Protezione, raccomandazione, materna intrusione. Nel nuovo libro di Stefano Crupi che mi è davvero piaciuto.

In un articolo letto su panorama.it, Sabino Labia cita il giornalista Vittorio Gorresio, per il quale l’Italia era “la Repubblica dei raccomandati” e sosteneva che “questa grande istituzione nazionale ha le stesse origini della massoneria (come la si intende nel senso volgare) della mafia e della camorra”. E questi sono proprio gli orizzonti in cui si muove Stefano Crupi, nel suo bel romanzo d’esordio “Cazzimma” e ora, in “A ogni santo la sua candela”, che come dicevo più sopra nel titolo, mi è particolarmente piaciuto.

Dirò di più, mi ha colpito e, di nuovo, mi è piaciuto il fatto che il suo modo di narrare riesca a portare per mano il lettore, pagina dopo pagina, attraverso vicende e atmosfere che non piacciono affatto. Perché – in brevissimo davvero – la storia è quella di un giovane che cerca lavoro in tempo di crisi in una Napoli corrotta (in fondo, per nulla differente da certe logiche di Milano), avendo l’obiettivo di emanciparsi rapidamente dal suo modesto contesto sociale.

Stefano Crupi ieri sera alla presentazione del libro a Milano

Stefano Crupi ieri sera alla presentazione del libro a Milano (photo Angela Delli Ponti)

Il tutto con la complicità di una madre calcolatrice che lo guida con tattiche lucide e spietate per ottenere la “spintarella” dai più potenti nell’ambito dell’ente pubblico presso il quale è impiegato. Proprio come nella realtà più vera, non si parla giammai di meritocrazia quanto piuttosto di imparare a contare su un sistema clientelare (come quello politico, in qualità di esempio “virtuoso”) ovvero di raccomandarsi ai santi giusti. Torno al punto: è bravo Stefano Crupi a coinvolgere chi legge, nell’esplorazione di un universo che forse non vorremmo vedere e in cui, anche se in minima parte, facciamo fatica a riconoscerci, ma che in realtà ci appartiene eccome. A partire dalla madre trafficona, che forte del cordone ombelicale mai spezzato col figlio, si comporta seguendo la regola di operare unicamente per il tornaconto della propria famiglia e totalmente in assenza di una parvenza di senso civico. Tratto veramente italiano, questo. E poi, la scelta narrativa di parlare di santi, citando addirittura nei vari capitoli, le singole specializzazioni: ci sono i protettori della vista, dei bambini, dei giuristi…

Uno dei santi citati dallo scrittore: Sant'Alfonso de' Liguori, protettore... di moralisti!

Uno dei santi citati dallo scrittore: Sant’Alfonso de’ Liguori, protettore… di moralisti!

Le credenze relative ai santi che vedono e provvedono, del resto, in Italia sono molto diffuse (un mio amico diceva che la preghiera ai santi è proprio la prima forma di raccomandazione!!) e certamente non meno, nei contesti raccontati da Crupi, cioè negli ambienti mafiosi: i malavitosi sembrano valorizzare il proprio potere anche attraverso simbologie religiose, quasi facendosene difensori. Utilizzando l’immagine di protettori che in sostanza avvallino il loro violento stile di vita. Non solo nei film famosi, ma anche nella realtà: tutti ricorderanno quale polverone abbia suscitato il funerale romano della famiglia Casamonica, o il rito dell’inchino della Madonna in processione di fronte alla casa di un boss. Un’attenzione particolare poi meritano le pagine dei ringraziamenti dell’autore, in cui accenna alla sua esperienza personale di lavoro presso un ente pubblico e le infinite fonti di ispirazione in tema di lavoro impiegatizio e di arrivismo tra opere narrative e cinematografiche. Ieri sera ho avuto il piacere di partecipare alla presentazione del libro presso il Mondadori Megastore di Piazza Duomo a Milano: intervistato con intelligenza da un coinvolgente Paolo Foschini del Corriere, Crupi ci ha intrattenuto sottolineando che il romanzo rispecchia molto la sua esperienza lavorativa, dove favoritismi, regalìe e arrampicatori sociali erano il pane quotidiano.

Paolo Foschini del Corriere ieri sera ha presentato il libro di Crupi

Paolo Foschini del Corriere ieri sera ha presentato il libro di Crupi (photo Angela Delli Ponti)

La sua sensibilità di scrittore riesce comunque a mettere in luce la dolente umanità dei personaggi, pur vile e amorale. E persino quel ragionier Fantozzi, che da giovane gli pareva una figura piuttosto stupida, dopo l’esperienza dal vero in un ambiente di lavoro simile a quello rappresentato da Paolo Villaggio, è divenuto ai suoi occhi un personaggio geniale. Si sa da sempre: la realtà supera la fantasia.

 

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