Il Castello di Peschiera: là dove ebbero origine i possedimenti fondiari dei Borromeo

Non tutti sanno che questa dimora rappresenta il più antico possedimento della famiglia Borromeo in Lombardia.

Poichè, come non a tutti noto, era originaria di Firenze. Di esso si ha notizia dal 1422 quando il duca Filippo Maria Visconti, accogliendo presso di sè Vitaliano Borromeo, lo autorizza a fortificare la “Peschiera”. A quel tempo era ancora un complesso di cascine già di proprietà dei “frati negri”, dall’uso che i monaci dell’ordine degli agostiniani avevano di indossare un abito nero con cintura di cuoio.

L’abito nero degli Agostiniani

Questi che già gestivano l’Ospedale Nuovo di Milano e avevano sede presso le ortaglie tra l’Incoronata e S. Marco possedevano anche alcune proprietà in località situate tra Fiorano e Mirazzano, tra cui questo complesso alienato in favore del nuovo uomo di fiducia del duca.

Strutture rurali ancora esistenti, adiacenti al Castello (Foto di Bertolanto)

LA STORIA E LE TRASFORMAZIONI

Dieci anni dopo il volitivo Vitaliano, ottenne il permesso ducale per costruire “fossato, ponte levatoio e porta nel nuovo palazzo già detto la “Peschiera”. Sorse così, dal preesistente complesso edilizio, il castello, nelle forme che ancora oggi possiamo vedere, con mura, torri, rivellino e grande fossato: edificio fortificato unico del genere in Lombardia per le sue torri rotonde, inusuali nell’epoca viscontea, e comparse nei nostri territori solo con la dominazione spagnola e con l’introduzione delle armi da fuoco.

Le strutture difensive col fossato (Foto di Bertolanto)

Il castello fu una delle sedi strategiche di Francesco Sforza tra il 1448 e 1450, durante le operazioni militari per il controllo del ducato milanese, poichè i Borromeo rappresentarono validi alleati della nuova dinastia.
Più tardi, con la caduta di Lodovico il Moro e l’ingresso dei francesi a Milano, fu giocoforza per i Borromeo, come d’altronde per altre famiglie legate ai vecchi duchi, non ultimo lo spregiudicato Gian Giacomo Trivulzio, passare dall’altra parte della barricata per non vedersi togliere le grandi ricchezze accumulate con l’attività bancaria in poco meno di un secolo. Fu così che nel castello ebbe a soggiornarvi persino il re di Francia Luigi XII, entrato trionfalmente a Milano alla fine del XV sec.
Fu poi proprietà personale dell’arcivescovo Carlo Borromeo, che sin da giovinetto ebbe a passarvi i periodi estivi, come anche suo cugino, il futuro cardinal Federico, il fondatore dell’Ambrosiana, che spesso venivano a gettar le lenze proprio nella peschiera.

Un affresco all’interno del castello con una raffigurazione di una delle opere dell’arcivescovo Carlo Borromeo (Foto di Bertolanto)

Dopo la morte prematura di Federico, Carlo rimase l’unico erede dei beni di famiglia; e tale rimase fino al 1567, allorché li donò allo zio Giulio Cesare Borromeo, padre di Renato e di Federigo, immortalato dal Manzoni nei Promessi Sposi. 

Fu così rimaneggiato, secondo le nuove fogge, verso la fine del XVI secolo, proprio da Renato Borromeo, rimasto l’unico erede, assumendo il definitivo aspetto, soprattutto negli interni. Infatti, dopo il matrimonio con Ersilia Farnese (1579), elesse Peschiera a sua dimora preferita, subito dopo l’avìto palazzo di Milano; cambiò volto all’edificio, facendone non una fortezza difensiva, bensì una villa di delizia, splendidamente affrescata, ove trascorrere in ozio e lontano dai fasti cittadini buona parte dell’anno.

Lato del cortile dove si notano in maniera più evidente le più antiche fogge militari e quelle più moderne della facciata del corpo basso (Foto di Bertolanto)

E’ da questo momento che l’edificio del castello presenta al di là delle strutture difensive con le torri, facciate intonacate e ingentilite da affreschi.

LA STRUTTURA

Al castello si accede attraverso la porta della torre centrale e ci si immette nell’ampio quadrato cortile, verde per l’edera che lo avvolge.

Il portico del cortile interno (Foto di Bertolanto)

Un lato del cortile è a portico, con nove arcate sorrette da 10 colonne mentre su un altro lato vi è la cappella gentilizia, intitolata a S. Carlo, fatta costruire da Renato Borromeo nell’insieme dei lavori di ristrutturazione: è un piccolo edificio ecclesiastico, ricco d’affreschi cinquecenteschi d’ottima fattura, messi in risalto dai restauri voluti dal conte Giancarlo Borromeo nel 1927.

L’ambiente della cappella gentilizia, vista dal matroneo (Foto di Bertolanto)

In un libro edito nel 1971, il conte Gian Vico Borromeo descrive ampiamente i complessi lavori di restauro iniziati dal padre allorché il castello di Peschiera, dopo essere stato venduto ai Besostri nel 1870, venne riacquistato nel 1926: “gli ultimi due secoli avevano lasciato la loro impronta d’erosione e di incuria e anche di arbitrarie ed incresciose sovrastrutture e trasformazioni”.

L’ingresso con le ampie cortine a mattone a vista (Foto di Bertolanto)

Dalla torre centrale e dalla facciata venne rimosso l’intonaco che le ricopriva; tornò il mattone a vista, com’era all’inizio, e l’edificio su questo lato assunse un aspetto più solenne e austero.
 In seguito allo scrostamento emersero fra l’altro motivi araldici come l’Humilitas, lo stemma dei Borromeo, nonché finestre a sesto acuto.
 Sopravvive l’intonaco sui lati ovest e nord, con resti di pitture seicentesche, ad archi contigui su pallidi sfondi alternati rossi e gialli.

Altro lato cortile (Foto di Bertolanto)

Il lato orientale, che al contrario degli altri tre, dotati di spalti, scende a scarpa direttamente nell’acqua del fossato; non è mai stato affrescato.
 Qui esisteva un ingresso secondario al castello, di cui si riscontrano tracce evidenti, e in asse forse una torre, poi decapitata e trasformata in cappella.
 L’ingresso principale era ed è rimasto quello alla base della quadrata torre centrale, ove troviamo un locale a volta ingentilito da motivi araldici e ornamenti floreali, con aperture sugli spalti.

Il vestibolo col portone d’ingresso (Foto di Bertolanto)

Ancora nel corso del secolo XVIII la torre era preceduta da un rivellino, bassa costruzione difensiva, del quale resta testimonianza in una pittura all’interno del castello. A quest’ultimo si accedeva sorpassato un ponte levatoio (sulla torre sono ancora presenti le incavature per i bolzoni, le due travi per alzare il ponte). Varcato il portone, ci si presenta un cortile pressoché quadrato.

 Un altro ponticello movibile c’era e resiste tuttora sul lato occidentale dell’edificio; metteva ad un magnifico giardino all’italiana, con siepi, alberi, fiori, vasche e fontane zampillanti acqua.

Il retro del Castello con ingresso sui giardini (Foto di Bertolanto)

L’interno del castello contiene interessanti strutture architettoniche: l’originale scalone che conduce al piano superiore, ancora intatto dopo cinque secoli dalla sua costruzione; il magnifico salone d’onore con il camino in pietra e le otto figure simboliche contenute in una cornice ottagonale, di scuola emiliana.

Salone con camini e affreschi (Foto di Bertolanto)

Poi una sequenza di stanze e sale, dipinte con festoni, stemmi e motti araldici, paesaggi e case e castelli di proprietà dei Borromeo, tra cui il dipinto di Arona e l’isola Bella sul Lago Maggiore e, caso quasi unico in Lombardia, il fossato, derivante dall’antica peschiera, non è all’asciutto.

Il fossato che gira intorno al castello (Foto di Bertolanto)

Infatti, ancor oggi, nuotano pesci di varie specie; e di tanto in tanto si può vedere scivolare sull’acqua uccelli acquatici, di cui è ricco il territorio che dai confini di Milano scivola verso il Parco Sud.

 La maestosità della costruzione, la sua posizione, isolata ed immersa nel verde agricolo, fanno del castello di Peschiera un edificio di particolare e rara bellezza, una vera particolarità nel territorio comunale che ne ha ereditato perfino il nome.

LA VISITA

Oggi anche se gli ambienti interni sono ancora abitatati dai discendenti dei Borromeo, si è scelto di far visitare periodicamente il Museo del Castello, per la prima volta aperto al pubblico nella sua globalità due anni orsono, in occasione della mostra su “San Benedetto il Fondatore”: è possibile accedere solo alle prime tre sale e agli spazi esterni, che qui abbiamo, in parte, cercato di illustrarvi anche grazie alle belle foto realizzate da Bertolanto, amico e collaboratore di Milano al Quadrato.

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