Un nuovo Piano Regolatore per Milano: quanta fretta… ma dove corri?
In questo nostro appuntamento tratteremo di un tema tecnico, non sempre facile, ma con ripercussioni enormi e incisive nel medio lungo termine per il futuro della città.
Cercherò pertanto di semplificare un po’ le cose, per i non addetti ai lavori e per far comprendere la posta in gioco.

Una parte del realizzato progetto Repubblica-Garibaldi con la torre BNL-Paribas (foto di Robert Ribaudo)
Come si costruisce un Piano Regolatore: regole e buone pratiche
Una volta la buona pratica era dettata dall’urbanistica partecipata: un modo di procedere che allungava sì, i tempi per realizzare il Piano Regolatore (oggi detto Piano di Governo del Territorio, PGT), perché prevedeva una comunicazione profonda, per favorire il coinvolgimento di un maggior numero di soggetti rispetto al piano tradizionale nei processi a monte da cui poi sarebbero scaturite le decisioni, ma permetteva di raggiungere importanti obiettivi in termini di qualità, efficacia e incisività del Piano, e anche a questo punto rappresentativo dell’abitare e del sentire dalla cittadinanza perché contenente le immagini che la comunità locale assegna ai luoghi di vita e di relazione.
Se queste premesse vengono rispettate pienamente vengono comprese e risolte conflittualità latenti o dichiarate tipiche di ogni processo di trasformazione. Per salvare la faccia a questi capisaldi, tutti i nuovi piani (non solo quello di Milano), procedono, qualche tempo prima di mettere insieme le linee del Piano vero e proprio, con laboratori e focus group di esperti, di portatori di interesse e questionari che spesso poco rappresentano queste istanze di democrazia dal basso (anche perché le risposte sono davvero esigue in termini numerici: nel caso di Milano 4.400 cittadini su una popolazione di c. 1.300.000 ab.. Prova ne è il proliferare, a valle dell’adozione di qualunque opera urbanistica, di una serie infinita di costituende associazioni di cittadini che non si sono sentiti ascoltate.

Uno dei manifesti che non è difficile trovare affisso sui muri di Milano in occasione di qualche grande opera, che richiamano alla lotta i cittadini le cui istanze non sono rappresentate
Il preambolo è stato lungo ma è uno di quei punti critici su cui poi si misura la bontà del piano e per il quale alla fine, il PGT (così lo chiameremo da ora in poi) lo si vive come uno strumento calato dall’alto.
Governare le complessità: tempi e modi
Iniziamo col dire che immaginare e ridigere un piano per una città come Milano vuol dire mettere in gioco una serie di fattori davvero pesanti e di varia natura: economici, di crescita demografica, di rigenerazione urbana, di consumo del suolo, di riqualificazione di aree dismesse, con implicazioni di carattere finanziario e di mediazione fra interessi di gruppi di potere da una parte e del bene comune dall’altra.
Su questa operazione vengono impegnati parecchi uffici della macchina comunale, studi professionali che apportano idee e pensieri sull’abitare la città oggi, anche attraverso concorsi di idee, che poi vanno cuciti tutte insieme dando una coerenza formale, e normativa al sistema. Solitamente questa attività costa un duro lavoro di concertazione che si sviluppa per anni, addirittura travalica più giunte per arrivare a conclusione ed esprimere un prodotto coerente e in linea con un pensiero di città futuribile e sostenibile. Sapete quanto è durato questa volta quest’iter? Da gennaio 2017 a dicembre 2018, (portato in Consiglio Comunale il 13 dicembre 2018, è stato adottato il 5 marzo 2019 per pubblicarlo a beneficio delle consuete osservazioni che tutti i cittadini e portatori di interesse possono trasmettere, in un arco di tempo che è ormai in scadenza).

I grattacieli di Piazza Gae Aulenti e del progetto Repubblica Garibaldi (foto di Robert Ribaudo)
Si pensi che lo scorso PGT (quello caratterizzato dalle opere di Expo – M4 e M5 in primis-), dai raggi verdi, quello che ci ha regalato piazza Gae Aulenti coi grattaceli di Repubblica-Garibaldi, quello di City Life, quello immaginato dalle giunte Albertini coi tanto discussi parcheggi sotterranei, prima, e della giunta Moratti poi, per intenderci, fu approvato alla fine dell’iter dalla giunta Pisapia. Ora la domanda sorge spontanea: come fa ad essere elaborato una variante generale al PGT in così poco tempo e soprattutto perché all’interno di un solo mandato sindacale?
Opportunità per pochi o previsioni di città sostenibile per i nostri figli?
Le risposte sono nascoste in una serie di passaggi mancanti che metteranno in crisi ben presto la pianificazione del futuro della città, poiché ci sono alcuni step che non sarebbe opportuno effettuare dopo aver fatto le scelte (politiche): non si possono fare previsioni di piano, edilizie o infrastrutturali senza prima elaborare gli studi geologici, quelli sulla sismicità locale, sulla compatibilità e sulla invarianza idraulica, sulla revisione del reticolo idrografico e sul governo delle acque; soprattutto se poi si vuole annegare, in una variante generale al PGT, opere importanti e discusse come la riapertura dei Navigli che dovrebbe convogliare anche le acque del nodo idraulico (Seveso-Olona) nell’antico alveo della cerchia interna cittadina!!
Ma la fretta è cattiva consigliera e da più parti, sommessamente, ci si chiede perché la giunta vuole passare con tempi tanto brevi all’incasso pre-elettorale.

Gli scali ferrovairi: un ring verde o un anello di cemento?
C’è una torta enorme che caratterizza il nuovo Piano, che in poche parole dovrebbe valorizzare l’anello ferroviario interno a Milano con i vecchi scali: stiamo parlando di superfici con una rendita fondiaria elevatissima, dove accanto allo sbandieratissimo verde urbano verranno calati milioni di m3 di cemento, per edilizia di varia natura: convenzionata, di housing sociale ma anche privata, il vero motore dello sviluppo della città (ancora nel Terzo millennio si impernia lo sviluppo di un’economia su un concetto vecchio di 2 secoli!!).

Il progetto City Life, un’altra realizzazione voluta dallo scorso PGT (foto di Robert Ribaudo)
Luci e ombre
Non possiamo dire che questo non sia un piano da buttare via in toto, su tutto cito la ricucitura di alcune aree verdi di frangia come il Parco Lambro col Forlanini o le aree interne al Parco Sud strappate al cemento, o la valorizzazione dei cosiddetti nuclei di identità locale, alcuni di antica formazione, inglobati nel XX sec. nella grande Milano (ormai periferie degradate!). Ma certe scelte andavano ponderate di più e qualche riflessione sull’abitare a Milano oggi meritava una digestione più lunga, soprattutto su temi importanti come la regolamentazione della costruzione dei sottotetti, sugli orti metropolitani incentivati magari anche sui tetti, come stanno facendo tutte le capitali europee, su una rete di mobilità leggera davvero interconnessa e legata ad un piano del traffico (già vecchio dopo la riapertura dei navigli) che non si limita alla creazione di un’area B annacquata da un’infilata di deroghe e soprattutto demonizzando il diesel (che gli ultimi studi dimostrano produrre meno emissioni di azoto rispetto ai motori tradizionali!).

Il vecchio tessuto storico e il nuovo convivono ormai in maniera indissolubile ai nostri occhi, ma ci si chiede quanto peso sia stato dato alla VIA -valutazione di impatto ambientale- o quanto abbia vigilato la Soprintendenza locale per tutelare anche la vista d’insieme dal centro storico (foto di Robert Ribaudo)
Dovrei dilungarmi di più su alcune deficienze macroscopiche, in parte ereditate, ma a cui non sono date ancora una volta risposta, e di cui il piano non tiene conto, ad iniziare dalla necessità di comunicare ai cittadini i rischi alluvionali e idrogeologici (e non solo!) su cui ricade la loro proprietà attraverso un piano integrato di Protezione Civile/PGT, così come prevede oggi la legge. Ma questa è una partita tutta da venire e su cui il sindaco dovrebbe usare maggiormente le sue strategie comunicative.

Milano come sarà: luci e ombre
Ho cercato di riportare alcuni punti tecnici salienti, tralasciando anche alcuni principi di incostituzionalità a cui va incontro il nuovo strumento urbanistico soprattutto sui poteri sostitutivi dell’amministrazione in caso di stabili in abbandono, ma chi ne volesse sapere di più può approfondire maggiormente sul sito del Comune, e soprattutto può riprendersi un suo dritto: fare osservazioni!… Buona lettura!
One comment, add yours.
Anna Bossi
Il Gallo Verde della Chiesa Valdese di Milano intende sottoscrivere l’iniziativa di inoltrare una serie di osservazioni al PGT, portata avanti dal coordinamento Altro Piano per Milano, in quanto il PGT prevede interventi pesanti su tre aree oggi prevalentemente verdi – Bovisa Goccia, Piazza d’Armi ed ex Paolo Pini e adiacenze. Nelle Osservazioni si chiede invece di salvaguardare in tali ambiti tutto il verde, limitando l’edificazione a quella già esistente.