La jihad delle donne
Qualche tempo fa ci eravamo fatti una domanda: Dio odia le donne?
Allora questa era stata la risposta: forse no.
Donne e Islam. Siamo convinti di sapere tutto, o quanto basta per essercene fatti un’idea, che spesso coincide con l’immagine di una donna sottomessa, senza voce.
Siamo davvero sicuri che tutto si possa ridurre a questo? E se venisse proprio dal mondo musulmano la spinta a superare le secolari discriminazioni contro le donne?
Oggi vi propongo la lettura di un libro che può aprire menti e sguardo:
“La jihad delle donne“, che ci mostra la donna e l’Islam come forse non li avete mai pensati!
Luciana Capretti, giornalista (volto noto Rai) e scrittrice, ci mostra una parte del mondo femminile musulmano in Occidente, protagonista di una sfida ai pregiudizi religiosi e culturali. Donne che hanno intrapreso la loro personale jihad, per il riconoscimento di eguaglianza, giustizia, parità fra uomo e donna, in un mondo in transizione tra tradizioni e posizioni progressiste più in sintonia con la loro vita in Occidente. Con una serie di incontri, la giornalista ci accompagna alla scoperta di un Islam al femminile, fatto di donne imamah (esatto, non imam al maschile!) che guidano nella preghiera anche uomini, ma anche di teologhe, storiche e attiviste.

La giornalista e scrittrice Luciana Capretti
Perché questo libro? Luciana Capretti è consapevole – ammette – di essere entrata in un terreno minato. D’altra parte prima dell’11 settembre 2001, il mondo occidentale sapeva ben poco di Islam. Dopo le Torri Gemelle, invece, ” Ogni velo è stato guardato con sospetto, ogni barba scrutata”. Il terrore di matrice islamica ha poi colpito l’Europa: Parigi, Londra, Madrid, e una lista che purtroppo è andata via via allungandosi.
Nessun luogo è sembrato essere più davvero sicuro e l’Islam, la religione che si sta diffondendo di più al mondo, tanto che, secondo alcune ricerche, entro la fine del secolo potrebbe superare il Cristianesimo, è stata identificata, con le lenti della paura e del pregiudizio, con il terrore.
E le donne? Le donne non sono state più viste come persone, ma ridotte alle coperture del loro corpo: l’hijab, il niqab, il burqa, additate, giudicate, tutte considerate, alla meglio, vittime degli uomini, alla peggio, anche loro potenziali nemiche.

Amina Wadud, guida la preghiera a New York
Questo libro invece svela un volto diverso dell’Islam, che non è quello cupo di un volto reso invisibile da un burqa, quanto piuttosto quello di Amina Wadud, la prima imamah riconosciuta dei nostri tempi, che il 18 marzo del 2005, alla Synod House di New York, per la prima volta, ha sfidato la resistenza maschile, conducendo una salah-al-jum’ah, la preghiera del venerdì, davanti a fedeli di donne e uomini indistintamente.

Sherin Khankan, Imamah a Copenhagen
E’ il volto di Sherin Khankan, la prima imamah danese, che ha inaugurato la prima moschea d’Europa diretta da donne, ancora una volta, sia per donne, sia per uomini.
Sherin poi, ci ricorda che la battaglia per la parità di genere che lei porta avanti come credente islamica, non è solo una questione che riguarda l’Islam: “Gli uomini hanno monopolizzato l’interpretazione del Corano, ma questo non è un problema della religione islamica, la monopolizzazione maschile è un problema anche delle altre confessioni monoteiste”.

La tedesca Rabeya Müller
Questo libro è la storia di Rabeya Müller, tedesca che, alla ricerca di una religione che potesse davvero sentire giusta per lei, si è innamorata del rapporto tra Dio e uomo presente nell’Islam e che, parlando della sua scelta per l’Islam, dice: “Non la definisco una conversione perché significherebbe un totale rovesciamento dei valori, io ho cambiato prospettiva, scegliendo l’Islam”. E’ anche lei imamah, perché nell’islam liberale non importa che sia un uomo o una donna a guidare la preghiera, l’importante è avere la fiducia dei propri fedeli. E Rabeya la ha.

Edina Lekovic
O ancora sono i bellissimi occhi di Edina Lekovic, che ha condotto il suo primo sermone del venerdì nella Moschea per donne di Los Angeles, per caso, per una sostituzione. “Perché io? Mi sono chiesta, ma poi mi sono anche chiesta: e perché non io?” E da quel giorno di pioggia, davanti a 150 donne, ha avuto inizio la sua splendida avventura, o meglio dovremmo dire, ha cominciato a vivere la sua vocazione proprio come e in quanto donna.
Un libro straordinario perché è reso straordinario da donne consapevoli, forti, innamorate della propria fede. Donne e islamiche: nessuna contraddizione.
Vi auguro buona lettura, salutandovi con le parole di Amina Waud:
Ascolta il nostro canto,
e quando le parole diventano familiari,
canta con noi,
perché il nostro è stato troppo spesso il silenzio,
che ha sostenuto e nutrito lo sfondo.