Messaggi vocali: odi et amo

I messaggi vocali sono la nuova frontiera della comunicazione interpersonale. Capita spesso che a Milano – come altrove del resto – la strada, i mezzi pubblici, i locali siano il palcoscenico di monologhi più o meno articolati. C’è chi li ama. C’è chi li odia. Ecco una breve analisi per capire da che parte stare!

Odi et amo, diceva Gaio Valerio Catullo, ma certo il suo epigramma non si riferiva alla comunicazione e alla relazione contemporanea! Eppure ben si può applicare alla realtà, perché come ogni innovazione di uso quotidiano ha tanti sostenitori e altrettanti detrattori. Ho pensato di fare una piccolissima indagine personale, sia intervistando conoscenti sia scartabellando sul web, e quello che segue ne è il risultato. Voi cosa ne pensate?

Tanto rumore per comunicare

Un po’ di inquinamento acustico lo causano, diciamocelo. Come attori consumati, si vedono ognidove in città, persone che camminano con il telefono in mano tenuto a mò di vassoietto davanti alla bocca, mentre declamano versi contemporanei, cioè messaggi dalla più o meno lunga durata.

In testa alle classifiche – lo posso garantire personalmente – i giovani cinesi: abitando in zona Sarpi, li osservo per esempio nei ristoranti dove spesso, seduti al tavolo, non si parlano ma conversano per ore ognuno per conto proprio a botte di messaggi vocali al cellulare. E tale inquinamento colpisce anche il pubblico non pagante di fianco a loro, specialmente se la risposta dell’interlocutore viene ascoltata in vivavoce.

New generations e Matusa (scusate la citazione veterosessantottina)

In ogni caso una prima distinzione va fatta come sempre tra target di diversa fascia d’età: le persone più avanti negli anni credevano di aver fatto già una grande conquista imparando a digitare e a rispondere agli sms (defunti e sepolti), e oggi si trovano spiazzati a dover rincorrere le sempre galoppanti novità e quindi a dover apprendere l’uso dei diffusissimi sistemi di messaggistica (vocale e non) di Whatsapp e di vari social media. Abbiamo così stabilito che i messaggi audio sono sicuramente un territorio decisamente più frequentato dai giovani o da persone più agées ma tecnologicamente aggiornate.

La telefonata fa rima con dimenticata

Molti anni fa ci si ammazzava in famiglia, tra giovani soprattutto, per poter conquistare la cornetta telefonica, prendendo a cornate invece i fratelli, e spendersi (ma ancor più spendere) in lunghissime telefonate ad amici e innamorati (io ho conquistato record internazionali). Per un certo target, come dicevo più sopra, la telefonata oggi rappresenta un’ingombrante incombenza: molto meglio continui e alternati messaggi vocali con tutti. Eppure sul web ho letto parole molto dure per condannare questa tendenza, che si riferiscono al fatto che tali utenti diano voce a un ego smisurato e – cito testualmente – e rivelino “l’arroganza di non accettare il dialogo”.

Claustrofobici, in guardia

Sì, alcuni intervistati hanno espresso un disappunto che riassumerei in un senso di “claustrofobia”. Perché? Perché i messaggi vocali – tra l’altro molto simili ai comandi e alle comunicazioni dei walkie talkie utilizzati in missioni da militari, protezione civile eccetera – sono spesso lunghi e non permettendo una preview, costringono l’interlocutore a subire un infinito ascolto: “se salti dei pezzi potresti perderti qualcosa di importante”, ammettono alcuni, senza peraltro evitare di manifestare la loro insofferenza a riguardo.

Un vocale accorcia la vita

Molti ricorderanno il bellissimo claim di un mio collega che affermava, relativamente a uno spot molto gettonato, brillante e premiato di Telecom “Una telefonata allunga la vita”. Secondo l’opinione trovata online di alcuni genitori, in realtà i messaggi vocali accorciano la vita dei loro figli. Mi permetto di riassumere fedelmente il loro pensiero: Calcolare quanto tempo si impiega per leggere 60 chat. E quello che occorre per ascoltare 60 chat anche brevi di circa 20 sec. l’una. 20 minuti. (….) E poiché i messaggi che i ragazzi ricevono ogni giorno sono molto più di 60, fatevi due calcoli….. In conclusione tali genitori proponevano di far creare un’app che trasformasse i vocali in messaggi scritti (ESISTE! ESISTE!) così che i figli tornassero a leggere gli sgrammaticati messaggi tipo sms, che in ogni modo assorbono meno tempo della loro vita.

Pregasi notare la lunghezza dei vari messaggi audio, in particolare dell’ultimo!

Impersonale come una segreteria

In effetti per molti i messaggi audio altro non sono che una comunicazione a una segreteria telefonica 2.0. All’opposto il pensiero di una quindicenne da me intervistata che trova ogni messaggio vocale altamente personale, perché in realtà registrare la propria voce presuppone una considerevole intimità con gli interlocutori. È noto che pochi o nessuno riesca a riconoscersi veramente nella propria voce e quindi tale gesto non può prescindere da un’autentica confidenza.

 

E ora tutti i pareri positivi…

Ma perché non li hanno inventati prima?

Nel mio personale sondaggio, tanti hanno affermato che i messaggi audio rappresentino una delle più comode innovazioni di sempre in tema di comunicazione. L’utilizzo è praticissimo: basta premere l’icona del microfono con il pollice di una sola mano, poi si toglie il dito e si parla liberamente. Non servono assolutamente gli occhiali (attenti a leggere bene però il nome della rubrica, evitando di mandare messaggi ad altri utenti!!), e mentre si registra si può fare di proprio DI TUTTO con il più alto standard di praticità. Bisogna ammettere che questa verità sia innegabile e assegni molti punti a favore di chi è “pro”.

C’è chi pensa che l’itagliano ci ha guadagnato

In effetti è risaputo che la nostra lingua – e suppongo quelle di tutto il resto del mondo – non abbia tratto grandi guadagni dalle sgrammaticature applicate ai rapidi sms o comunque ai messaggi scritti. Io non potrei vivere senza ricontrollo, punteggiatura accurata eccetera, ma al contrario l’italiano usato nei messaggi brevi si è decisamente imbastardito, sdoganando enormi errori ortografici e grammaticali… altro che il compianto congiuntivo che già da molto ci ha lasciati!

E io ti ascolto quando mi pare

Si diceva prima che i messaggi più lunghi possano causare claustrofobia. Ebbene, una giovane ragazza intervistata mi ha risposto saggiamente che nessuno ti obbliga ad ascoltare il messaggio nel momento in cui ti arriva, mentre una telefonata in generale ti tocca subirla spesso in momenti non desiderati (perché se non rispondi non sei effettivamente molto gentile). E poi, i ragazzi sono molto meno rigidi di noi: l’intervistata mi diceva che tra amici ci si dice apertamente “figurati se ho intenzione di sentire quel tuo lungo messaggio”. E quindi si rimanda al mittente l’eccessiva logorrea!

Mille sfumature di tono

Il fatto che siano stati sempre molto utilizzati gli emoticon non è un caso: a fronte di freddi sms che troppo spesso non trasmettono il vero sentire di una persona in un dato momento, le faccine hanno contribuito a rendere più empatica una comunicazione. Ma mai abbastanza, diciamocelo. E sappiamo che per comunicare bene le sfumature di tono, l’espressività e l’intensità del nostro pensiero non basta uno smile: di certo un messaggio vocale permette di interpretare con maggiore coerenza quello che sentiamo. Un esempio è la differenza tra la risata di un emoticon, un “ah ah ah ah” scritto e una vera risata, anche registrata!

Un messaggio che scalda il cuore

Lo pensano in molti: un messaggio vocale ti può permettere di riascoltare la voce di una persone che ti sta a cuore, specialmente se il suo messaggio trasmette calore, affettività, pensieri positivi.

Io da che parte sto? A metà, in effetti. Mi disturbano le lunghezze, il rumore, ma apprezzo le molte libertà che questa comunicazione ci dona. E in generale, sono in favore dell’innovazione, anche se per le diverse generazioni, non è sempre scontato un aggiornamento costante. Mi garba soprattutto questo ultimo punto, quello più “umano”. Ho conservato un messaggio affettuosissimo in un vecchio cellulare, che mio padre mi aveva mandato (all’alba di quasi novant’anni era in grado di scriverli e inviarli!). Ogni tanto ricarico la batteria e lo rileggo con tenerezza infinita. Vi confesso che non mi spiacerebbe poter risentire ancora la sua voce, mentre pronuncia quelle stesse parole. Con un’intensità che mi manca, e che è bello pensare di potersi portare dentro per sempre.

 

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2 comments, add yours.

Antonino Bertolami

Sante parole, a me un po’ disturbano, ma come tutti i mezzi di comunicazione c’è a che piace e a chi no, poi dipende dal momento e dalla voglia che si ha di sentire quella persona o quel messaggio. Siamo un po’ bombardati, ma la tecnologia va avanti e non ci chiede il permesso.

    Grazie Antonino, sì la tecnologia va avanti con evidenti vantaggi, ma anche con evidente malcontento di molti, e con evidente difficoltà da parte dei cittadini meno giovani e aggiornati che non riescono a interfacciarsi con le novità. Il nostro punto di vista è espresso proprio nel post… in particolare questa modalità di relazionarsi un po’ ci sembra un passo avanti nel segno della comodità, un po’ crediamo accresca un certo modo di rinunciare a un rapporto diretto tra individui… ma facendo eco al titolo del post in latino non ci resta che concludere con “O tempora, o mores”!

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