Polis Aperta: diversamente uniformi!
Questa volta voglio ampliare insieme a voi un po’ lo sguardo, andando oltre i confini del nostro “Sforzesco Ducato”, per presentarvi un’associazione nazionale che in parte smonta il pregiudizio di molti che vedono in polizia e forze armate un regno incontrastato del machismo, in cui la diversità non trova, né troverà mai, un posto.
E’ davvero così?
Poco tempo fa, ho avuto il grande piacere di incontrare a Bologna Simonetta Moro, agente di polizia municipale e presidente di Polis Aperta, associazione di persone LGBT in servizio nelle forze di polizia e nelle forze armate, che lotta per combattere ogni tipo di discriminazione. Sapevate della sua esistenza? Molti forse no! Per fortuna però questa realtà esiste e penso valga proprio la pena di scoprire chi sono questi uomini e queste donne che hanno il coraggio di lottare contro la discriminazione, essendo sempre sé stessi, e mettendoci la faccia.
Conosciamoli grazie a Simonetta che ringrazio ancora di cuore per la sua disponibilità.

Simonetta Moro, Presidente di Polis Aperta
Simonetta, quando nasce Polis Aperta? Quagli gli scopi?
Polis Aperta nasce nel 2005, anno successivo alla prima conferenza europea dell’EGPA (European Lgbt Police Association), un network di Gay Police Association: alcuni colleghi italiani che avevano partecipato, furono invitati dal presidente dell’EGPA a creare una GPA anche in Italia. I colleghi non erano dichiarati e non erano attivisti, quindi i primi anni sono rimasti nascosti, limitandosi a partecipare alle iniziative all’estero della rete; solo nel 2009 è stata formalizzata a livello legale Polis Aperta come associazione di volontariato Onlus e abbiamo iniziato a rilasciare le prime interviste come omosessuali in divisa. Il nostro obiettivo principale è di lottare contro tutte le discriminazioni e in special modo contro quelle fondate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere. Poi ci prefiggiamo di affrontare, all’interno del mondo militare e delle forze di polizia, la questione sessuale in modo da creare un ambiente più sereno e più rispettoso delle persone gay e lesbiche che servono il Paese in uniforme. Vorremmo anche trasmettere alla popolazione gay e lesbica, e non solo, una diversa immagine della funzione di polizia, cioè di una polizia aperta in una società aperta.
Come è stata accolta la vostra iniziativa da parte dei colleghi e dei vertici dell’arma e della polizia?
All’inizio non c’è stata molta attenzione da parte del mondo della polizia, ce ne è stata di più da parte della comunità. Sono arrivate comunque molte manifestazioni di stima sia da parte di colleghi e colleghe, sia di attivisti lgbt; è arrivata però anche qualche nota di diffidenza, per motivi diversi, da entrambe le parti, che però è stata messa a tacere dal nostro impegno e dalla stima che ci siamo man mano conquistati con le nostre iniziative. A partire dal 2011, con la nascita ufficiale dell’OSCAD, l’Osservatorio per la Sicurezza contro gli Atti Discriminatori, un nucleo interforze della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri creato dal Capo della Polizia, abbiamo iniziato a collaborare e la nostra associazione è diventata un punto di riferimento ed è tenuta in grande considerazione a livello istituzionale. D’altro canto per noi è fondamentale il supporto dell’OSCAD in ogni nostra iniziativa per aiutarci a coinvolgere i rappresentanti delle forze dell’ordine.
Vi sono arrivate molte richieste di aiuto dopo la nascita della vostra associazione? Credi che la situazione sia migliorata nel tempo, anche grazie all’esistenza di punto di riferimento ufficiale come il vostro?
La nostra associazione non è ancora molto conosciuta ed essendo a carattere volontario non dispone di grandi mezzi per operare. Abbiamo comunque ricevuto molti contatti e pensiamo di essere un punto di riferimento importante per tanti colleghi e colleghe.

Una bellissima immagine del giorno dell’unione civile tra Gabriele Guglielmo, agente di polizia municipale e vicepresidente di Polis Aperta, con il compagno Cris. La prima unione civile in divisa.
Quali in modi con i quali vi proponete di combattere l’omofobia nell’ambito dell’arma e della polizia?
Il nostro non è un approccio vittimistico ma di messa in pratica di buone prassi mutuate dall’esperienza dei colleghi stranieri più avanti di noi; il nostro strumento principale è la visibilità, il racconto delle nostre esperienze positive di coming out, allo scopo di trasmettere dei modelli positivi che incoraggino sempre più colleghi e colleghe a sentirsi libere di parlare della propria vita anche sul lavoro, che è comunque un luogo importante di socializzazione e condivisione di esperienze. L’altro strumento è la formazione, per la quale siamo impegnati sia nell’organizzare convegni e seminari aperti alle forze dell’ordine e alla comunità lgbt, sia abbiamo tenuto veri e propri corsi di formazione specifici sul tema della prevenzione e del contrasto dei crimini d’odio contro le persone lgbt.

Gabriele e Cris il giorno della loro unione civile
In che modo le istituzioni e il legislatore potrebbero aiutare nella lotta alla discriminazione anche e in particolare nel vostro mondo? Avete avuto incontri ufficiali con le istituzioni?
Ovviamente è auspicabile che venga varata al più presto una Legge contro l’omofobia e la transfobia, in particolare sarebbe opportuna l’estensione della cosiddetta Legge Mancino ai reati d’odio basati sull’orientamento sessuale e l’identità di genere. Sarebbe poi importante cambiare i regolamenti in ambito militare e di Polizia di Stato che ancora impediscono alle persone transessuali di arruolarsi o di non essere dismesse in caso di transizione. Fondamentale è sempre poi la formazione su queste tematiche, perché molta discriminazione è involontaria e causata dalla non conoscenza. Inoltre, prese di posizioni forti da parte dei vertici nel ribadire che questo tipo di discriminazioni sono inaccettabili, sarebbe importante. Nel 2010 abbiamo incontrato l’ex capo della polizia, il Prefetto Manganelli, che ha avuto la grande sensibilità di creare l’OSCAD soprattutto per colmare il vuoto legislativo nei confronti dei crimini d’odio ai danni delle persone lgbt. Abbiamo incontrato prima anche la Pinotti, quando era capo della commissione difesa, e abbiamo ottenuto nel 2006 che almeno l’omosessualità venisse derubricata tra le “patologie” passibili di congedo in ambito militare, che ancora su carta vigeva. Abbiamo in programma un nuovo incontro con lei per la questione transessuale. Abbiamo invitato l’attuale capo della Polizia al nostro prossimo evento di ottobre. Costante è comunque la collaborazione e il confronto con l’OSCAD. Speriamo che la politica si muova presto anche su questo versante, come ha iniziato a fare su quello dei diritti positivi (unioni civili). Noi siamo ottimisti.
Per quanto ti riguarda, qual è stata la reazione nei tuoi confronti, da parte di colleghi e superiori? E’ cambiato qualcosa? E da parte dei cittadini?
Il contatto con le realtà di altri paesi, con colleghi e colleghe lgbt che erano dichiarate e serene, e supportate nelle loro attività dai loro superiori, mi è stato di grande incoraggiamento. Questi modelli mi hanno spinto ad espormi quando si è creata l’occasione, per esempio ho chiesto al mio Comandante l’autorizzazione a partecipare in divisa alle conferenze lgbt europee o a rilasciare interviste sui media, che anni fa hanno reso pubblico il mi coming out dentro e fuori al lavoro. Le reazioni sono state di grande apprezzamento e stima, sia da parte dei colleghi, sia dei superiori. Mi hanno incaricata di fare il primo corso di formazione specifica sulle tematiche lgbt per la polizia municipale di Bologna, dove appunto lavoro. La mia vita è cambiata decisamente, mi sono sentita finalmente libera di esprimermi e in più anche apprezzata per il coraggio che avevo dimostrato; tutto questo ha costituito un enorme beneficio per me. Rispetto ai cittadini, Bologna ha una popolazione abbastanza vasta e in movimento, quindi nel relazionarmi col pubblico non vengo identificata per il mio attivismo. Se però capita il discorso, non ho problemi a parlare della mia condizione.
Come sostenervi?
Per sostenerci è importante parlare di noi e aiutarci a farci conoscere, anche solo attraverso i media. Abbiamo un sito internet (polisaperta.it) e siamo presenti anche su Facebook e Twitter. Siamo disponibili a partecipare ad eventi o incontri per far conoscere la nostra esperienza. Come con qualsiasi associazione Onlus è possibile fare donazioni sia liberali, sia come 5×1000. Inoltre, è possibile iscriversi a Polis Aperta anche come civili e avere così la possibilità di seguirci più da vicino con un piccolo contributo economico annuale per la tessera.
Siete presenti anche a Milano?
Abbiamo delle persone di Milano che si sono associate ma che ancora non si sono attivate per essere un riferimento su Milano. Speriamo lo facciano presto. Iniziando a partecipare alle nostre attività molte persone sono state incoraggiate nel tempo a uscire allo scoperto, sperimentando che non c’era nulla da temere e un enorme guadagno nella qualità di vita in tutti gli ambiti.
A questo punto non mi resta che ringraziare di cuore Simonetta e Gabriele (che mi ha concesso di pubblicare le bellissime foto della sua unione civile). Grazie a Polis Aperta e a uomini e donne che con il loro impegno consentono di poter affermare che anche nell’arma nessuno deve sentirsi solo o discriminato per il proprio orientamento sessuale. Gabriele, nello spiegare il motivo per cui ha voluto indossare la divisa nel giorno della sua unione ha detto: “L’ho fatto per i miei colleghi gay, per fargli capire che non sono soli”.
E noi, nel nostro piccolo, come Milano al Quadrato, aggiungiamo che anche noi siamo e saremo sempre con loro.