Via Brisa: invito a Palazzo imperiale, ma dalla porta di servizio

Non lontano dal sito trattato nello scorso appuntamento de “La Milano che non si sa”, si ha un altro ampio piazzale, abbandonato per anni, e oggi riqualificato, che merita sicuramente una visita per quello che contiene. Siamo in Via Brisa, una traversa silenziosa del più trafficato Corso Magenta, a ridosso del vecchio circo romano.

L'andamento del circo si legge chiaramente nel tessuto cittadino moderno (elaborazione grafica di Ciabattine.net)

L’andamento del circo si legge chiaramente nel tessuto cittadino moderno (elaborazione grafica di Milano al quadrato.com)

Ma se invece di entrare dall’arteria più grande, la raggiungiamo da un vicoletto dall’andamento un po’ tortuoso in fronte alla chiesa di S. Maria alla Porta, possiamo coglierne una visione un po’ speciale: da qui infatti sono meravigliosamente visibili i resti di ciò che erano le terme del palazzo imperiale romano, da non confondersi però con lo stabilimento termale per il popolo di Mediolanum, coevo ma edificato dalla parte opposta della città. Insomma ambienti del tutto inaccessibili, oggi come allora, nella posizione più recondita di un’immensa area che l’imperatore Massimiano aveva voluto per sè, e che pare si estendesse fino all’altezza di S. Giorgio al Palazzo (come ricorda lo stessa dedicazione della chiesa), sulla via Torino! Di questo grande quartiere imperiale, organizzato sotto Massimiano, ampliando strutture di rappresentanza preesistenti fin sotto le nuove mura, rimangono solo i pochi resti visibili appunto lungo l’attuale Via Brisa.

Ruderi di vecchie case sullo scavo del complesso romano di Via Brisa (foto di Robert Ribaudo)

Ruderi di vecchie case sullo scavo del complesso romano di Via Brisa (foto di Robert Ribaudo)

Dopo secoli di silenzio, che contribuirono ad annacquarne la memoria, il rinvenimento fu garantito solo grazie alla demolizione di un edificio colpito dai bombardamenti della II Guerra Mondiale, e al conseguente scavo per la costruzione dell’edificio al n.15, in prossimità dell’angolo con Via S. Maria alla Porta. E’ così che nel 1952-3 apparse la cortina muraria romana, le cui strutture erano già state compromesse. Le distruzioni però non fermarono la curiosità degli archeologi, che anzi si sentirono incentivati a dare impulso agli studi e agli approfondimenti, e che lasciarono, quindi, a scopo cautelativo e di tutela, questa parte della città, congelata per tutto il dopoguerra: un’unica grande spianata, che da qui fino alla congiunzione tra Via Morigi e Via Gorani, fu utilizzata per decenni come un enorme grande parcheggio all’ombra delle uniche emergenze antiche rimaste: gli adiacenti ruderi del Palazzo dei Gorani, di origine medievale, munito persino di torre (omonima), ma trasformato e ingrandito nel Seicento, quando fu ornato anche da un bellissimo portone in pietra, unico frammento rimasto dopo gli irreparabili danneggiamenti operati dalle bombe del ’43.

L'enorma area compresa tra Via Brisa/Via Gorani e Morigi

Ecco come si presentava l’enorme area compresa tra Via Brisa/Via Gorani e Morigi agli inizi del nostro secolo, con i resti del Palazzo Gorani contraddistinto dal portale (al centro) e dalla Torre medioevale ancora “impacchettata”

E’ chiaro che in assenza di tracce e testimonianze fisiche in superficie, si studiarono le fonti per capire natura ed estensione di quei reperti affioranti da un terreno appena smosso dopo i primi colpi di ruspa: naturalmente la ricostruzione e il progresso, negli anni ’50, non potevano aspettare e almeno la cortina su strada doveva essere ricostruita, tanto che il moderno edificio, nonostante le raccomandazioni della vigile Sovrintendenza, si innalzò velocemente a picco sugli scavi. Anzi, le fondamenta e i relativi pilastri affondarono e approfittarono proprio della platea dei mattoni romani per ergersi più solidamente su un terreno piuttosto acquitrinoso, per l’abbondante presenza d’acqua, che anticamente alimentava le terme. Ma nemmeno gli scavi si fermarono, sotto una passerella in cemento armato che doveva garantire l’ingresso agli inquilini del civico 15 di Via Brisa.

Le strutture dell'edifico moderno di Via Brisa 15 affondano tra le rovine delle terme romane

Le strutture dell’edifico moderno di Via Brisa 15 (in secondo piano) affondano tra le rovine delle terme romane

Emerse così un ricco apparato musivo interno, con tanto di raffigurazione di imperatore seduto in trono, in atto di ricevere doni dai re barbari. Una statua di Artemide, la più fine scultura romana ritrovata in città, doveva decorare uno degli ambienti imperiali. Il Palazzo in sè doveva essere un ricco sistema di ambienti, distribuito lungo il lato nord delle mura occidentali della città, che oltre alla sala del trono, doveva contenere sale di ricevimento, appartamenti privati, ambienti per l’amministrazione centrale. Ma in questo particolare settore urbano, il nucleo principale era rappresentato, come ben illustrato da una ricostruzione affissa in loco, da un edificio a pianta centrale, costituito da 3 piccoli ambienti che si aprivano sui lati di un’aula principale circolare (un tempo circondata da colonne) e a cui si accedeva da un atrio.

Ricostruzione degli ambienti termali

Ricostruzione degli ambienti termali (da una segnaletica affissa in loco)

L’area ritenuta di interesse, fu subito acquisita dal Comune, ma lo scavo, ancora oggi uno dei pochi all’aperto facilmente visibile in città, fu operato su questa sola porzione, limitato da un parapetto sul piano stradale per garantire sicurezza e godibilità. Si aspettò troppo a lungo il tempo per estendere una sistematica campagna di indagine a tutta l’area, per promuovere la creazione di un vero e proprio parco archeologico capace di inglobare anche l’abbandonata torre medioevale dei Gorani (imbrigliata per anni in uno squallida ponteggio) e i resti del vicino palazzo, già abitato dal letterato settecentesco Giuseppe Gorani, ormai ridotto a rovina. Ma invece chi a Milano abita da diverso tempo, ricorderà come la vicenda di questo luogo sia andata diversamente, ridotto oggi ad essere “valorizzato dai privati”, dopo essere stato per anni luogo d’abbandono e sciatta dimenticanza, occupato da una distesa di auto in sosta.

Ecco come vine presentata l'area riqualificata sul sito http://www.palazzogorani.it

Ecco come vine presentata l’area riqualificata sul sito http://www.palazzogorani.it

Ma vediamo allora come è cambiata questa zona, dopo gli ultimi interventi. La Sovrintendenza, in accordo con il Comune, ha dato l’ok, all’improvviso dopo decenni (per la precisione 12!), ad uno scavo (direi oltremodo invasivo dopo quello che vi ho testè raccontato) per gettare le fondamenta di una condominio sul luogo del compromesso Palazzo Gorani. Si è avviata in buona sostanza, una speculazione edilizia simile a quella che aveva già colpito negli anni ’50, i resti dell’adiacente Palazzo Arconati, sostituito dall’edificio moderno al n. 3 di Via Brisa, edificato per creare moderne abitazioni e uffici. Non solo l’operazione è stata condotta a beneficio di un privato, la Finaval, il braccio “armato di ruspe” del gruppo Feltrinelli (che sta intanto issando lo sproporzionato edificio su Porta Volta), ma si è lasciato ai progettisti l’iniziativa del “recupero” dell’area, che consiste nel:

La torre dei Gorani dopo il restauro (foto Mirco Bareggi)

La torre dei Gorani dopo il restauro (foto Mirco Bareggi)

restauro della Torre dei Gorani: isolata da qualsiasi costruzione, ne è stata scoperchiata la sommità per inserirvi all’interno una scala semi elicoidale in metallo per accedere forse ai sotterranei, che sicuramente avranno svelato meraviglie (ma non è dato sapere!).

demolizione del Palazzo Gorani: non è stato risparmiato nulla: del portale in mattoni e pietra, sono stati ripuliti i blocchi di pietra, ma solo per essere risistemati in maniera un po’ sommaria a fianco del muro in cemento armato che separa la nuova piazzetta dalla via Gorani. Sul sito è stato innalzato un condominio di lusso.

creazione di una ”teca” sulla pubblica piazza, che mostrerà i ritrovamenti del palazzo imperiale romano sottostante, visibili attraverso un oblò di cristallo. E’ inutile dire che non sono il frutto di una mirata campagna archeologica (che si aspettava da 70 anni) ma sono gli effetti degli scavi effettuati, con una certa sollecitudine, per posare le fondamenta e i 30 box-auto sotterranei, dove i proprietari magari avranno il privilegio di  parcheggiare, gettando un occhio sui mosaici, ma ovviamente restaurati e protetti dagli oblò di cristallo. Il tutto a spese loro!

Share this:

Leave a comment