L’altra Cremona: il Museo del Violino e le botteghe dei liutai
Oggi andiamo alla scoperta dell’anima profonda di Cremona, una città antica fondata già in epoca pre-romana su un’altura del Po (come dice lo stessa origine del nome, dal suffisso celtico CREM=altura).
Ma non è delle bellezze artistico-architettoniche della città che vi vogliamo parlare ma di una particolare sapienza, una conoscenza che viene da lontano e che inonda col suo suono l’intero centro storico. Come avete percepito stiamo parlando di un patrimonio immateriale, così come l’ha iscritto nella sua lista l’UNESCO: si tratta della scuola della liuteria cremonese. Il “Saper fare tradizionale del violino” è divenuto per la città un vero brand, un marchio di qualità costruito attraverso una scuola liutaia riconosciuta in tutto il mondo, frequentatissima anche da studenti stranieri che spesso si fermano anche dopo il diploma per aprire una delle innumerevoli botteghe che hanno animato di questa arte il centro storico (se ne contano circa 250 solamente in città!).

Una delle tante botteghe di liuteria in città (foto di Robert Ribaudo)
Questa tradizione viene da lontano, attraverso l’esempio e l’arte di maestri liutai che di generazione in generazione hanno tramandato la scuola artigiana, risalendo a ritroso così attraverso una lunga serie di antesignani, i cui padri fondatori sono riconosciuti da tutti, e dalla storia della musica, in Amati, Stradivari e Guarneri del Gesù. Qui, a Cremona, il maestro a cui tutti guardano con una reverenza quasi sacrale è naturalmente il cremonese Antonio Stradivari, connotato dalla lunga e intensa opera e che ha fatto la fortuna di questa città con il suo modo di operare maniacale: spesso è stato dipinto quasi come un alchimista intento giorno e notte al lavoro nella sua bottega.

Alessandro Rinaldi-La bottega di Antonio Stradivari-1886. Nella tela si vede il maestro nell’intento di osservare in un ampolla la vernice “magica” da passare su un violino appena terminato.
Ma questa stagione straordinaria, a cavallo tra il XVI e il XVIII sec. ha regalato alla città i natali di altri maestri della liuteria a iniziare dal capostipite Nicola Amati, già discendente da una famiglia di costruttori di strumenti musicali che ha aperto la sua bottega a innumerevoli allievi, tra cui lo stesso Stradivari e al nonno di Giuseppe Guarneri poi detto del Gesù, per la sua inconfondibile firma con la sigla IHS.
Tutta questa storia, arte e sapienza è oggi raccontata e accuratamente conservata in un museo, voluto fortemente dalla città, in occasione del riconoscimento dell’UNESCO e grazie al lascito di un fondazione voluta da un avveduto imprenditore dell’acciaio e della sua consorte – mecenati innamorati della loro citta -, Arvedi-Buschini.

Una vecchia foto che immortala il Palazzo dell’arte di Cremona, oggi Museo del Violino in Piazza Marconi
Fu in quel periodo che si scelse come sede di una serie di raccolte disseminate fino ad allora per la città, il trascurato ma centralissimo Palazzo dell’Arte, già frutto di uno di quei tipici sventramenti fascisti che ancora oggi caratterizzano molti dei tessuti di antica formazione delle nostre città. Nella centralissima Piazza Marconi si decise così di valorizzare l’opera ideata nel 1941 dall’architetto napoletano Carlo Cocchia, per volere del gerarca cremonese d’adozione Farinacci. Dopo una lunga e impegnativa ristrutturazione dei luoghi, l’edificio è tornato all’antico splendore, pensato per ospitare in maniera intelligente e performante tutta la tradizione liutaia della città.

L’affascinante struttura dell’auditorium del museo (foto di Robert Ribaudo)
Infatti la struttura museale, dotata di uno spettacolare auditorium, creato ad hoc e dalle forme voluttuose, ospita concerti ed audizioni con strumenti originali, installazioni multimediali ed un ricco corredo di documenti che consentono di realizzare un percorso suggestivo e coinvolgente dove strumenti, suoni, profumi e immagini concorrono a prendere coscienza di quale miracoloso frutto di sapienza antica si nasconda dietro la costruzione di uno strumento musicale a corda. E per capire quanta arte e conoscenza artigianale ci vuole per dare forma a un oggetto di questo tipo, già dalla scelta del materiale ligneo, abbiamo scelto per voi questa testimonianza di un giovane maestro liutaio presente a Cremona.
Gli spazi interni della struttura museale, suddivisi e pensati per esaltare la bellezza degli antichi oggetti esposti, ma anche per renderli attuali attraverso la vivacità del loro suono e dell’unicità della loro espressività timbrica, presentano una sezione dedicata ai masterpieces dei grandi maestri. Questi sono conservati dentro teche pensate per ammortizzare qualsiasi tipo di urto o scossa (anche sismica) attraverso un particolare supporto in metallo su cui è solamente appoggiata la cassa armonica, al posto del classico puntale, e mediante una serie di cavi che lo tengono sospeso, evidenziandone pregio e fragilità. Nelle sale, le pareti e le superfici di calpestio sono ignifughi, grazie a particolari rivestimenti.

Un antico esemplare della collezione protetto dalla sua teca (foto di Robert Ribaudo)

Un altro esemplare visto di lato con i suoi speciali supporti (foto di Robert Ribaudo)
Particolare menzione va posta all’ala stradivariana, con cimeli tratti dalla sua bottega e da una serie di presunti riproduzioni o ritratti, tra cui quello più attendibile risulta essere quello di Bernardino de Ho’, contemporaneo del grande liutaio e quindi presumibilmente quello che ne ha immortalato più da vicino le reali fattezze del grande maestro.

Ritratto di Stradivari di Bernardino de Ho’ (foto di Robert Ribaudo)
Interessante è anche l’enorme “nido” rivestito in legno, per l’immersive audio, dove all’interno di un fondale neutro con fenditure di luce, 25 casse permettono di godere, ponendosi nel suo centro, un suono puro e avvolgente: un esempio unico di esperienza immersiva dove per la prima volta viene posto il soggetto al centro dell’orchestra.

L’enorme nido per la realtà immersiva all’interno del museo (foto di Robert Ribaudo)
Per chi volesse effettuare la visita in questo periodo, si ha anche l’occasione unica di poter vedere esposti tutti gli esemplari che hanno partecipato alla XV edizione del Concorso Triennale, nel corso del quale vengono premiati e conservati presso gli spazi museali, i migliori strumenti a corda prodotti nell’ultimo periodo a livello mondiale. La sala assume un effetto da futuro distopico dove oggetti inanimati aspettano solo di prendere vita attraverso il tocco musicale di una mano sapiente.

Gli strumenti candidati al premio alla XV edizione del Concorso Triennale (foto di Robert Ribaudo)
Insomma, la visita alla struttura è particolarmente consigliata agli amanti delle arti, poiché qui architettura, musica, artigianato, design, arte si mescolano per provocare emozioni e sollecitare tutti i sensi, con performance anche dal vivo, dove presso l’auditorium non è raro poter ascoltare il suono degli antichi strumenti.

Un altro particolare dell’auditorium, dove l’imponenete corrimano ricorda il ricciolo di un violino (foto di Robert Ribaudo)
Allora non mi resta che augurarvi un buon ascolto e una buona visione!