Banksy: chi è davvero? Il mistero di uno street artist molto social
“A Visual Protest. The art of Banksy” è la mostra sul writer più misterioso di sempre, visitabile al Mudec di Milano, fino al 14 aprile 2019. Una domanda però sorge spontanea: chi è davvero Banksy? Teorie, contro teorie, incursioni della criminologia, hanno provato a rivelare un volto che continua a sfuggire a qualsiasi identificazione. Qualche indizio? Forse.

Banksy, “Rat with heart”, 2005
CHI È BANSKY: IPOTESI DI UN’IDENTITÀ
In un tempo in cui vige incontrastato l’impero social, Banksy ha un profilo su quella che è una delle “piazze virtuali” attualmente più in voga: Instagram.
Oltre 5 milioni di follower worlwide possono così ammirare la sua arte, famosa in tutto il mondo per l’inconfondibile carattere satirico e di denuncia. Eppure, nulla da fare. Nonostante questa significativa presenza in costante connessione col mondo, pare che siamo destinati a rimanere insoddisfatti nella nostra curiosità: il volto di questo “dio” della street art, letteralmente osannato dalle masse, non compare mai.

Banksy, “Girl with red balloon”, 2004
Pochi elementi sono relativamente certi: è inglese e con ogni probabilità di Bristol. Partendo da qui, la caccia a Banksy non si è più fermata. Uno dei primi nomi che sono stati legati alla sua figura è quella di Robert del Naja, conosciuto con lo pseudonimo di 3D, writer e musicista (proprio di Bristol), fondatore dei Massive Attack, gruppo che ha dato il via al genere trip-hop.

Banksy, “Stop and Search”, 2007
BANKSY IL “CRIMINALE”
Nel 2008 gli scienziati della Queen Mary University di Londra si sono invece serviti del cosiddetto “profilo geografico criminale”, una tecnica investigativa che ha lo scopo di scovare l’autore seriale di reati analizzando i dati geografici a lui correlati. In tal modo viene ricostruita una vera e propria geometria del crimine, con “punti di ancoraggio” del reo, costruita sulla base dell’abitazione del ricercato, al suo luogo di lavoro, alle aree adibite allo shopping e/o all’intrattenimento, così come ai potenziali obiettivi. Sulla base di questa ricerca, è stato quindi fatto un nuovo nome, quello di un allora studente alla Cathedral Choir School di Bristol: Robin Gunningham. Analizzando gli spostamenti di Banksy e i luoghi in cui sono comparse le sue opere, a cui è seguito un confronto con i movimenti di Ganningham, si è giunti a una corrispondenza tale che per i ricercatori costituisce una prova.

Banksy, “Toxic Mary”, 2003
Questa affascinante ricerca non si è però affatto conclusa. Altre teorie si sono infatti susseguite: da quella che vedrebbe dietro al nome di Banksy un vero e proprio collettivo, ad altre ipotesi più mirate, come quella che punta all’identificazione con Thierry Guetta, artista e writer francese (usciamo perciò dal Regno Unito), noto con lo pseudonimo di Mr. Brainwash. Per tirare le conclusioni, quello che ad oggi possiamo dire con certezza è questo: sono stati fatti nomi che per vari motivi possono essere credibili. Banksy però, resta un mistero non svelato.
LA MOSTRA
“A Visual Protest. The Art of Banksy”, in mostra al MUDEC, raccoglie circa 80 lavori tra dipinti, edizioni limitate a opera dell’artista, oggetti, fotografie e video, copertine di vinili e cd musicali da lui disegnati, oltre a una quarantina di memorabilia (litografie, adesivi, stampe, magazine, fanzine, flyer promozionali), che raccontano attraverso uno sguardo retrospettivo l’opera e il pensiero di Banksy.

Il 5 ottobre 2018, Banksy compie un gesto assolutamente inatteso: l’autodistruzione di una sua opera a un’asta di Sotheby’s. Subito dopo che “Girl with red balloon” viene aggiudicata per un milione di sterline, viene triturata da un meccanismo nascosto nella cornice. Banksy ne rivendica il gesto pubblicando una foto sul suo profilo Instagram.
La mostra al Mudec – ricordiamolo – non è autorizzata dall’artista che, al contrario, in linea con la sua idea di fruizione dell’arte “no copyright”, e che espone le opere allo sguardo di tutti su Instagram, così dichiarava, sullo stesso social, in occasione di un’esposizione realizzata in Russia (@Banksy, 15 agosto): “Non mi piace far pagare il biglietto alla gente per vedere la mia arte”. Aggiungendo poi: “Ma non sono certo io quello che può lamentarsi se qualcuno pubblica qualcosa senza chiedere il permesso”. Va da sé che le opere in mostra a Milano non sono state consegnate dall’artista. Non sono state neppure asportate dai luoghi fisici, sparsi per il globo, in cui Banksy le ha fatte comparire. Giungono invece tutte da collezioni private, di provenienza certificata.
In fondo però, ci importa davvero avere un identikit di Banksy che lo schedi definitivamente? La sua immagine è pur sempre quella più vera: quella della sua arte, con tutta la sua forza dirompente, che spunta “libera” qua e là nel mondo (e su Instagram!). Che poi Banksy utilizzi strategie comunicative (social) e d’impatto (l’auto distruzione di una sua opera a un’asta di Sotheby’s), nulla toglie alla “purezza” della sua produzione, che ha sempre e comunque messaggi potenti. Perciò, se volete scoprire “chi è Banksy”, lo potete fare al MUDEC, grazie al mistero di un’artista che si rivela nelle sue opere straordinarie.
ORARI MOSTRA:
lunedì: 14.30-19.30
martedì / mercoledì / venerdì: 09.30-19.30
giovedì / sabato / domenica: 9.30-22.30
ULTIMO INGRESSO UN’ORA PRIMA
ACQUISTO BIGLIETTI:
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