Riapertura dei navigli: un tubo!
La telenovela su questo progetto, che la nuova giunta comunale si è proposo di realizzare, comincia a prendere forma. Il sindaco ha deciso da tempo di mettere il destino di questa grande infrastruttura nelle mani dei cittadini, attraverso un referendum, che da ottobre è già stato rimandato a gennaio del prossimo anno. Avevamo già espresso le nostre perplessità in un passato intrevento, ma alla luce degli ultimi risvolti emersi, le argomentazioni rimangono a tutt’oggi valide. Si! Perchè dalle ultime indiscrezioni, il percorso è ancora irto di ostacoli per la squadra di tecnici, capitanati dal prof Boatti, già assessore all’urbanistica dell’ultimo periodo della giunta Pisapia. Insomma, l’ abbattimento economico, che doveva portare la cifra stanziata dai 400 ai 200 mln di euro credo proprio che non ci sarà: oltre a un vero scoperchiamento, e per il momento previsto solo per alcuni tratti, con buona pace delle varie associazioni pro opera, ad iniziare dalla più famosa Riaprire i navigli, sarà più urgente la realizzazione di una condotta interrata che da nord dovrebbe suddividere le acque del Seveso da quelle della Martesana. Idea in sè auspicabile e davvero utile, se servisse anche a evitare disastrosi allagamenti del Municipio 9, frutto delle strozzature del fiume che un tempo riempiva il fossato intorno alle mura prima romane e poi spagnole. Ma sarà cosi?

Le due distinte opere che suddividerebbero le acque della Martesana da quelle del Seveso (infografica da Corriere.it)
Ed ecco allora che ci ritroviamo periodicamente a dover parlare del progetto per riaprire i Navigli. Il Politecnico, che stava lavorando allo studio e alla stima di un’opera tanto faraonica quanto avventurosa, ha decretato già da tempo la fattibilità! Ma alla luce di questa importante variante non si è più sicuri che il budget basterà. Mi sembra alquanto sbalorditivo, a meno che non si abbia poi in animo di lasciare i soliti strascichi di debiti in capo alle municipalizzate (cioè a noi!). Al sindaco Sala non è parso vero di poter saltare subito su una nuova macchina che possa produrre tanto onore, cariche e comitati d’affari (Expo docet!): ma forse prima di mettere in campo tanti bei sogni di gloria, dovrebbe rispondere dei guasti creati dal cantiere della costruenda M4, ai comitati di cittadini che stanno assistendo ai disagi dell’ oltremodo lunga cantierizzazione. Soprattutto vorremo che rispondesse a una domanda semplicissima: Milano ne ha devvero bisogno per una crescita che avvantaggi tutti? In realtà i milanesi si sono già espressi sfavorevolmente, se non ve ne ricordaste, con un referendum di qualche anno fa.
La darsena oggi (foto Repubblica.it)
Quanto al parere personale: lo dichiaro subito senza tanti preamboli, sono contrario! E sapete perchè? Perchè sarebbe un peccato che il risultato fosse quello della vecchia cara Darsena, totalmente snaturata: non più visibile dalla strada, con i mattoncini stile Esselunga e sede di grandi baracconate, non ultimi i cartelli luminosi che ci invitano a comunicare il nostro disgusto con un solo noto gestore telefonico! Perchè poi si sa come vanno queste cose, anche per i navigli aperti e magari anche navigabili, le spese di manutenzione le pagheremmo con i cartelli pubblicitari lungo le sponde. Comunque, basta vedere i rendering approntati subito dopo la presentazione del progetto di fattibilità, per conoscerere quale sarà la triste realtà: Disneyland!
Ricostruzuone del naviglio scoperto sul tratto di Via Francesco Sforza (da urbanfile.org)
Milano merita davvero di più; e credo che questa generazione politica non sia pronta. Meglio lasciare tutto sommerso dal tappo di cemento armato che ci mise il regime fascista, e fare riscoprire certe meraviglie agli archeologi del terzo millennio, con buona pace di tutti! Vorremmo sicuramente, una Milano più affascinante che abbia voglia di tornare alle proprie origini e propensioni naturali. Ma tutti sappiamo che stiamo parlando di una realtà legata ad atmosfere e assetti non più esistenti, e direi, improponibili.
Una vecchia foto col Naviglio di S. Marco
Anche la situazione attuale è ormai storicizzata, e lo stesso milanese è ormai “geneticamente” modificato. In primis porrei l’attenzione sui suoi comportamenti e sulle sue relazioni con l’uso dell’auto, per citarne solo uno. Il traffico automobilistico, sarebbe, gioco forza, in buona parte deviato sulla seconda cerchia e nella prima cerchia l’accesso ai carrai, delle case prospicienti, dovrebbe riguadagnare il piano o il mezzo piano perduto in occasione della copertura. Ma quello che sconcerta di più è come da 40 anni a questa parte si prefiguri l’intero sviluppo di una città (per non dire di un intero paese) sull’edilizia e sui lavori pubblici, con le mastodontiche opere che andrebbero messe in campo in questa specifica occasione: i tagli dei cementi armati, la rimozioni dei piani stradali e la messa in sicurezza di argini e balaustre. Ho il timore insomma che finito l’Expo, il solito comitato d’affari si stia riorganizzando per coagularsi intorno ad uno nuovo interesse forte e di lunga durata, fatto apparire come una vera necessità per il milanese nostalgico. Ricordiamo peraltro che sarebbe forse più urgente, in tema di investimenti, agire sulle misure per limitare le inondazione del Seveso e sulla gran parte dell’idrografia milanese strozzata da tombinature ormai fuori portata.
Questo per dire che non si è contrari tout court, perché le zone a basso traffico veicolare, come la zona di Via Conca del Naviglio (che pare essere tra le prime ad essere interessate dal cambio di carattere), andrebbero effettivamente valorizzate e rilanciate come tra gli angoli più caratteristici della città. Ma chi ci assicura che ciò che non verrà più coperto dal traffico veicolare non diverrà oggetto di dehors commerciali, con la relativa movida di cattivo gusto, come è successo in Darsena, anche con la realizzazione di quella specie di mercato coperto, in vero stile anni ’80 (del ‘900!). Allora davvero è meglio soprassedere!!
La Martesana che dopo aver percorso tutta Via Melchiorre Gioia entra in S. Marco, dalla vecchia Conca dell’Incoronata. Foto ‘anni 50
Se andiamo ad analizzare com’era quella Milano, vi renderete voi stessi conto di quale effetto di straniamento e di quale salto di scala e di realtà stiamo parlando. L’idrografia della città moderna è completamente diversa da quella storica, poiché oggi riconosciamo come vie d’acqua esistenti solo quelle che scorrono a cielo aperto, in superficie, o in qualche modo ciò di cui si ha memoria. Stiamo naturalmente parlando dell’orditura primaria di questo sistema. C’è poi una rete capillare di canali, fiumiciattoli, rogge e canali che oggi sono stati fatti confluire in fogna o canalizzati in sotterraneo, perché non più utili. Come si fa a restituire queste realtà al vecchio regime? Non certo, come dice qualcuno e l’illustre studio del Politecnico, convogliando le acque chiare nel Naviglio pulito, e le acque nere in fogna, come si fa nei nostri condomini. E’ tutto molto più complicato di così, poiche dopo decenni di deregulation non esiste un catasto aggiornato delle acque che ci indichi veramente dove si dirigono le prime e dove vengono convogliate quelle per la depurazione.
E come se non bastasse, il discusso tracciato della M4, dovrebbe passare, sulla tratta della fossa interna Francesco Sforza-Santa Sofia-De Amicis proprio accanto o sotto il Naviglio, con una talpa meccanica che sicuramente qualche danno, alla cieca, andrà a procurarlo. E così ancora prima di riaprire i Navigli, ci costringerebbe già a restaurali o a coprire le magagne delle infrastrutture del sottosuolo (percolamenti, infiltrazioni, ecc..).
Forse non si è davvero pronti, per un salto di civiltà così “alto”, lontano da scopi meno nobili dettati dal profitto per pochi!
One comment, add yours.
grey
Solito delirio di onnipotenza che vorrebbe creare dal nulla il migliore dei mondi possibili. I navigli non ci sono più, e se li si deve costruire meglio farlo all’esterno senza buttare all’aria tutto.
Ridicolo predicare la mobilità lenta con lavori di impatto non minore che l’alta velocità
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[…] la Martesana entrava a Milano, e non si interrava come avviene oggi all’altezza della fine di Via Melchiorre Gioia, rappresentava la prima sosta per chi usciva o entrava a Milano, anche perchè dotata di una famosa […]
[…] Le risposte sono nascoste in una serie di passaggi mancanti che metteranno in crisi ben presto la pianificazione del futuro della città, poiché ci sono alcuni step che non sarebbe opportuno effettuare dopo aver fatto le scelte (politiche): non si possono fare previsioni di piano, edilizie o infrastrutturali senza prima elaborare gli studi geologici, quelli sulla sismicità locale, sulla compatibilità e sulla invarianza idraulica, sulla revisione del reticolo idrografico e sul governo delle acque; soprattutto se poi si vuole annegare, in una variante generale al PGT, opere importanti e discusse come la riapertura dei Navigli che dovrebbe convogliare anche le acque del nodo idraulico (Seveso-Olona) nell’antico alveo della cerchia inter…!! […]