Manicomio di Mombello: il passato che affascina e inquieta
È un luogo inquietante, l’ex Istituto di Cura Antonini, da tutti noto come il Manicomio di Mombello. È un enorme, infinito, spettro nel mezzo di un parco che, quell’edificio, pare volerselo mangiare. Siamo a Limbiate, nel cuore della Brianza. E siamo tra le mura, precarie, di vecchie stanze che raccontano storie. Storie di persone, delle loro malattie. Di ossessioni, di pensieri. Storie che oggi, a sentirle, suonano spaventose.

L’ex casa di cura di Mombello, oggi. Un tempo era una villa sfarzosa chiamata “Montebello” per il suo fascino

Alcune immagini degli ambienti
Girovagando per il Manicomio di Mombello è come essere in un film dell’orrore. Anche per chi, impressionabile, non lo è. Eppure, nel XIV secolo, sorgeva qui una villa straordinaria, residenza estiva di una nobile famiglia milanese. Era talmente bella, con quella sua altura e l’architettura sfarzosa, da guadagnarsi il soprannome di “Montebello”, poi abbreviato in “Mombello”.
Passarono gli anni, e la dimora passò di famiglia in famiglia. Ospitò il Re delle Due Sicilie, Ferdinando IV di Borbone, e persino Napoleone, che la scelse per fondare la Repubblica Cisalpina. Fino al 1863, quando la villa, ormai abbandonata, fu ristrutturata dal Comune di Milano e trasformata in ospedale psichiatrico. Iniziò così la sua seconda vita. E la storia del Manicomio di Mombello.
Con i suoi 900 posti letto, ben presto il Manicomio di Mombello iniziò a soccombere sotto un numero di malati sempre più elevato. Durante la I Guerra Mondiale, le sue mura davano alloggio a oltre 3500 pazienti. Tremilacinquecento persone, troppo spesso ridotte a mere malattie.

Spazi suggestivi che rievocano storie forti e intense
Nel 1978, la Legge Basaglia impose la chiusura dei manicomi. E il Manicomio di Mombello iniziò la sua lenta, inesorabile, discesa verso il degrado. Oggi, seppure inagibile, è un via vai di uomini e donne, di ragazzini più o meno grandi, di curiosi e di fotografi, di writers e di ghost-hunter. Perché è facile, lasciarsi impressionare. Pensare a quante vite il Manicomio di Mombello ha accolto. A quante morti ha vissuto. A quante pratiche – gravi e discutibili – ha inscenato.

Visita tra gli spettri del passato in un’impressionante location di oggi, scelta da writers, fotografi, curiosi
E così, tra lo scheletro di un letto e un lavandino spaccato, tra cartelle cliniche di una vita lontana e discutibili scritte dal presente, ecco aggirarsi persone in cerca di fantasmi, tossici che provano a nascondersi, ma non troppo. Barboni che sperano in un tetto, e fotografi che montano set spettacolari. Utilizzando quel che c’è, perché ogni oggetto – qui – ha una storia di inquietudini, di misteri e di malattie. Di follie che, non sempre, sono appartenute ai malati.
Foto di Stefano Barbiero
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[…] enorme, quello dei padiglioni dell’ex Ospedale Psichiatrico Giuseppe Antonini, il cosiddetto “Manicomio di Mombello”, del cui tetro fascino – come anticipato – siamo stati già in precedenza testimoni. […]