Velodromo Vigorelli: la materia di cui è fatto il suono di un violino!
Ci sono a Milano dei luoghi che sono sopravvissuti miracolosamente all’incuria e alla speculazione. Uno di questi posti del “cuore” è il Velodromo Maspes-Vigorelli.
A soli due passi da City Life e dalle sue svettanti torri, c’è un gioiello incastonato fra aree di città in cerca di futuro o meglio in cerca di identità dopo la perdita dell’altro famoso quadrilatero di Milano, quello della vecchia Fiera. Ma dove sta la notizia? Le news sono due: il Vigorelli è vivo e pronto a pulsare di nuovo grazie al restauro della pista (insieme agli spalti e alla palestra), effettuato con i fondi della società che ha ideato la stessa City Life. In verità, a scomputo di oneri di urbanizzazione, cioè con i soldi che avrebbe dovuto versare nelle casse del Comune, in cambio delle concessioni edilizie.

Le tribune del Vigorelli e le torri di City Life (foto di Robert Ribaudo)
La seconda, che ha dell’incredibile, ma che è realtà da pochi conosciuta, è che il Vigorelli è salvo! Vi sembrerà una non-notizia, dopo aver riportato la prima, ma è una vera battaglia vinta a colpi di carte bollate tra la Soprintendenza, che voleva salvaguardarne l’integrità e il ricordo come glorioso tempio del ciclismo su pista, e il Comune di Milano, nella persona dell’ass.re all’urbanistica Ada Lucia De Cesaris, della scorsa giunta Pisapia, a cui l’idea della tutela stava stretta. Insomma come dire che i cittadini (rappresentati da un organo Comunale), ritenendo inopportuno detenere sul proprio territorio un luogo preposto all’esercizio di nobili pratiche ciclistiche e al ricordo di storiche imprese internazionali (non ultime il record dell’ora su pista di Moser o di grandi campioni come Roger Riviere) si scagliassero non uno, ma due volte (essendo ricorsi al Tar) contro il massimo ente di tutela (o di auto-tutela in questo caso), per poter procedere alla distruzioni della loro memoria.

Un pannello che immortala le gesta di Rogere riviere al Vigorelli (fotografato da Robert Ribaudo, per gentile concessione del sig. Masi dell’omonima ciclo-officina)
La vicenda, voi capite, non solo ha dei risvolti assurdi, ma addirittura sprofonda la fausta conclusione in uno spreco di denaro pubblico (poiché gli iter burocratici e le pratiche giudiziarie hanno un costo). Ma scampato il più nefasto pericolo, che in sintesi doveva ridurre il Vigorelli, in un mero centro sportivo o polisportivo, gestito da privati, con la distruzione della pista in legno, la redazione di Milano al Quadrato è stata invitata a vedere come procede l’avanzamento dei lavori e a scoprire un angolo dimenticato di Milano.

Targa commemorativa all’interno del Vigorelli (fotografia di Robert Ribaudo)
Al nostro ingresso, ci si apre subito un vestibolo come quelli da cui i gladiatori si riversavano nell’arena, dove già aleggia un’aura da mitologia: targhe affisse ai muri ci ricordano che qui si assistette a furiose battaglie a colpi di cronometro, a epiche imprese e ad un unico e indimenticabile concerto dei Beatles.

Targa commemorativa all’interno del Vigorelli (fotografia di Robert Ribaudo)
Se solo questo non dovesse bastare per salvaguardare l’integrità di alcuni momenti della più recente storia della nostra città, dopo l’ingresso nel catino ligneo, ci vengono in aiuto le parole dei giudici del Tar che hanno fatto trionfare l’interesse legittimo del cittadino milanese di ogni età ed epoca: «Appare fuori discussione l’importanza del Velodromo nella storia del ciclismo in Italia, oltre che la popolarità di tale sport nel nostro Paese (forse secondo solo al calcio), tanto è vero che il ciclismo ha interessato non solo numerosissimi tifosi, ma ha attirato l’attenzione di importati esponenti del mondo della cultura e della letteratura (si pensi ad esempio a Dino Buzzati o a Gianni Brera)».

Il campo di football americano all’interno del Vigorelli (foto di Robert Ribaudo)
Il momento è apparso solenne poiché, addentrandoci al centro del prato (dove da anni si svolgono incontri di football americano), il tempo si ferma e i rumori della città si sentono in lontananza, ovattati, per il fatto che l’intera struttura si trovi al di sotto della quota stradale. Sì, perché la costruzione razionalista esterna, in cui ieri come oggi sono ospitati gli spalti, fatta costruire dal regime nel lontano 1934, doveva ospitare una pista provvisoria – retta da arcarecci e strutture lignee – incastrata, qualche anno prima, nello stadio Flaminio a Roma.

La struttura razionalista esterna, ripresa dall’ingresso principale (foto di Robert Ribaudo)
Solo successivamente fu incastonata a forza nel catino milanese, dopo l’acquisto da parte del Comune di Milano. Ma si sa come vanno queste cose e non tutte le ciambelle riescono col buco: smontare e rimontare il fasciame ligneo della grande nave (poiché questo sembra dall’interno delle sue stive) da un luogo ad un più remoto “bacino d’ancoraggio” creò alla pista qualche scompenso che ne fece poi anche la sua particolare caratteristica.

Uno sportello nei sotterranei del velodromo spalanca lo sguardo nella struttura lignea che sorregge il facsiame della pista (foto di Robert Ribaudo)
Si segò così letteralmente una sezione della parabolica (un vero e proprio muro per chi l’osserva dall’anello intorno al campo in erba) che creò quel mitico cambio di quota che costringeva gli sprinter a massimizzare gli sforzi per rimanere sull’apice della pista (quasi a perpendicolo), avvantaggiandosi così di una velocità quasi innaturale, garantendo tempi ineguagliabili nei giri di pista di altre strutture dedicate al ciclismo.

La parabolica del Vigorelli (foto di Robert Ribaudo)
Ecco perché chi voleva tentare imprese leggendarie doveva servirsi di questo Velodromo o non di altri luoghi, venendo qui a soffrire e ad allenarsi per poi gareggiare in piste ad alta quota, dove si sarebbe stati in riserva d’ossigeno! Ed ecco perché i giudici del Tar, nella loro ormai famosa sentenza, hanno capito quanto era importante conservare «l’elemento materiale caratterizzante l’impianto, vale a dire la più volte richiamata pista in legno».“ . Oggi quella pista è stata restaurata, riposizionando listelli in legno di abete rosso della Val di Fiemme e chi ci corre sopra la fa suonare come un violino!

Particolare della pista (foto di Robert Ribaudo)
Si potrebbero raccontare altre migliaia di aneddoti intorno a questo giro di pista, ma noi lasciamo ai nostri lettori il piacere della ricerca e della visita, magari in occasione della prossima apertura, attendendo che il Comune perfezioni la gara per far gestire l’impianto al meglio. Voglio chiudere solo ricordando che nella palestra sottostante furono girate le scene degli incontri di pugilato di Rocco e i suoi fratelli e che lungo l’anello esterno è sopravvissuta una storica bottega di cicli, l’officina Masi, che ha assistito dal 1949 alla vita e alla lenta agonia del Vigorelli, soprattutto dopo il collasso della copertura conseguente alla nevicata dell’85.

La linea di traguardo: 397, 76 m. di pista alle spalle (foto di Robert Ribaudo)
Finiamo col ringraziare il Comitato Velodromo Vigorelli che ha organizzato questa come altre visite speciali e che, soprattutto, si è adoperato per salvare e far rivivere la pista, aprendola agli amatori.
One comment, add yours.
marco freschi
il ricordo storico cede alla razionalità di un impianto che, di fatto, è morto. Non si possono organizzare gare internazionali perché la pista non è più a norma del comitato internazionale, non si può neanche pensare di tutelare seriamente la pista attuale: la pioggia non scende sempre in verticale perfetta…… L’aver rinunciato al progetto che vinse il concorso internazionale per futili motivi vuol dire aver condannato il Vigorelli all’oblio. Mentre dovrebbe essere centro di attenzione ed in grado di ospitare iniziative sportive e non in totale sicurezza, cosa che ora non avviene. E se considerate che potrebbe essere una perla nel centro di Milano, quanto potrebbe rendere? E magari i proventi potrebbero essere devoluti allo sport milanese….. Utopia.