«Il viaggio è fatale al pregiudizio, al bigottismo e alla ristrettezza mentale, e molti di noi ne hanno estremamente bisogno proprio per questo motivo. Le vedute ampie, sane e buone non possono essere acquisite vegetando tutta la vita in un piccolo angolo di Terra». Ecco, se dovessi descrivermi con una frase, sceglierei queste parole di Mark Twain. Viaggiare, per me, è essenziale. Come lo è respirare, mangiare, dormire. Pare ci sia una vera e propria sindrome, una “malattia del viaggio”. Si chiama Sindrome di Wonderlust, e ne è affetto chiunque non sia capace di stare fermo in un qui e ora. Chi ha il desiderio irrefrenabile di partire, di esplorare il mondo. Chi controlla ossessivamente i prezzi dei voli, chi ha sempre la valigia pronta. Sembra che, tutto questo, sia scritto nel nostro DNA. Più precisamente, nel recettore DRD4-7R, responsabile dell’amore per tutto ciò che è “esotico” e sconosciuto. Il 20% della popolazione ce l’ha. E io, di quel 20%, faccio parte.
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