Fatebenefratelli: una storia secolare e un tesoro nascosto
Storia, bellezza, malattia, pazzia, fede e splendidi tesori nascosti mai mostrati agli occhi del pubblico!
Tutto questo in un viaggio nel tempo che è stato possibile grazie all’apertura della sede della Direzione Generale del Fatebenefratelli-Sacco e della sua quadreria, durante le giornate di primavera del FAI appena trascorse (25 e 26 marzo), in collaborazione con il Centro Psico Sociale dell’Ospedale, del quale avevamo già parlato quando vi avevo descritto Milano come…una città per pazzi!
FATEBENEFRATELLI…OPPURE NO?
L’attuale sede della Direzione Generale si trova in corso di Porta Nuova presso un elegante edificio in stile neoclassico costruito nel 1836 su progetto dell’architetto Giulio Aluisetti, in un periodo – quello a cavallo tra XVIII e XIX secolo – in cui a Milano si assiste a grandi interventi urbanistici: vengono costruiti la Villa Beljoioso Bonaparte e i giardini pubblici, l’Arena Civica (1806) e l’Arco della Pace (1807).

Il Palazzo Neoclassico dell’Aluisetti – stampa ottocentesca
Ma torniamo all’edificio dell’Aluisetti.
Alzando gli occhi verso la parte alta della costruzione, campeggia una scritta:
“OSPITALE FATEBENE SORELLE”.
Ma non avevamo appena parlato di “Fratelli”? Qualcosa non quadra?
O forse la storia è molto più lunga e complessa di quello che ci possiamo immaginare!
Per capire meglio dobbiamo fare un salto indietro di qualche secolo.
IL “FOLLE” DAI MILLE VOLTI
I “Fatebenfratelli” vengono fondati dal portoghese Juan Ciudad (meglio conosciuto come Giovanni di Dio), un uomo dalla vita in costante metamorfosi: è stato allevatore, soldato e anche libraio! Finché, a seguito di una crisi religiosa che lo ha portato a bruciare i suoi stessi libri, a gridare e a rotolarsi per le strade, viene considerato pazzo e quindi rinchiuso in un ospedale, con cure che, a quel tempo (ricordiamoci che siamo nel ‘500), alla meglio potevano consistere in frustate ben assestate!
Uscito da quel luogo di “cura”, decide di dedicarsi anima e corpo ai malati e ben presto alcuni seguaci si uniscono a lui nella sua opera: nasce così l’Ordine ospedaliero di San Giovanni di Dio, i cui membri vengono presto definiti popolarmente “Fatebenefratelli”, dal modo originale con cui Giovanni chiedeva la carità ai passanti: “Fate del bene a voi stessi! Fate bene, fratelli!”

Giovanni di Dio sostiene un malato
MILANO: UNA STORIA LUNGA SECOLI
Torniamo a Milano, anno 1584: il Cardinale Carlo Borromeo, da sempre particolarmente attento ai malati, decide di costruire in città un ospedale destinato ai convalescenti (esclusivamente di sesso maschile), che viene però fondato solo dopo la sua morte avvenuta nel 1588 e affidato proprio alla recente congregazione dei Frati Ospedalieri di San Giovanni di Dio. Questa prima sede però, non l’avremmo trovata nell’area del palazzo neoclassico da cui ha avuto inizio il nostro viaggio, bensì, un poco più in là, all’angolo tra l’attuale Corso di Porta Nuova e via Fatebenefratelli, affiancata dalla Chiesa di Santa Maria Aracoeli.

La Chiesa di Santa Maria Aracoeli, abbattuta nel 1937
Un altro salto nel tempo. Siamo ai primi dell’ottocento e la monaca Giovanna Lomeni è costretta a lasciare il suo convento a causa delle leggi napoleoniche che portano alla chiusura di molti istituti religiosi. Nasce in lei il desiderio di realizzare un ospedale per convalescenti donne, al pari di quanto i Fatebenefratelli avevano fatto per gli uomini: nel 1823, grazie all’aiuto della contessa Laura Visconti Ciceri, viene aperto il primo nucleo del Fatebenesorelle, la cui prima sede trova collocazione presso l’antico convento dei padri riformati di Sant’Ambrogio ad Nemus nel Borgo degli Ortolani, che si sviluppava lungo l’attuale via Canonica e via Piero della Francesca che ne è il suo naturale odierno prolungamento.
Alla morte dell’ex suora, la contessa le subentra nella direzione e da subito ricerca una nuova sede per l’ospedale femminile, che sia più grande, più centrale e all’interno delle mura. Nel 1836 viene finalmente fondata la seconda e nuova sede del Fatebenesorelle e si tratta proprio del palazzo dell’Aluisetti da cui abbiamo iniziato il nostro peregrinare attraverso i secoli!
Infine nel 1937 l’antica sede dei Fatebenefratelli e l’adiacente chiesa di Santa Maria Aracoeli vengono abbattute. La sede dell’ospedale maschile viene trasferita e unificata alla nuova sede del Fatebenesorelle. Il mistero dell’iscrizione è risolto!
UNO SCRIGNO D’ARTE
Fin qui la storia, conosciuta da pochi.
Grazie al FAI e al Centro Psico Sociale però, è stato rivelato al pubblico un vero e proprio tesoro d’arte! Si tratta di un cospicuo numero di dipinti, provenienti in parte da Santa Maria Aracoeli, in parte dall’ex Fatebenefratelli.
I quadri, molti di grande pregio, sono sono sopravvissuti ai bombardamenti della seconda guerra mondiale, alle alienazioni, e purtroppo anche a un furto avvenuto nel 2004.

La galleria della corsia nord
La galleria della corsia nord, di grande impatto scenografico, è scampata ai pesanti bombardamenti del 1944 e la vediamo esattamente così come è stata costruita, con tanto di ballatoio da cui le suore si sporgevano per sorvegliare le convalescenti. Si tratta di un grande esempio di come gli ospedali si fossero evoluti a partire dalla fine del ‘700: in ambienti come questo i malati potevano godere di molta luce rispetto al buio dei nosocomi di età anteriore e va inoltre detto che questo è stato il primo edificio in Italia ad essere costruito con un sistema di riscaldamento moderno con caldaia, tubi e caloriferi.
Tra i moltissimi quadri di questo meraviglioso spazio, vorrei soffermarmi in particolare su un Cristo deposto, risalente al primo o secondo decennio del 1600, di autore ignoto, in cui si vede un macchinoso e originale gioco di scale che sorregge il corpo di Gesù, di cui è difficile individuare riferimenti o paralleli. Si tratta di qualcosa di davvero unico!
Il dipinto è espressione di una concezione religiosa austera tipica della fase post conciliare, ben lontana dal trionfo di colore e di nudo che avremmo visto un secolo prima con Michelangelo, ma che nella rappresentazione del corpo di Cristo, concede qui ancora molto spazio ad un’analisi minuziosa dell’anatomia, pur con la pudica attenzione nel coprire le parti intime, come voluto dai dettami post-conciliari: non dimentichiamoci che gli stessi nudi del Buonarroti, di età precedente, hanno dovuto subire in seguito la vestizione con vereconde mutande!
Passando dalla Galleria attraverso un corridoio, ci imbattiamo in un’altra infinità di quadri, tra cui un bellissimo Buon Samaritano, dipinto da Camillo Procaccini, lo stesso autore delle ante dell’organo del Duomo di Milano.

Il Buon Samaritano di Camillo Procaccini
Proseguento alla volta della Sala del Consiglio dell’Ospedale, ritroviamo il dipinto più antico dell’intera quadreria: La Pala dell’Aracoeli, proveniente dall’omonima chiesa di cui abbiamo già parlato.
In basso a sinistra si vede l’imperatore Ottaviano Augusto, al quale, secondo una leggenda di età cristiana, la Sibilla avrebbe predetto che sarebbe disceso dal cielo un re che avrebbe governato per secoli e giudicato il mondo. Nel viso dell’imperatore romano poi,
i contemporanei avrebbero potuto vedere quello del loro stesso imperatore: il volto rappresentato è infatti quello dell’imperatore Carlo V. Una pala di potere insomma, che richiedeva al fedele di piegarsi non solo dinanzi al potere spirituale, ma anche a quello politico.
L’INCONSOLABILE VEDOVA!
Davvero troppi i capolavori racchiusi in questo luogo. Vorrei però soffermarmi su un’ultima opera: il ritratto di Anna Cecilia Visconti del 1672, dipinto dal grande pittore lombardo Ceresa, specializzato nella ritrattistica e nell’arte sacra. La bella Anna era rimasta vedova molto presto ed è raffigurata in ricche vesti e adorna di perle: queste ultime dovevano rappresentare le lacrime della vedova, o almeno così si pensava! Nonostante il cagnolino al suo fianco, a rappresentare la fedeltà della donna, a me piace pensare che non sia rimasta inconsolabile per lungo tempo!
E forse non a torto, visto che la fanciulla non indossa abiti vedovili, ma vesti ricche e sfarzose qui dipinte con colori estremamente vivi (alla veneziana).
Spesso oggi ci capita di sorridere nel vedere cani vestiti e agghindati di tutto punto con cappottini o mise confezionate ad hoc: come vediamo da questo splendido dipinto, non si tratta di una consuetudine solo moderna! Il cagnolino amato è adornato con eleganti fiocchi alle orecchie così da non sfigurare di fronte all’eleganza dell’affascinante padrona!

Anna Cecilia Visconti
Insomma, grazie al FAI e al Centro Psico Sociale del Fatebenefratelli, abbiamo avuto modo di conoscere un altro pezzo di storia della nostra città e di venire a conoscenza di opere mai viste prima.
L’arte è immortale! O almeno così ci piace pensare. Per molte opere non potrà però essere così a lungo, se non ce ne prendiamo cura, prima di tutto materialmente! Per questo, per chi volesse, ricordo che è sempre possibile iscriversi e sostenere il FAI (http://sostienici.fondoambiente.it/).
Facciamo in modo di non perdere la nostra storia e di assicurare davvero all’immortalità la bellezza dell’arte!