Beck. In virtù di una sempre più forte coscienza ambientalista vorrei porre un accento particolare su questa pratica, con grande attenzione ai problemi legati allo spreco di cibo e quindi alla sostenibilità.

Il foraging è quell’attività che appartiene da sempre a uomini e animali. Fino a qualche decina di anni fa era una pratica sostenuta da basi scientifiche, secondo le quali si studiava la possibilità di alimentarsi di cibo selvatico durante i periodi di carestia o povertà. D’altra parte a fine ‘800 la dieta del ceto medio-basso era composta per la maggior parte da cibo selvatico mentre il cibo coltivato era destinato ai ceti più abbienti.

Nello specifico per foraging si intende la raccolta di vegetali (integri o alcune parti), molluschi di acqua o terra, insetti… naturalmente in ambienti “incontaminati”. La natura ci offre grandi quantità di cibo selvatico: erbe, frutti del sottobosco, radici, funghi, licheni, alghe, corteccia, linfa, semi, ecc.

Ma prima di lanciarsi in avventure rischiose per la propria salute bisogna necessariamente avere una discreto know-how di botanica, avere nozioni di escursionismo e soprattutto avere rispetto per l’ambiente che andremo a percorrere. È imperativo… se non si è certi di ciò che stiamo raccogliendo e mettendo nel piatto, meglio lasciar perdere e godersi la passeggiata.

Il foraging richiede massima attenzione, conoscenza e concentrazione.

Facciamo una considerazione oggettiva: in natura esistono poche piante velenose ma in tutti casi vale la regola della quantità e della personale sensibilità ad un componente. L’uso giornaliero e ripetuto nel tempo di alcuni alimenti, può comunque causare disturbi di vario genere.

La parola “quantità” vale anche per la raccolta: ci sono comportamenti ben precisi che regolano le attività di foraging.

Eccone alcuni.

Non priviamo completamente la pianta di foglie e frutti; informarsi se ci sono leggi locali che regolano la raccolta di vegetali; richiedere i permessi di raccolta su terreni privati; scegliere luoghi di raccolta incontaminati; raccogliere da piante sane e rigogliose; usare le forbici per le piante e un coltello per i funghi… senza deturpare le radici; non raccogliamo mai piante che non riusciamo ad identificare; non calpestiamo altre specie; staccare parti di corteccia da alberi caduti o abbattuti, mai da un albero dove andremmo a creare delle cicatrici; raccogliamo le alghe lontano da bacini inquinati; mai raccogliere alghe galleggianti ma eradicate.

L’HABITAT IN CUI VOGLIAMO AVVENTURARCI

Ogni habitat è caratterizzato da fattori ben distinti: temperatura, umidità, clima, suolo, luce. Per un forager è quindi vitale riconoscere gli habitat e di conseguenza sapere con precisione che tipo condizioni climatiche, quale vegetazione si preparerà a riconoscere, rispettandone gli equilibri.

RICONOSCIMENTO DELLE SPECIE

Per un forager conoscere il regno vegetale, quello dei funghi, delle alghe e quello animale è indispensabile.

I vegetali

Sono in genere suddivisi in foglie, radici, semi, fiori e frutto: ognuna di queste parti ha una propria funzione e a modo loro sono edibili.

I licheni

Sono organismi nati dall’unione e dalla simbiosi di un fungo e un alga e posso crescere su rocce, tronchi d’albero e sul terreno.

Le alghe

Possono essere unicellulari o pluricellulari; dalla struttura semplice, producono energia chimica tramite fotosintesi generando ossigeno. Le troveremo in ambienti acquatici come il mare, i laghi, i fiumi, i torrenti, gli stagni, ma anche nelle pozze d’acqua, in terreni fangosi… in tutte quelle situazioni di umidità naturale.

I funghi

Di questa categoria fanno parte anche lieviti e muffe. Non sono né animali, né vegetali. In questo caso specifico la conoscenza è vitale per non rischiare avvelenamenti. La loro raccolta è regolamentata da leggi severe e metodologie precise.

I molluschi

Si tratta di animali invertebrati e vivono prevalentemente in mare, nei laghi, nei fiumi e sulla terraferma e comunque in zone molto umide. Ne esistono circa 5000 specie e, nelle dimensioni, variano da piccolissimi a un metro di lunghezza. La loro cattura è regolamentata dalle leggi sulla pesca.

DA SAPERE, PRIMA DI PARTIRE

Ogni mattina, ogni bravo forager sa che dovrà avventurarsi in territori sconosciuti, talvolta ostili, spesso ospitali; dovrà sapersi orientare, muovere in sicurezza.

Ma soprattutto, dovrà creare una vera e propria relazione con l’habitat, rispettarlo, non saccheggerà e non deprederà.

Avvaletevi di strumentazione, abbigliamento ed equipaggiamento adatto all’ambiente che avete scelto; osate con una bussola e una mappa se preferite lasciare a casa la tecnologia.

LA CUCINA SELVATICA

Dov’è la novità?… Cibarsi di erbe e frutti selvatici è un’usanza antica quasi quanto l’uomo: nelle “tasche” della mummia dell’uomo del Similaun, risalente all’Età del Rame, tra il 3300 e il 3100 a.C., sono stati trovati funghi e bacche di vario tipo… pensiamo ai cercatori di funghi … alle decine e più ricette tradizionali che usano erbe selvatiche (dalla Pasqualina ligure – alle zuppe di ortica tipiche di tante zone di montagna – alla cicoria selvatica presente su molte tavole italiane e raccolta nei campi, le frittate di asparagi selvatici)… per non parlare dei fiori eduli messi ovunque… vien da pensare che nulla si sia inventato.

In conclusione… Diventare forager o fare foraging, cucinare con il nostro raccolto può sembrare difficoltoso, soprattutto all’inizio. Ma cambiando leggermente l’approccio, i risultati saranno soddisfacenti e in più avremo stretto un legame molto forte con l’ambiente.

E ricordate che anche andare a far castagne nelle tiepide domeniche di ottobre o raccogliere more ai bordi dei sentieri di campagna è foraging!

Se sono riuscita ad appassionarvi ecco un sito che vi sarà molto utile: www.wood-ing.org

 

*Bibliografia: Imparare L’arte Del Foraging; Valeria Margherita Mosca.

@Photo Pexell

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