Porta Venezia: i bastioni glamour dell’integrazione
Prima Lazzaretto, poi Casbah e infine….l’anima davvero multiculturale, inclusiva, trendy di Milano! Tutto questo è Porta Venezia! Una zona che amo molto, in particolare il reticolato di vie (Castaldi, Lecco, Tadino, S.Gregorio), racchiuso nel gomito disegnato tra la rinnovata Piazza Oberdan con il suo gioiello Déco ritrovato (l’Albergo Diurno) e la vitalissima arteria commerciale di Buenos Aires.

L’Albergo Diurno sotto Piazza Oberdan
I Milanesi sanno che qui sorgeva l’antico Lazzaretto, progettato nel ‘500, di cui restano ancora alcune vestigia, come le mura superstiti di via S.Gregorio (oggi Chiesa Ortodossa di S Nicola), e la Chiesa ottagona di S.Carlo al Lazzaretto, che del sanatorio costituiva il centro. Quando si sta di fronte a questa costruzione, difficile non farsi vincere dalle suggestioni manzoniane dei Promessi Sposi. Sembra di vederli Renzo in cerca di Lucia, fra Cristoforo e don Rodrigo morente!

La Chiesa di San Carlo al Lazzaretto
Dopo la demolizione del Lazzaretto, il quartiere diventa un agglomerato di edifici popolari e vie strette, con il degrado che vi fa da padrone. Ed è qui, che negli anni ’70, arrivano, in fuga dal regime del colonnello Menghistu, centinaia di profughi dal corno d’Africa. Oggi la presenza africana è tutt’ora molto forte: si vedono bar, locali, ristoranti eritrei, etiopi e somali. La Casbah però non c’è più, ma guardandosi attorno, si vedono ovunque palazzi storici riqualificati, il cui valore immobiliare è schizzato rapidissimo verso l’alto, diventando luogo di elezione di architetti e designer. Sono diversi i quartieri della nostra città che da degradati sono ora luoghi di ritrovo alla moda (penso alla zona Tortona-Navigli), ma in nessun altro posto, come in Porta Venezia, si è realizzata una fusione ed un equilibrio così ben miscelato tra la radice italiana e la componente immigrata. Qui non vi sono separazioni nette, ma la convivenza di colori e tradizioni, che ti fanno davvero stare bene!

Un piatto africano tipico
Non poteva non svilupparsi qui, a Milano, ma possiamo dire unico caso in Italia, quella che possiamo definire come la vera “Soho” o “Chueca” italiana. Sì proprio così! Londra e Madrid sono a Milano! Da diversi anni infatti, in questo fazzoletto di vie, sono sorti locali gay-friendly che hanno contribuito alla riqualificazione ulteriore della zona, a tal punto da renderla unica: lo storico Mono, il più recente Leccomilano, il Red Cafè. C’è solo l’imbarazzo della scelta. Non solo nel periodo della tradizionale Pride Week (fine giugno), ma oramai tutto l’anno, si vedono bandierine arcobaleno sventolare ovunque.

Interno stile vintage del “Mono”, locale storico del quartiere
Una mattina assolata di fine aprile mi reco al Mono, il più storico dei locali (quest’anno si celebreranno i 10 anni dall’apertura), per incontrare Davide Rossi, uno dei due proprietari. Decido di andarci perché a mio parere rappresenta bene non solo la storia, ma anche il presente e il glamour che marca la gay street milanese, di cui Mono è stato il promotore. Entrando nel locale, impossibile non venire colpiti dal mood caratterizzato da uno stile vintage, anni sessanta-settanta, molto curato fin nei minimi dettagli: i pavimenti, le piastrelle tridimensionali, la carta da parati, le lampade in stile dalla luce soffusa e morbida. L’idea fin dall’origine è stata quella di aprire un locale che non fosse un bar all’ “italiana”, ma “internazionale”, che desse l’idea di essere a Barcellona, ad Amsterdam o a Berlino.

Incrocio di via Lecco e via Castaldi
Periodicamente vi sono esposizioni che ruotano attorno al mondo dell’arte a 360° (fotografia, pittura, scultura, artigianato). Una cosa da non trascurare inoltre , è che non si tratta di un “locale ghetto”: gay-friendly non significa “riservato ai soli gay”, ma aperto a tutti, tanto che la clientela è mista, di tutti i generi. Chiedo a Davide se vi sono state tensioni tra le varie componenti che animano il quartiere: i locali lgbt, e l’anima straniera. Mi risponde di no, che non c’è una frequentazione reciproca dei locali, ma che non ci sono mai state tensioni, bensì una tranquilla convivenza gli uni a fianco agli altri: e direi che non è certo poco visto quello che sentiamo quotidianamente purtroppo! Dopo una piacevole chiacchierata, saluto Davide e lo lascio alla preparazione della serata: il Mono aprirà le proprie porte a tutti, tra poche ore, per il rito dell’aperitivo. Le luci si accenderanno nei locali, la gente riempirà le strade sorseggiando un cocktail.
Mi allontano svoltando da via Lecco su via Castaldi e penso che presto tornerò anch’io, di nuovo, per mescolarmi a uomini, donne, etero e gay, italiani e stranieri, che rendono quest’angolo di Milano, unico.