Un pezzo di Milano, in Svizzera: l’esempio di Simone Orelli, di Gian Galeazzo Visconti e dei fratelli Ciani.
Ci fu un tempo in cui il Ducato di Milano si estendeva fino in Svizzera, ma non solo fino al Canton Ticino, come molti di noi pensano, ma ben più su, coprendo un’area vastissima che dai Grigioni, arrivava a Cantoni interni come quelli odierni di Uri e Berna, fino all’intero Vallese.
In realtà le radici storiche sono profondissime, ancor più antiche della nascita del Ducato e già nel XIII sec., quando a Milano infuriavano le aspre lotte tra i Torriani e i Visconti per il predomino sui territori ambrosiani, tutta la Svizzera del Sud era integralmente parte dei territori comaschi e quindi della Lombardia. Vari personaggi provenienti da quelle terre erano parte integrante della più influente nobiltà di Milano.
Uno dei più noti era ad esempio tale Simone Orelli, noto anche come Simone da Locarno. Partecipò alle più importanti imprese militari determinanti nelle lotte, prima citate, ai tempi del libero Comune di Milano e anche di Como, nel XIII sec.. Divenne famoso per le grandi capacità tattiche e soprattutto per il carattere indomito, leggendario già da vivo. Vicino alla fazione gravitante intorno alla famiglia Visconti, ne favorì il sorgere della nuova Signoria. Questi si era già distinto sulla scena politico-militare, attorno al 1240, quando rettore del Capitolo Milanese, a Biasca insieme col fratello (o il padre?) Enrico, organizza la reazione contro l’imperatore tedesco Federico II, che vuole mettere fine all’indipendenza delle realtà comunali dell’Italia settentrionale: nel 1242 infatti Bellinzona, che era stata occupata dalle truppe tedesche, viene liberata da truppe antimperiali capitanate proprio da Simone.

Ancora oggi molti stemmi di città Ticinesi, come per il comune di Biasca (qui riprodotto), o Bellinzona, riportano l’arme viscontea con biscione e aquila imperiale del Ducato.
Dopo l’occupazione da parte di Milano delle terre sotto il Monte Ceneri ed i valichi limitrofi, di influenza comasca e filo-imperiale, la guerra che ne deriva vede di nuovo distinguersi Simone: a Gorgonzola riesce a bloccare truppe dirette contro Milano e, secondo quanto riporta lo storico Giulini, a catturare persino il figlio dell’imperatore Federico II, Re Enzo. Tale impresa viene premiata, a conclusione (momentanea) della guerra tra Como e Milano, nel 1249: il trattato di pace riconosce a Como la signoria su Bellinzona e Locarno ma agli Orelli viene riconosciuta la rettoria delle Tre valli ambrosiane di diretta proprietà del Capitolo Ambrosiano, sin dal X sec..
La situazione, dopo un periodo di apparente calma precipita quando scoppia a Milano la questione del soglio arcivescovile: i Torriani, che ormai hanno occupato tutte le cariche più importanti della città del Nord Italia, pretendono che anche la carica di Arcivescovo di Milano sia coperta da un loro parente (Raimondo Della Torre, già vescovo di Como); mentre il Papa, in oltraggio alla nuova politica filoimperiale dei Torriani, nomina Arcivescovo Ottone Visconti. I Torriani reagiscono, impedendo di fatto a Ottone di insediarsi sulla cattedra milanese ed è, nuovamente, la guerra civile. Gli scontri raggiungono naturalmente anche i possedimenti dell’Arcivescovado nei territori ticinesi ed è proprio in quest’occasione che Simone viene fatto prigioniero, sul Lago di Lugano, nel 1265. Per lui inizia un incubo che durerà anni e anni di umiliazioni e privazioni: si dice che i Torriani l’avessero appeso in una gabbia sospesa alle mura del Broletto di Milano, esposto al pubblico ludibrio, quotidianamente, per dodici anni, e che, dal canto suo, Simone resistesse con una forza d’animo eccezionale agli insulti e alle prove fisiche.

Il carcere all’aperto con la gabbia, simile a quella dove doveva essere rinchiuso Simone Orelli (foto del carcere di Mantova di Luigi Strano)
Non si capisce come l’uomo abbia potuto sopravvivere così tanto tempo in quelle condizioni, tanto da ipotizzare che la vicenda sia legata ad un corpus di leggende sorte attorno al condottiero; ma pare certo che la prigionia non minò lo spirito battagliero dell’uomo soprattutto dopo il suo rilascio, in seguito ad uno scambio di prigionieri, in cui era compreso certo Accursio Cotica, notabile milanese, uomo evidentemente molto importante per il regime dei Torriani. Probabilmente fu grazie al suo consiglio che l’offensiva viscontea, si spostò più a Nord, nel tentativo di forzare i confini settentrionali del Contado di Milano: la Battaglia di Germignaga rappresenta la prima tappa (fallimentare) dell’impresa, culminata poi nella fortunata Battaglia di Desio, che solo nel 1277, risolse definitivamente l’annosa questione del conflitto tra Visconti e Torriani a favore dei primi. A quel punto i Torriani sconfitti e cacciati da Milano, ripararono proprio nei confini più a nord, nel Mendrisiotto e nel “Malcantone”, lascandosi dietro di sé un’ondata di morte e distruzione che non risparmiò, oltre ai loro possedimenti cittadini, nemmeno l’allora ancora fiorente città, di origine romana, Castelseprio (VA).

Affresco nella rocca di Angera- Particolare con la battaglia di Desio
Così la Lombardia e i Visconti intrecciano indissolubilmente i loro destini e tra la fine del Trecento e i primi anni del Quattrocento, gli enormi possedimenti del biscione, sotto Gian Galeazzo raggiungono la massima espansione territoriale. È il più grande e potente stato dell’Italia di allora, e per la prima volta numerose città e borghi sono aggregati sotto una sola signoria. Il dominio dei Visconti va dal Canton Ticino alle Marche, e si spinge fin sotto le mura di Firenze! Suoi sono in Svizzera anche la parte dei Grigioni di lingua italiana (Val Mesolcina, Val Bregaglia, Val Poschiavo e Val Calanca). Nel 1395, Gian Galeazzo Visconti ottenne l’investitura imperiale con titolo ducale su Milano sancendo definitivamente la sua signoria anche il potere acquisito dalla sua famiglia in oltre cent’anni. Si dice che i territori soggetti al suo dominio fruttassero a Gian Galeazzo in un anno – oltre la rendita ordinaria di 1.200.000 fiorini d’oro – altri 800.000 di sussidi straordinari. Mezzi straordinari che fecero pensare anche ad un’impresa come quella del Duomo (già dal 1386!)

L’espansione dei Visconti tra il XIII e il XV sec., in particolare si fissi l’attenzione sui possedimenti di Gian Galeazzo. (immagine Skiragrandimostre.it)
Dopo l’inaspettata morte del primo duca (3 settembre 1402), si assistette allo smembramento della compagine statale viscontea e anche alla perdita di importanti roccaforti in territorio svizzero. Nel 1403 si ha primo atto di dedizione della Leventina a Uri e Sottoselva. Nel 1419 i Sacco cedono Bellinzona ai tre cantoni. Bisognerà così aspettare la successione del terzo duca Filippo Maria, dopo accanite lotte, per reiniziare un processo lento e complesso di recupero dei territori già sottoposti al dominio paterno, che raggiunse l’apice nel 1422. In quell’anno si assiste peraltro alla battaglia di Arbedo, con cui l’esercito del Ducato di Milano, guidato dal Conte di Carmagnola, sconfigge l’esercito svizzero, così riconquistando i possedimenti elvetici del versante padano delle Alpi.

Stampa che immortala le guarnigione di alcuni cantoni svizzer schierate contro le truppe viscontee, durante la battaglia di Arbedo.
Ma nonostante la memorabile vittoria quest’amena porzione della Lombardia incuneata nelle Prealpi lombarde e gravitante attorno al lago di Lugano, dopo la morte dell’ultimo Visconti, avvenuta nel 1447, risulto fatua. Infatti, nonostante un’ inutile quanto eroica resistenza dei valorosi valligiani abbandonati alla loro sorte, a seguito della battaglia di Giornico, vinta dagli Svizzeri nel 1478, dopo esser calati a sorpresa nelle valli, questo angolo di Lombardia soffrì, per rappresaglia, lunghe pene, ridotto allo stato di schiavitù feudale senza diritti, almeno fino al periodo Napoleonico (per ben più di trecento anni!). Tra il 1496 e il 1521 la Svizzera riacquista gli territori ducali che oggi ne segnano i confini.
Sul castello visconteo di Lugano raso al suolo nel 1512 da parte degli svizzeri, fu costruita la villa Ciani, oggi adibita a Museo e parco pubblico con vista panoramica sul lago. Per ironia della sorte il terreno e il primo nucleo della costruzione, che conosciamo oggi, fu acquistata e ristrutturata nel 1840 dai ricchi fratelli ticinesi Filippo e Giacomo Ciani, benemeriti del Risorgimento e filantropi, i quali l’adibirono a punto d’incontro fra i patrioti italiani rifugiati in Svizzera e i ticinesi ansiosi di partecipare alle azioni attive nella penisola, molte delle quali architettate proprio su loro iniziativa.

Hayez- Gli apostoli Giacomo e Filippo in viaggio per le loro predicazioni, in realtà fratelli Ciani, costretti all’esilio
Non a caso furono ritratti dal pittore patriota veneziano Francesco Hayez nelle vesti degli apostoli Giacomo e Filippo avvolti in una veste Tricolore. Il padre, banchiere originario della Val di Blenio, che aveva fatto fortuna a Milano, era stato uno dei patrocinatori della riunione del Ticino all’Italia, durante il periodo napoleonico.
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