Volontariato a Milano: come il semino della solidarietà è germogliato nel cuore di una piccola milanese.

Il volontariato a Milano, si sa, è di casa. Anzi, ormai è universalmente noto che la nostra città ne è la vera e propria capitale a livello nazionale. E non solo da oggi. La solidarietà che spinge molti nostri concittadini ad aiutare gli altri e ad impegnarsi per una buona causa affonda le sue radici nei secoli e nella storia stessa della città.

Per questo ho pensato di incontrare alcuni milanesi che si occupano di volontariato e di raccontare le loro storie.

Dal prossimo incontro ve ne parlerò e scopriremo insieme vicende interessanti che potrebbero essere condivise da molti lettori… Il mio racconto di oggi parte da una riflessione sul tema: è un ricordo personale che, anche dopo molti decenni, ancora oggi mi suscita un sorriso e un piccolo brivido di gioia.

Torno con la memoria alla mia infanzia tutta milanese, quando alla domenica andavo a Messa coi miei genitori in una chiesa bellissima e ricca di classe.

Santa Maria Segreta sorge nel magico quadro di piazza Tommaseo e fa da contraltare architettonico all’Istituto Marcelline, la mia scuola, con una bellezza nobile e rigorosa, senza eccessi e sbavature, tipicamente milanese.

Il mio papà aveva progettato l’impianto di riscaldamento per la chiesa e così univa il gusto di seguire le dotte prediche di padre Catoretti, illustre teologo, all’istinto tutto meneghino che gli faceva dare una controllatina domenicale a che tutto funzionasse a dovere ( un vero “milanese imbruttito” ante litteram, ahahah).

L’Istituto Marcelline Tommaseo

Alla fine della Messa, ci accalcavamo all’uscita sulle note trionfali dell’organo, e la mamma mi dava una moneta da 100 lire che io, bimba buona e allegra, ma un po’ timida, facevo furtivamente scivolare nel cappello di un anziano cieco che sedeva sotto il portico, accompagnato dal suo cane, un bel meticcino con gli occhietti vivaci, sicuramente frutto dell’incrocio tra uno spinone e, come diceva la mia mamma, “i binari del tram”, per indicarne l’inestricabile incrocio di razze.

Un cagnolino simile a quello protagonista del racconto (photo: animaliamiciviterbo.it)

Una volta capitò che, a causa di un’influenza che si aggirò in famiglia colpendo a caso per varie settimane, saltassimo il nostro appuntamento domenicale in chiesa per ben 5 volte.

Alla ripresa, feci presente alla mamma, con precisione austroungarica, che al cieco della chiesa quella volta spettavano non 100, ma 500 lire e così mi trovai a mettergli nel cappello una banconota al posto della solita moneta.

E qui successe il fatto. Mentre il cieco sentì la carta sotto le dita e pronunciò con meraviglia “Ma se gh’è?!?”, il cagnolino colse al volo il fatto eccezionale e mi saltò in braccio per la gioia, riempiendomi di baci!!

La sorpresa fu tale per me, bambina, che mi misi a piangere per la felicità: mai avrei immaginato, portando gioia agli altri, di provare un sentimento così forte anch’io!

Da allora scoprimmo che il cieco si chiamava Giuseppe Villa e che veniva tutte le domeniche fino a questa chiesa da “sciuri” in tram dalle case popolari di viale Famagosta con l’aiuto del suo valoroso cagnolino Pantèla, che in milanese significa “piccoletto”.

Cominciò così un’amicizia che si rinnovava ogni domenica, molte volte lo accompagnavamo a casa in macchina e a Natale, Pasqua e feste comandate non mancavamo di passare da casa sua portando dei bei cesti pieni di cose buone, per la gioia sua, di sua moglie Maria e le grandi feste del nostro adorabile Pantèla.

Un mio ritratto da bambina, all’epoca del racconto, che testimonia il mio amore per i cagnolini!

Erano momenti di vera felicità anche per noi e, come si vede, me li porto nel cuore ancora adesso dopo tanti tanti anni.

Una felicità che si è rinnovata ogni volta che mi è capitato di fare volontariato in vari ambiti e, anche quando la vita mi ha riservato momenti impegnativi e difficili, è stata una lucina di speranza che mi ha guidata fuori dalla tempesta.

La vita non è facile per nessuno, ma c’è speranza, anzi addirittura noi possiamo essere portatori di gioia!

Regalare un sorriso è la cosa più bella che ci possa capitare.

 

Testo e fotografie di Silvia Castiglioni

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