La mostra sulle fosse di Kirov ovvero le atrocità della Campagna di Russia durante la II Guerra Mondiale
In occasione dell’ultima adunata degli Alpini a Milano, quella del centenario dell’ANA (Associazione Nazionale Alpini), Regione Lombardia – DG Autonomia e Cultura, ha voluto tributare un omaggio del tutto particolare alle forze armate impegnate nel II Conflitto Mondiale, comprese le truppe alpine della Julia.
Ha allestito infatti una mostra contenuta, anche nelle dimensioni, ma toccante, anche per chi si sente pacifista, poiché mette bene in evidenza gli orrori della guerra e la spirale di primordiale bestialità che scatena.
La mostra in questione, infatti, raccoglie gli effetti personali e gli equipaggiamenti dei militari caduti durante la Campagna di Russia e recuperati in occasione delle campagne di scavo 2017 e 2018 a Kirov in Russia.

I gonfaloni all’ingresso della mostra che spiegano il contesto in cui si sono svolti i fatti
A proprie spese e in continuo coordinamento con “Onor Caduti di Roma”, un gruppo di volontari italiani (appartenenti al Museo della Seconda Guerra Mondiale del fiume Po di Felonica, a Gotica Toscana Onlus di Scarperia e all’associazione Linea Gustav di Cassino) ha affiancato gli archeologi russi nel lavoro di riesumazione di quasi 2.000 corpi di militari ungheresi, italiani e tedeschi.
Il lavoro congiunto con Italian Recovery Team e mediante il riconoscimento delle autorità russe, svolto durante le missioni ha visto l’individuazione, la delimitazione, il sondaggio, lo scavo delle fosse comuni dove risultavano sepolti i militari e la catalogazione dei resti umani e di corredo.
Grazie alla concessione delle autorità russe è stato permesso di portare in Italia un certo numero di reperti, che hanno accompagnato i nostri militari dell’ARMIR dal 1941 fino alla fine del conflitto.

Tra i reperti, scritti e memorie
L’offensiva dell’Armata Rossa del Dicembre 1942 sul fiume Don e la sua rapida avanzata verso ovest, soprattutto dopo la battaglia di Stalingrado, permisero molteplici accerchiamenti di contingenti militari nemici, con cattura di molti prigionieri, trasferiti poi in campi di internamento molto lontani dal fronte, dopo pesantissime marce a piedi e lunghi viaggi in treno.
Una delle principali direttrici seguite dai treni era la Stalingrad-Saratov-Kazan-Kirov nota come Viatlag (nella foto di copertina il tratto di Kirov).
Kirov era una città lontana dal fronte e sita oltre il raggio d’azione dei bombardieri Tedeschi, per questo sede di diverse fabbriche, ospedali ed importante snodo per molti campi di prigionia. Da Stalingrado a Kirov i treni impiegavano circa due settimane. Le rigide condizioni climatiche dei primi mesi del 1943 e l’insufficienza di cibo, sommate alle precarie condizioni di salute dei prigionieri, provocarono molti decessi. Per scongiurare epidemie, i soldati morti trovarono sbrigativa sepoltura in fosse comuni scavate ( ma in realtà frutto di ordigni fatti brillare sbrigativamente per aprire delle vere e proprie voragini nel terreno) a fianco dei binari oltre il fiume Vyatka.
Grazie ad un primo sopralluogo e alle testimonianze di alcuni abitanti della zona è stato possibile, nell’autunno 2016, organizzare tre missioni di studio e documentazione, insieme al personale dell’associazione russa DOLG, che ha condotto i primi scavi nell’estate 2017. Il lavoro congiunto svolto durante queste missioni ha visto l’individuazione, la delimitazione e il sondaggio delle fosse comuni dove risultavano sepolti migliaia di militari.
Si sono recuperati circa 300 corpi tra italiani, ungheresi e tedeschi. A questi vanno sommate le circa 800 riesumazioni, effettuate sempre nel 2017, del personale russo alle dipendenze di associazioni tedesche. Ma si presume che lungo la linea in questione esistano migliaia di fosse comuni dove sono stati inghiottiti i c. 90.000 soldati italiani non più tornati dal fronte russo.
Le ricerche sul campo sono finalizzate alla mappatura dei luoghi, al recupero di reperti per studio ed all’intento comune di rimpatriare i caduti, ma l’esigenza primaria del ritorno delle salme ha aperto un canale di ricerca del tutto nuovo e inaspettato sulle condizioni di vita dei soldati su quel fronte. E questo è l’oggetto della mostra che presenta oggetti di uso comune, la semplicità degli effetti personali, rappresentati ad esempio dalle matite con cui i militari scrivevano a casa, ricorrenti medagliette votive e rosari, scarponi ancora fasciati con stoffa per tentare di isolare la chiodatura dalla neve e dal ghiaccio, i materiali con cui erano equipaggiati, frutto dell’autarchia che aveva imposto il regime fascista.

Un esemplare di scarpone da alpino ritrovato nelle fosse di Kirov
Ora, visto il poco tempo ancora a disposizione per visitare la mostra per chi volesse saperne di più, può recarsi presso Il Museo della Seconda Guerra Mondiale del fiume Po di Sermide e Felonica in provincia di Mantova (www.museofelonica.it). Questo rappresenta il centro della memoria degli eventi bellici che si susseguirono nei territori lungo il grande fiume nel corso del secondo conflitto mondiale. Il prezioso museo raccoglie filmati, foto, documenti e cimeli originali appartenenti al periodo che va dalle prime incursioni aeree.

Esempio degli oggetti trovati all’interno delle divise logore dei soldati
DOVE: a Milano, allo Spazio Mostre N3, piano terra, di Piazza Città di Lombardia, a Palazzo Lombardia ed è ad ingresso gratuito
Giorni di apertura: dal 8 al 17 maggio, da lunedì a domenica
Orario di apertura: dalle 10 alle 18
One comment, add yours.
Claude Andreini
Hanno avuto il coraggio di andare ad uccidere gente che a loro non avevano fatto niente. Se rimanevano a casa e rifiutavano il fascismo, non sarebbero finiti laddove non dovevano andare.