La Ciribiciaccola di Chiaravalle: uno scioglilingua e tante curiosità intorno all’abbazia
Nel blog Ciabattine.net che oggi fa spazio al nuovissimo Milanoalquadrato.com, avevamo già descritto come in una località fuori Porta Romana, detta anticamente Rovagnano, l’abate Bernardo proveniente da Clairvaux, fonda nel 1134 una comunità di monaci (da qui Chiaravalle), che si impegnano per dare vita a un monastero in tutto simile a quello francese.
Ciò avviene nell’arco di 11 anni, mentre tutto intorno veniva irradiato un nuovo modo di organizzare il fertile territorio, da cui ricavare i mezzi e le ricchezze per innalzare il nuovo tempio: si irrigimentano e si incanalano le acque, si dissodano i terreni, si organizza una nuova metodologia per fare agricoltura attraverso il controllo del territorio con a capo delle cascine, si introduce la coltivazione del riso agevolata dai terreni acquitrinosi e dalle marcite del sud Milano.

Uno dei chiostri dell’abbazia con i fabbricati di servizio nell’intorno
Mentre tutto si rende fecondo e profittevole per poter avere i mezzi per costruire una grande abbazia, i monaci si organizzano in un complesso architettonico piuttosto articolato, contenente oltre al primo nucleo della chiesa che conosciamo oggi, in una foresteria, un mulino, i magazzini, un oratorio e dei grandi chiostri (il più grande dei quali abbattuto, all’inizio del secolo scorso, per far passare la linea ferroviaria Milano-Genova). Sappiamo come non proprio tutto sia sopravvissuto all’infierire del tempo, ma quello che fu la prima aula dei monaci, con tanto di cimitero adiacente, divenne ben presto una grande e potente abbazia capace di attrarre le più facoltose famiglie della vicina Milano, che vi lasciavano ampi lasciti e i figli non di primogenitura, che non potevano che aspirare a titoli e averi. Insomma se non fosse stata per l’umidità e i rigidi inverni della campagna a sud di Milano, sarebbe stato un vero paradiso in quel del Medioevo.

La corte d’ingresso all’abbazia
Ma al di là della storia e delle bellezze del luogo, di cui potete trovare notizia in qualsiasi sito specializzato in rete, voglio raccontare di alcune storie curiose che nell’arco dei secoli nacquero intorno a quei monaci che vivevano come in un potentato fuori dall’abitato di una Milano in piena espansione.
Il nome di Chiaravalle ad esempio è lagato indissolubilmente alla saggezza dei volumi del “Pescatore di Chiaravalle”: qui leggiamo le tracce di un’antica sapienza agraria, cui si richiamò un astuto stampatore che dal 1635 diede vita a un celebre almanacco. Si tratta di una trovata editoriale di un fantomatico “astro-matematico”, per secoli vendutissimo e presto seguito da numerosi imitatori (come, ad esempio, Il Pescatore di Lacchiarella), lunari popolari zeppi di santi, proverbi, consigli e oroscopi.

Un affresco che immortala Guglielma la Boema, nella chiesa di Brunate, sopra Como
E ancora poco chiara è la vicenda della beatificazione di una donna, Guglielma la Boema, in odore di eresia, che nel 1281, i cistercensi fanno seppellire all’interno del loro chiostro, considerandola in vivenza una guaritrice mistica. Ricevette dall’ordine infatti solidarietà e ospitalità prima in una casa in S. Pietro all’Orto e poi nei pressi dell’abbazia. Addirittura si spense indossando in punto di morte l’abito monastico. Dopo la sua morte, i monaci e le suore del convento milanese di S. Caterina la proposero per la consacrazione e ne posero le spoglie in una cappella dell’abbazia, divenendo ben presto luogo di culto, frequentato da seguaci e devoti. I frati le dedicarono addirittura un altare. Ma l’intervento dell’Inquisizione circa venti anni dopo, nel 1300, interruppe il culto e consegnò al rogo i suoi resti mortali. I suoi seguaci, arsi vivi, morirono condannati per eresia.

La torre nolare, l’alto campanile di Chiaravalle (foto di Stefano Trezzi ).
Altra peculiarità sta nel suo alto campanile, che si vede già uscendo da Milano sulla Vigentina. Questa detta torre nolare, ben presto nell’idioma milanese fu soprannominata Ciribiciaccola e cosa, più spiritosa, fu immortalata da una memorabile filastrocca, che recita così:
« Sora del campanin de Ciaravall
gh’è una ciribiciaccola
Con cinqcentcinquantacinq ciribiciaccolitt
var pusse’e la ciribiciaccola che i soo cinqcentcinquantacinq ciribiciaccolitt?
quant i cinqcentcinquantacinq ciribiciaccolitt voeren ciciarà con la ciribiciaccola
la ciribiciaccola
l’è pronta a ciciarà con i cinqcentcinquantacinq ciribiciaccolitt
la ciribiciaccola la ciciara i ciribiciaccolitt ciciaren
ma la ciciarada de la ciribiciaccola l’è pusse’e lunga de quela de i cinqcentcinquantacinq ciribiciaccolitt ».
trad.
Sul campanile di Chiaravalle
c’è una ciribiciaccola
con cinquecentocinquantacinque ciribiciaccolini.
Vale di più la ciribiciaccola
dei cinquecentocinquantacinque ciribiciaccolini?
Quando i cinquecentocinquantacinque ciribiciaccolini vogliono chiacchierare con la ciribiciaccola
la ciribiciaccola è pronta a chiacchierare con cinquecentocinquantacinque ciribiciaccolini
la ciribicciaccola chiacchiera, i ciribiciaccolini chiacchierano
ma la chiacchierata della ciribiciaccola è più lunga di quella dei cinquecentocinquantacinque ciribiciaccolini.

Lo stemma dell’abbazia di Chiaravalle.
Il significato recondito dello scioglilingua sta nello stemma della stessa abbazia, che rappresenta una cicogna, di cui la zona è ancora oggi frequentata, e che in dialetto è detta Ciribiciaccola. Ma Ciribiciaccola è anche detta la torre dell’Abbazia di Chiaravalle di Milano e i ciribiciaccolit sarebbero naturalmente i membri della sua nidiata. Il loro numero spropositato potrebbero alludere o alla gran quantità di frati che in passato avevano frequentato il luogo o colonnine in pietra della torre. Lasciamo a voi e ai vostri figlioli l’interpretazione che vi fa volare più in alto!