Stonewall e la Lady Oscar di Svezia
Sono passate solo poche settimane da quando, all’Apollo di Milano (uno dei pochissimi casi in Italia), è stato proiettato “Week End”, il discusso film di Andrew Haigh, ed ecco che le sale milanesi hanno aperto per il lancio italiano di “Stonewall” al grande pubblico. Non poteva essere diversamente, visto che la nostra città è da sempre scena di emancipazione e inclusione, e tutto ciò che arriva nel nostro paese, passa sempre per Milano. Se siete appassionati di cinema come me, avrete di certo fatto caso all’attenzione alla tematica lgbt, anche da parte delle grandi major, con prodotti, a volte non eccellenti, ma in alcuni casi davvero di alta qualità! E visto il successo di pubblico nelle sale, c’è da dire che ancora una volta il pubblico milanese si è distinto, mostrandosi, anche nei numeri, uno dei più attenti e sensibili.

L’inizio dei moti di Stonewall nel film
Ma torniamo a “Stonewall”: ecco Danny, bello, biondo, un giovane big gym dell’Indiana fuggito nella Grande Mela che lancia il mattone che dà il via alle rivolte del ‘69 nel Greenwich Village di New York…o forse no…non è andata proprio così: forse non è stato lui, bianco e biondo, e non era un mattone…Eh no! E’ stata la coraggiosa transessuale Sylvia Rivera a dare il via a New York alla lotta di liberazione del movimento lgbt militante, quella notte tra il 27 e il 28 giugno del 1969!

Sylvia Rivera la coraggiosa attivista transgender
Non ho però intenzione di fare una recensione del film di Roland Emmerich che, oltre a un interessante ritorno di Jonathan Rhys Meyers (bello rivederlo dopo i fasti dei Tudors!), ha l’indubitabile merito di far conoscere al grande pubblico i “Moti di Stonewall”. Ora, chi ancora si chieda il perché, in tutto il mondo – anche a Milano – si svolga una Gay Pride Parade ogni anno, ha l’occasione di scoprilo!
Come vi dicevo, questo è solo l’ultimo di una serie dei film a tematica lgbt finalmente destinato a un pubblico trasversale e non settoriale. In fondo i sentimenti, le passioni, la vita stessa, non sono certo settoriali, non vi pare?
Chi non si ricorda del recentissimo “The Danish Girl”, dove si può rivivere la delicata e sofferta storia di Lili Elbe, la prima transgender ad essersi sottoposta ad operazioni chirurgiche (stiamo parlando degli anni ’20!) per la riassegnazione del sesso. Un film che consiglio di vedere non solo perché ho pianto come un bambino (mi si potrebbe accusare di avere la lacrima facile!), ma perché la lotta vissuta nella carne viva di Lili, può spiegare in modo chiaro, anche a chi può percepire una vicenda come la sua, quale molto distante da sé, che in realtà si parla di qualcosa che dovrebbe essere l’aspirazione di tutti: voler essere sempre e comunque sé stessi!

The Danish Girl – una scena tratta dal film
Quanti di voi hanno amato Lady Oscar? Vi ricordate la sigla? “Ma suo padre voleva un maschietto…”. Bene! Lady Oscar è esistita, ma non in Francia! Ed era una regina! Al Nordic Film Fest di Roma, lo scorso aprile, è stato proiettato il bellissimo “The Girl King”, del finlandese Mika Kaurismäki, che ripropone la storia dell’eccentrica Cristina, regina di Svezia, che alla nascita fu presa proprio per un maschietto. Da adulta, per poter essere sé stessa, ha rinunciato al trono e ad una fede, amando, contro le convenzioni del tempo, la bellissima e biondissima contessa Ebba Sparre.
Infine non possiamo dimenticare “Carol”, un film di Todd Haynes, che ha raccolto 6 nomination all’Oscar, tratto dall’omonimo romanzo di Patricia Highsmith, con una magnifica Cate Blanchett e Rooney Mara (vincitrice a Cannes come migliore attrice).
Siamo di nuovo in America, stavolta negli anni ’50. Omosessualità vuol dire reato e i moti di Stonewall sono ancora al di là da venire. Siamo in un periodo imbrigliato in rigide convenzioni e caratterizzato da un immaginario stereotipato qui perfettamente rappresentato: donne dal trucco perfetto, rossetto rosso fuoco, unghie laccatissime, capelli dall’acconciatura impeccabile e inamovibile a prova di tornado! E’ in questo contesto che nasce l’amore, anche fisico, sessuale, tra le due protagoniste. Il sesso non è gratuito, ma spontaneo, inevitabile proprio come l’amore! Non ci sono due donne, due uomini, o una donna e un uomo. C’è solo l’amore che, come la stessa superba Cate Blanchett ci ricorda al termine di una conferenza stampa: “non cambia se sei gay o eterosessuale. È un’esperienza universale”.
A questo punto non mi resta che augurare a tutti una buona visione e soprattutto, per riprendere le parole di Carol, “Il più straordinario dei regali” : poter essere sempre sé stessi, senza timore.
Il giudizio, o meglio, il pre-giudizio, può sempre esservi. Nessun luogo ne è purtroppo davvero totalmente immune. Di sicuro Milano, con tutte le contraddizioni che la caratterizzano, è luogo dove, più che altrove nel nostro paese, l’integrazione è non solo una speranza, ma una realtà fattiva e che cresce, di giorno in giorno. Buona vita libera a tutti e tutte!