Varese orgogliosa e la memoria di Orlando

Varese, sabato 18 giugno 2016. E’ una data importante: in città si svolge il primo Gay Pride nella storia della città. Io a Varese ci sono nato, ci sono cresciuto, e la conosco bene. Ho sempre provato per questo luogo un sentimento di amore unito a un desiderio di fuga. E’ la “Città Giardino”, sovrastata dal verde del Campo dei Fiori e da quel piccolo gioiello, patrimonio UNESCO, che è il Sacro Monte.  Allo stesso tempo però, è da sempre una città conservatrice, a volte resistente all’apertura, un ambiente che può essere difficile per un gay che voglia vivere apertamente per quello che è. Per lo meno, per molto tempo, è stato così. Forse, finalmente, le cose stanno cambiando, e anche a Varese stanno sbocciando i primi fiori colorati dei diritti.
Il Comune non ha concesso il suo patrocinio alla manifestazione. Lo hanno fatto invece la Provincia, l’Università dell’Insubria e il Consolato Generale degli Stati Uniti di Milano.

Inizio Pride

Il corteo parte da Piazza Cacciatori delle Alpi, di fronte all’austero tribunale dalla tipica architettura fascista, che ben presto si riempie di centinaia di persone: visi sorridenti di giovani, meno giovani, gay ed etero, adulti e anche tanti bambini. Il percorso avrebbe dovuto attraversare il centralissimo corso Matteotti ma, solo con l’anticipo di una manciata di giorni, la Questura ha ottenuto di modificare il tragitto della parata. Motivazione? Il giorno dopo, domenica 19 giugno, a Varese ci sono i ballottaggi e si vuole evitare che il corteo transiti di fronte alle sedi dei partiti politici. Mi chiedo però come mai questa “prudente delicatezza” verso le sedi di partito sia sorta proprio alla vigilia della manifestazione, dopo che il percorso era stato già approvato con la concessione di tutte le autorizzazioni necessarie! Nonostante questi piccoli intoppi della vigilia, il gioioso fiume di persone, guidato dalla musica di un carro che ne apre la strada, attraversa comunque il centro della città, fino ad arrivare al cuore di Varese: Piazza Monte Grappa.

La Pride Parade attraversa il centro di Varese

La Pride Parade attraversa il centro di Varese

Ai piedi dell’imponente torre littoria vi è un palco con tanti palloncini rainbow destinato agli interventi che costituiscono il culmine di questa giornata.

Il Pride varesino – importante ricordarlo – è dedicato alle vittime della recente tragedia di Orlando e un flash mob silenzioso traccia ora un legame di solidarietà tra la città bosina e la Florida così barbaramente colpita. Mi ha sconvolto come, a differenza che in occasione di altre casi drammatici, in cui le vittime sono state sempre ricordate, anche a livello istituzionale, queste vittime di odio e di violenza siano state invece abbandonate al silenzio, non dico tanto da parte dei canali di comunicazione, quanto piuttosto da parte delle istituzioni. Non ho visto, per esempio, striscioni appesi ai balconi dei comuni o minuti simbolici di silenzio in qualche sede della nostra politica nazionale…nulla.

A Milano, lo scorso 13 giugno, è stato direttamente lo stesso Consolato Generale U.S., insieme ad Arcigay, ad organizzare una veglia in memoria delle vittime. Io ero presente quando sulle note di “Amazing Grace” e “We Shall Ovecome”, decine di candele sono state accese e deposte davanti a un mazzo di fiori poggiati su una bandiera arcobaleno. Tutto ciò all’ombra di altre due bandiere: una seconda rainbow e quella a stelle e strice, entrambe a mezz’asta, a lutto.

Un momento della veglia del 13 giugno

Un momento della veglia del 13 giugno

Di fronte a questo silenzio istituzionale, trovo importante questo gesto di vicinanza che la comunità LGBT fa partire anche da Varese, nella sua prima giornata di orgoglio in questa città. Sul palco prende poi la parola Giovanni Boschini, presidente di Arcigay Varese. Per molti anni l’associazione non ha avuto una sua rappresentanza in città, ma ora c’è e – come dice lo stesso Giovanni – vi potranno essere tentativi di deviare i percorsi delle parate, di oscuramento, ma loro ci sono, e ci saranno sempre!
Dopo di lui, interviene Rami Shakra, Vice Console US.

Rami e Famiglia

Rami Shakra (a destra) con il marito Patrik Wingate (a sinistra) e i loro due figli, Canaan e Maya

Ho avuto la possibilità di poter incontrare Rami già un paio di settimane prima, in occasione di un’intervista che gli avevo richiesto per parlare dell’impegno del Consolato Americano a favore dei diritti civili. Disponibile e cordiale, mi è sembrato come se ci conoscessimo da tempo. Mi ha raccontato della sua bellissima famiglia: è infatti sposato con il Chief Consul Patrick Wingate e hanno due splendidi figli, Canaan e Maya.
Rami ha sottolineato come il sostegno ai diritti delle persone LGBT sia un impegno centrale per l’amministrazione americana, in patria, e  ovunque nel mondo. Viste le presidenziali in corso, non ho perso occasione di chiedere se con un’eventuale vittoria di Donald Trump (definirlo conservatore è poco!), le cose sarebbero potute cambiare, con un affievolirsi dell’impegno americano a sostegno dei diritti arcobaleno o, peggio ancora, con la possibilità una modifica di quanto ad oggi stabilito per legge in merito ai diritti  per le coppie dello stesso sesso. Rami, già in quell’occasione, mi ha rassicurato. Come molti sanno, la Corte Suprema americana ha di recente definito il matrimonio tra persone dello stesso sesso come un diritto costituzionale: questo significa che i matrimoni gay devono essere garantiti  e riconosciuti in tutti e 50 gli stati della federazione degli Stati Uniti. Anche nell’ipotesi di un cambio di amministrazione, in virtù della separazione netta tra i poteri, questa sentenza non può essere ribaltata.

Rami_Placo

Rami Shakra sul palco del Pride

Ma torniamo a Varese. Guardo Rami parlare e rivedo in lui  lo stesso sguardo determinato della sera dell’intervista, unito stavolta ad una forte commozione al ricordo della tragedia di Orlando. Con voce ferma rivolge a tutti l’invito del Presidente Barack Obama , espresso in occasione del suo discorso per la proclamazione del mese di giugno quale mese dell’orgoglio LGBT, sull’importanza di rendersi visibili, di raccontare le proprie storie, perché è solo così che che si può giungere ad un cambiamento.
Cito letteralmente le parole di Obama: “Alla comunità LBGT diciamo: Dichiaratevi, al lavoro, a casa e in ogni momento della vostra vita. Dichiarandovi vi rendete visibili. Ed essendo visibili potete raccontare la vostra storia al mondo. Perché raccontare la vostra storia, e la storia della comunità LGBT, è un grande strumento per cambiare i cuori e le menti”. Il Discorso di Rami termina poi con un’affermazione breve, ma tutt’altro che banale: Our Message has always been simple and Clear, LGBTI rights are human rights” (Il nostro messaggio è sempre stato semplice e chiaro: i diritti LGBTI sono diritti umani).
A
 commento di questa affermazione, personalmente dico che ed è fondamentale ricordare questo concetto a tutte quelle persone, o paesi, che si definiscono civili, ma che con le scuse più diverse, non vogliono riconoscere questa semplice equazione: diritti delle prone LGBT = diritti umani. Si vuole negare questo? Non ci si nasconda più dietro a un dito e si sappia che si stanno volontariamente, sistematicamente, violando diritti umani.

La mia giornata a Varese giunge al termine e torno a Milano dove, esattamente una settimana dopo Varese, sabato 25 giugno, si terrà un Pride Parade che, come ogni anno, vedrà radunate decine di migliaia di persone, per ricordare a tutti che i diritti e le voci LGBT ci sono, si levano alte, e che non taceranno mai più.

Arrivederci a Milano! Buon Pride a tutti e a tutte!

 

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