La Donna dell’Anno: la violenza si può sconfiggere

Inna Modja, una donna bellissima, che mi ha incantato fin dal primo momento in cui ho avuto l’onore di incontrarla, alla Mondadori di Piazza Duomo. È stata infatti la testimonial della 20ª edizione del Premio Internazionale “la Donna dell’Anno”, che da sempre sostiene i progetti di grandi donne a difesa di altre donne. È di lei che voglio parlare, della sua vita, del suo dolore, della sua rinascita e della sua forza. E di Rosa Pepe, una delle finaliste dell’evento, una donna coraggiosa che lavora a sostegno delle donne vittime di violenza. Davanti a due donne così grandi, non si può che restare in silenzio. E ascoltare. E imparare.

INNA MODJA

 

Inna + Luca

Inna Modja è una cantante e fashion blogger nativa del Mali, che all’età di soli cinque anni è stata vittima, al pari delle sue quattro sorelle, della terribile, barbara pratica dell’infibulazione, all’oscuro dei genitori, che non sapevano dell’inumana violenza alla quale venivano sottoposte le loro bambine, quando ciò accadeva. Il padre e la madre – racconta Inna – sono da sempre stati femministi, attivisti impegnati a favore dei diritti delle donne. Eppure, un giorno, tornando a casa, hanno trovato le loro figlie mutilate, dalla mano di una donna, contro altre donne.
Una mutilazione che fa sprofondare in un baratro: la violenza lacera la carne e l’anima, distruggendo completamente la percezione della propria identità come donna.

Inna intervista 1
Inna racconta di come ha dovuto decidere: lasciarsi annullare dal dolore, oppure reagire. Ed è stata proprio l’educazione ricevuta dai genitori, che l’ha spinta a chiedersi, nonostante il dolore, che cosa potesse fare perché quello che è successo a lei e alle sue sorelle non accadesse più ad altre, e  perché la situazione delle donne, in Mali, e nel mondo, potesse migliorare.  Inna infatti ricorda una cosa importante:
“Tutte le donne, chi prima, chi poi, ovunque nel mondo, anche in paesi più avanzati per quanto riguarda i diritti delle donne, hanno sperimentato la realtà di non essere considerate uguali agli uomini, subendo ingiustizia”.
Nulla di più vero, purtroppo, visto che  la discriminazione e la violenza contro le donne colpisce ovunque,  anche nei nostri “civilissimi” paesi occidentali.
La decisione di alzarsi di nuovo in piedi e combattere – continua Inna – è avvenuta anche prima di scoprire dell’esistenza di un intervento chirurgico al quale è possibile sottoporsi per eliminare i segni esteriori della violenza subita, come la stessa Inna ha poi fatto, all’età di 22 anni: “È stata una ricostruzione fisica e mentale e mi sono detta, non sono morta”.

Inna_microfono

Le sue parole sono accompagnate dallo sguardo dei suoi occhi profondi, potenti, nei quali si riflettono ora le tempeste del dolore, ora la forza della determinazione, ora i bagliori della luce di una vita ritrovata e  alla quale non si vuole rinunciare. Con il volto che si illumina, quasi trasfigurato, Inna dice: “Ho deciso di voler essere ancora felice, di godere della vita in ogni suo istante e ho voluto ricominciare a fare della musica per me e per gli altri”. Già, la musica, la passione di Inna, che è esplosa dopo l’incontro con il musicista maliano, Salif Keita, che abitava nella stessa via dei genitori. Dopo aver letteralmente bussato alla sua porta, all’età di 15 anni, Salif l’ha incoraggiata a continuare e da allora è sbocciata Inna come artista riconosciuta, una cantante che da subito è stata definita come una vera e propria rivelazione. Giunta in Francia all’età di 18 anni, è stato un susseguirsi di album di successo: “Everyday is a new world”, “Love Revolution”, “Motel Bamako”.  Ed è anche attraverso il linguaggio universale della musica, che Inna non ha mai smesso di parlare della piaga della violenza contro le donne.

Inna e le finaliste

Inna Modja, testimonial del premio “La Donna dell’Anno”, al centro, con due delle finaliste: a sinistra Isoke Aikpitani e a destra Margherita Meira

ROSA PEPE

Rosa Pepe è un avvocato che da oltre cinque anni è a capo di Artemide, associazione che fornisce supporto legale e psicologico a donne vittima di violenza. L’associazione gestisce uno sportello antiviolenza presso il comune di Poggimarino, in provincia di Napoli e, in collaborazione con le scuole del territorio, promuove attività di sensibilizzazione sul tema. Rosa ha un’espressione sicura, propria di chi ha affrontato mille battaglie, e che non ha intenzione di piegarsi, ma di continuare a lottare, sempre, comunque.

L'avvocato Rosa Pepe

L’avvocato Rosa Pepe

Le chiedo di parlarmi di un progetto unico in Italia (è davvero l’unico di questo tipo!), che porta il nome di VIVA Bistrot. Rosa ha infatti dato vita alla cooperativa Viola, formata da professioniste e da donne vittime di violenza, unite per realizzare, proprio nel centro di Poggiomarino, un piccolo bistrot dove trascorrere i vari momenti della giornata, dalla colazione alla cena. Una possibilità concreta che permette alle donne di poter rinascere, di potersi ricostruire, di poter lavorare, e quindi di emanciparsi da quella dipendenza economica che rende le donne spesso prigioniere dei mariti aguzzini.

Rosa e io

Rosa Pepe e io

Rosa mi ha raccontato delle frequenti minacce (anche di morte) rivolte dai mariti non solo alle mogli, ma anche a lei e ai suoi familiari. Rosa non ha ceduto. Mai. Nonostante la mancanza di supporto da parte delle istituzioni, la sua battaglia è sempre andata avanti. Le chiedo come sia possibile una tale latitanza istituzionale e mi spiega che è oramai evidente che non ci sia un reale interesse politico verso il tema della violenza contro le donne. Nel nostro paese intanto, gli omicidi di donne si susseguono come un fiume di morte che non si vuole arginare. Omicidi: Rosa infatti non vuole parlare di “femminicidi”, perché sostiene che si tratti di un termine ghettizzante. Si deve invece parlare invece, anche in questo caso, di “omicidi”, perché non stiamo parlando di una sotto categoria: si uccidono persone. Quella contro le donne – prosegue – è un’ ecatombe quotidiana, una Shoà. Eppure, sembra che ci si abitui alla violenza: quando si sente al telegiornale dell’uccisione di una donna, ci si chiede spesso soltanto: “dove?”. Una semplice curiosità insomma. Non ne siamo più davvero turbati, perché ci siamo abituati. Ma non ci si può abituare!

Rosa pepe sguardo

Lascio la Mondadori, con gli sguardi di quelle donne che hanno trafitto la mia mente e il mio cuore. La loro forza  e il loro coraggio mi fanno sentire piccolo. Sono immense! Hanno saputo ribellarsi  e lottare, come titani contro i mostri della violenza che non possono e non devono vincere. Tutti dobbiamo fare qualcosa e non si tratta di uno slogan vuoto: la vita, il coraggio, il lavoro di Inna, di Rosa e di altre donne coraggiose, ci dimostrano che è possibile agire e reagire. Il  loro esempio e la loro voce non possono cadere nel vuoto.
Grazie Inna. Grazie Rosa. Di cuore.

Foto di: Fulvio Mandrini

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