Urbano Monti: un concittadino illustre nella Milano spagnola
Quando ho letto la storia di questo milanese geografo e cartografo, pressochè sconosciuto ai più, sono rimasto basito, in particolar modo per quello che sto per raccontarvi, e soprattutto per l’individuo che non ha mai preso la via del mare!
Partiamo col dirvi che siamo alla fine del XVI sec., Milano è saldamente in mano agli Spagnoli, stretta tra una crisi economica e gli strascichi della peste del 1576. Era appena morto l’arcivescovo Carlo Borromeo che aveva fatto piombare la città in un oscurantismo senza precedenti, organizzando cacce alle streghe e battute contro gli Umiliati e le eresie che arrivavano dal nord; governatore era un siciliano, quel Carlo d’Aragona Tagliavia che viene citato dal Manzoni nel Capitolo I de I promessi sposi, come autore di due “gride” con le quali si bandivano da Milano i “bravi”. Insomma in questa situazione depressiva, molti nobili preferivano passare il loro tempo lontano dalla città, curando i loro affari nelle loro ville di campagna, o chiusi negli studioli dei loro palazzi aviti.

Autoritratto di Urbano Monti, impresso sulla sua cartografia
Uno di questi è proprio Urbano Monti (o Monte), gentiluomo di nobile famiglia, che impegnava gran parte del suo tempo nella casa paterna, sita nella parrocchia di Santo Stefano in Borgogna (nella zona cioè che va da Via Cerva all’attuale Via Borgogna), a scrivere la storia della sua famiglia e della sua città. Era intento infatti a redigere una cronaca, dal 1386, anno in cui era nato il capostipite Ambrogio de Monte (nonchè l’inizio della costruzione del Duomo), al 1587, manoscritta in quattro volumi, intitolata Delle cose più notabili successe nella città di Milano.

La chiesa di S. Stefano in Borgogna (scomparsa) in Via Cerva, immortalata da Arturo Ferrari nel 1893
Per ironia della sorte in realtà la storia della sua famiglia diventa più interessante dopo la sua morte quando un altro esponente della sua famiglia, il cardinale Cesare Monti, imparentato con Federico Borromeo, diviene arcivescovo in una Milano devastata dall’altra ondata di peste, questa sì, di manzoniana memoria, quella del 1630. Viene ricordato dai posteri per la sua collezione di opere d’arte, ben 221 opere raccolte presso il Palazzo Sormani da lui acquistato ed eletto a propria residenza, e per aver contribuito a fondare presso i Barnabiti, nel 1638, le Scuole Arcimbolde di Piazza S. Alessandro, tanto che nell’arco che coronava l’ingresso lo stesso arcivescovo era fra altre raffigurazioni di Virtù.
Ma non sta nei nobili natali o nelle sue discendenze, il motivo per cui vi voglio parlare di Urbano Monti, ma per il suo apporto scientifico e per le autentiche meraviglie che apportò nel campo della cartografia moderna. Infatti pubblicò nel 1587 quella che viene considerata la più grande mappa del mondo realizzata nel sedicesimo secolo. Un planisfero composto da 60 pagine, tre metri per tre, con annesso un manuale d’istruzioni per realizzarlo. Le pagine, disegnate e acquerellate a mano, sono ricche di elementi descrittivi: uomini ma anche animali, reali e fantastici, come unicorni e grifoni. In unico documento infatti convivevano scienza, arte e storia, perfino alcuni elementi della vita quotidiana come ad esempio le abitudini specifiche delle varie regioni.

Un particolare della mappa con alcune creature
Nel 2017, uno dei pochi esemplari arrivati fino ai giorni nostri, fu comprato dal David Rumsey Map Center, la sezione che l’Università di Stanford ha dedicato alla cartografia e alle mappe. Il centro ha digitalizzato il materiale riportando l’opera ai fasti del passato e pubblicando un video di come sarebbe dovuto essere secondo i desideri del suo autore. Una copia, in realtà, è conservata anche a Milano, ma tenuta gelosamente nascosta presso l’Ambrosiana. A questo link potete trovare il video illustrativo
Monti, a differenza di molti suoi colleghi, decise infatti di riunire insieme tutte le informazioni che aveva in suo possesso, offrendo ai lettori il quadro delle fonti allora disponibili, pubblicate poi in un’opera in quattro volumi dal titolo Trattato universale. Descrittione et sito de tutta la Terra sin qui conosciuta.
Una tavola, invece, era dedicata interamente al montaggio. L’intera mappa doveva essere fissata su un pannello di legno che permettesse un movimento rotatorio su un perno centrale che doveva passare per il Polo Nord. In questo modo il fruitore avrebbe guardato l’intero pianeta dall’alto oltre ad aver davanti agli occhi la conferma della sfericità della Terra. Insomma si trattava forse della più precisa mappa esistente a Milano che riproducesse le reale definizione dei confini del Nuovo Mondo, scoperto da circa un secolo.

La prima raffigurazione del Giappone, “visto” da Urbano Monti
L’ultimo volume della sua descrizione, in particolare, contiene il racconto della spedizione arrivata dal Giappone per omaggiare il Papa, e passata anche da Milano. La prima di cui si ha traccia dello stato nipponico. Nel 1589, grazie alle informazioni raccolte, Monti pubblicò una carta geografica dal titolo Descrittione e sito del Giapone.
Nonostante il suo gran viaggiare con la fantasia e con le letture delle grandi esplorazioni, morì nell’immobilismo di una Milano divenuta una lontana provincia del Regno. Fu sepolto nel 1613, nella cappella di famiglia all’interno della chiesa di Santa Maria de’ Servi (un edificio scompaso) sul luogo dove oggi sorge San Carlo al Corso.