Mario Tapia Radic, lo splendore e il dolore del mondo
Dal colore delle sue tele, dalle forme delle sue sculture, un ininterrotto omaggio allo splendore del mondo, senza mai dimenticare tutto il dolore che lo sostiene. Un artista magico e trascurato che ha incantato e incanta con la concretezza del suo sentire. La mostra è aperta sino al 19 maggio 2019 e si tiene nel salone espositivo dello Spazio Cultura sangiulianese, dedicato proprio a Mario Tapia Radic; qui tutte le informazioni per visitarla.
Arriva nel 1970 in Italia Mario Tapia, poi lo raggiungono la moglie Kitty con la figlia Francisca. Il secondo figlio, Andrés, nascerà invece in Italia, ed è l’unico della famiglia rientrato in Cile.
Oggi l’avremmo definito migrante per necessità: non fuggiva da una guerra, non era un perseguitato politico. Un po’ come tanti europei che avevano fatto, solo qualche decennio prima, il percorso inverso. Ai nostri giorni sarebbe finito a far la coda per il permesso di soggiorno, a lui andò appena meglio ma neppure allora era tutto rose e fiori. E così finì, lui che era stato docente universitario in Cile, che aveva avuto un proficuo scambio umano e artistico con Neruda, che aveva già esposto all’Expo 1970 in Giappone, a lavorare per una azienda di ceramiche Sul Lago Maggiore. Poi, seguendo il bisogno di trovare un luogo più adatto alla vita sua e della famiglia arriva a San Giuliano Milanese. Qui finalmente le condizioni sono adatte per riprendere la sua attività artistica e sboccia la sua produzione che procederà ininterrotta sino al 2010, anno della sua morte.

L’inaugurazione della mostra

Il prof. Andrea Ladina
Come ha detto il prof. Andrea Ladina nella presentazione della mostra: “Possiamo delineare tre dialoghi, tre itinerari di ricerca che Mario ha seguito nel suo lavoro di artista nel periodo in cui viveva in Cile e dopo, dal 1970 in poi quando si è stabilito con la famiglia in Italia. Il primo di questi itinerari è stata la scoperta della natura e, potremmo meglio dire, la scoperta del Paradiso; il secondo, la vitalità e la poesia del mondo campesino delle Ande e dell’America latina e, il terzo itinerario, l’arte vissuta come condivisione della profonda sete di giustizia di popoli sottomessi e “conquistati” e, ciononostante, portatori di dignità e di molteplici saperi…” (clicca qui per leggere l’intervento di presentazione completo).
A San Giuliano sono ravvisabili tutti e tre gli itinerari, in una ampia scelta allestita grazie alla disponibilità della moglie e all’impegno e alla competenza della figlia che hanno saputo in questi anni mantenere e promuovere il suo immenso lascito artistico. Piccolo suggerimento tra amici: dopo la visita chiedete di visitare anche la sala Previato, sempre nello Spazio Cultura. E’ un’altra sala e non fa parte della mostra. Ma contiene uno dei più grandi dipinti di Tapia, 8 metri per 3 dedicati alla tragedia della “conquista” dell’America. Dipinto nel 1992, in occasione del bicentenario dell’invasione, è un compendio di molti suoi temi, un’occasione da non perdere per coronare la visita.
Clicca qui per vedere il sito dedicato alla persona e all’opera di Mario Tapia.
Foto e testi ©Massimo Molteni 2019