Una vera guida con itinerario tra ori, gioielli e preziosi: un forziere carico di tesori da scoprire a Milano!

Presentiamo oggi un itinerario piuttosto originale, che dovrebbe essere quasi scontato per una città come Milano, riconosciuta come una delle piazze mercantili e finanziarie più antiche e interessanti d’Europa. Allora la domanda sorge spontanea: quali sono i luoghi, ieri come oggi, dove veniva creata ed accumulata la ricchezza che ha fatto grande questa città?

1- Piazza del Duomo: anticamente aveva una conformazione completamente diversa, più trapeziodale ed occupata da una serie di edifici con esercizi commerciali al piano terra. Qui si muovevano non solo forti somme di denaro attraverso i commerci, ma molto intensa era anche l’attività dei cambia-valute per la presenza dei mercanti stranieri. La piazza medioevale, dove ogni giorno si teneva il più animato mercato del Nord Italia, contava una serie notevole di logge per i commerci e per le corporazioni e – pensate – ben 16 tra cappellette e chiese. Stessa cosa si può dire della scomparsa contrada dei Pellizzari, (sull’area dell’attuale Piazza Duomo), dove c’erano i banchi dei pellicciai, mercanti di pelli ovine, o della Piazza della Pescheria minuta (in un area localizzata pressappoco dove oggi c’è la facciata del Duomo) dove si vendevano gamberi e pesciolini piccoli almeno dal XII sec., o della pescheria Grossa (dove oggi la Via Mercanti si innesta su Piazza del Duomo).

2- Piazza Mercanti: fino al XIX sec. oltre a essere luogo di scambi era teatro della Fiera degli O Bej O Bej (termine che di per se stesso esprime la meraviglie degli avventori verso quello che veniva presentato sui banchi di vendita). Nel Medioevo, il Broletto comunicava con l’esterno tramite cinque porte che portavano verso i vari sestieri di Milano. Rappresentava il centro cittadino, dove ci si incontrava e mercanteggiava, ci si divertiva e si facevano affari. L’importanza di questo luogo per i commerci cittadini è testimoniato, fin dai tempi più remoti, da una serie di realtà: vi erano i depositi del sale, alimento tenuto in grande valore e per questo qui ben custodito; dal 1559 viene aperto qui un ufficio della posta di Stato, gestito dalla famiglia bergamasca Tassi, che aveva una fitta rete di sedi in tutta Europa. Nel 1593 viene istituito qui il Banco di Sant’Ambrogio, istituto di credito costituito con denari dei cittadini laici e religiosi. Si tratta della più antica istituzione creditizia in Milano. Vi era anche la Pietra dei Falliti, di cui è costituito il pozzo in centro alla piazza. Inoltre ancora nell’Ottocento, accanto alla Loggia degli Osii, dove vi era la Camera di Commercio, vi era un porticato chiuso da altissime inferriate dove si eseguivano le vendite giudiziali, la Ferrada, tanto che nel dialetto milanese si usava dire anda’ a la Ferrada, nel senso di essere venduto per autorità pubblica, cioè fallire. Inoltre sempre sulla piazza affacciava il Palazzo delle Ipoteche (oggi scomparso).

3- La Contrada dei Mercanti d’Oro ossia Via Orefici: è chiamata così per la presenza capillare, ancora oggi, di laboratori di metalli preziosi. sull’imbocco della stessa strada vi era, nel Medioevo, la Contrada dei Vaiari per la presenza dei banchi dei conciatori di pelle di un animaletto simile allo scoiattolo, chiamato “vaio”: era talmente pregiata che i membri del colleggio dei dottori, loro più importanti clienti, per mostrare il proprio rango (spesso nobili), vestivano la toga con un bavero di vaio. In seguito, cambiando anche le mode, gli stessi banchi e la zona limitrofa al fondo dell’attuale Piazza Duomo venne intitolata ai Profumieri, per la presenza di questi venditori.

4- Piazza Cordusio, una nuova City alla fine del XIX sec.: il toponimo Cordusio discende dai termine Curia Ducis, poiché ai tempi della dominazione longobarda, era sede del suo vice (il duca) in Milano, mentre il re risiedeva a Pavia. Qui prenderà possesso del palatium, e il Cordusio sarà occupato dai funzionari ducali, gli sculdasci. Questi riscuotevano ammende e tributi pubblici. Col basso medioevo, verrà corrotto il nome in Corduce o Cordusio, così come lo spazio antistante gli uffici pubblici Più che una vera e propria piazza era divenuta sempre più un’entità astratta ingombra di costruzioni fatiscenti, una sorta di slargo a forma di stivale. Solo dopo l’Unità d’Italia, nel 1865, si incomincia a pensare di farne qualcosa di diverso e nel 1886 prende forma l’idea di una piazza ovale intorno alla quale organizzare la “cittadella degli affari”. Dopo le demolizioni degli edifici preesistenti, tra il 1897 e il ’99 , l’arch. Luca Beltrami, satura il lotto che fa da sfondo alla Via Dante, per chi viene dal Castello, costruendo il Palazzo Venezia delle Assicurazioni Generali.

Successivamente lo stesso progettista, eleva il Palazzo Riandrà, cuneo concavo in angolo tra la Via Mercanti e la Via Tommaso Grossi.

Al Broggi tocca la costruzione del Palazzo del Credito Italiano, fondato nel 1895, che trasloca qui nel 1901. Ma già nel 1908 sarà ampliato mediante l’acquisto delle aree confinanti. E dal 1914, a più riprese l’istituto bancario ampia la sua sede fino a saturare l’isolato tra le Vie Tommaso Grossi/ Santa Margherita/San Protaso/Bassano Porrone, con continui rinnovi delle ali interne dei fabbricati.

L’ultimo lotto, che definisce l’ovale della piazza, è l’edificio delle Poste, che nasce nei primissimi del XX sec., in angolo con la Via Cordusio, come sede della Borsa (Vecchia). La prima borsa, era collocata dal primo decennio del XIX sec. in un’ala del vicino Palazzo dei Giureconsulti. Alla fine dell’Ottocento apre una sottoscrizione per la costruzione di una nuova e più moderna sede proprio nella “nuova” City. I lavori del nuovo edificio, iniziati il 10 maggio 1899 su progetto di Luca Broggi, si concludono nell’estate del 1901. Sulla facciata, in pietra di Finalmarina, vengono collocate anche delle statue: del Commercio e del Lavoro di Achille Alberti. Angelo Comolli dipinge il soffitto del vestibolo e del salone. L’arch. Broggi con la costruzione del palazzo va a colmare uno dei tratti dell’ellisse e apre la stagione, che durerà circa quaran’anni, per la costruzione del quartiere degli Affari che si estenderà sul vecchio tessuto tra il nuovo Cordusio e Piazza Borromeo.

5- Via Armorari: prende il nome dalle innumerevoli botteghe e officine che qui producevano e commerciavano in armi. Le fabbriche d’armi avevano reso Milano famosa e, a detta dello storico Galvano Fiamma nel XIV sec., persino Tartari e saraceni cercavano le armi lombarde. Fino al Cinquecento, qui si fabbricavano i migliori usberghi ed armi offensive e difensive. Se ne faceva traffico in tutta Europa, facendo anche da rappresentanti delle armerie della Val Trompia. In questa zona si impiantarono nel XV sec., ad esempio anche le famose botteghe dei Missaglia, che foraggiavano di spade e corazze tutta la corte prima viscontea e poi sforzesca. Divennero ben presto i fabbricanti di armature più conosciuti nel ducato. Con la rifunzionalizzazione del Cordusio alla fine del XIX sec, anche questa strada vede cambiare la sua identità. Infatti, contemporaneamente alla costruzione della Borsa Vecchia (ora Posta di piazza Cordusio), l’arch. Broggi costruisce sull’isolato retrostante il palazzo con il maestoso ingresso, all’angolo tra via Cordusio e via Armorari, e che sarà sede della filiale milanese della Banca d’Italia. Qui sempre in questi anni sorgeva al civico 4, la Banca Jarach, che a molti di noi non dice molto, ma subito prima dello scoppio della Prima Guerra Mondiale fu coinvolta nel finanziamento de Il Popolo d’Italia, giornale fondato da Benito Mussolini. Nel dicembre del 1916 la società Banca Jarach fu sciolta ed al suo posto si costituì una società in accomandita semplice con la ragione sociale “Banco Jarach & C” che successivamente fu coinvolta in uno scandalo politico-finanziario che coinvolgeva lo stesso Mussolini. Nel 1921, la banca fu venduta alla Banca dell’Italia Meridionale, con sede a Napoli, che divenne nel 1922 la Banca d’America e d’Italia. Oggi, forse i più piccoli conoscono la via per il fatto di ospitare il mercatino domenicale per i collezionisti di numismatica e filatelia.

6- Via della Posta: la strada, dall’andamento tortuoso fu aperta agli inizi del Novecento, in seguito alla distruzione di un’antico monastero di cui rimane il toponimo della sola chiesa in una via adiacente, che porta il nome di S. Maria Segreta. Fu pensata per ospitare uffici ed istituti del nuovo quartiere finanziario che si stava sviluppando sin dalla fine del XIX sec. intorno al Cordusio. Nel 1905 infatti fu edificata dall’arch. Cesa Bianchi, la nuova sede delle Poste Italiane. Fino agli anni Venti però non aveva sbocco sulla Via S. Maria Fulcorina per la presenza di un intricato isolato di vecchi edifici, abbattuti solo in seguito agli sventramenti fascisti che volevano un’espansione più a ovest del quartiere degli Affari. Del 1939 è infatti il vicino Palazzo del Banco di Roma (isolato d’angolo Via Bocchetto/Piazza Edison/Via Posta) dell’arch. Scoccimarro, che prese il posto di un più caratteristico palazzetto liberty, del 1905 a forma di sperone, che dal 1907 divenne la sede della Banca Jarach, proveniente dalla vicina Via Armorari 4, di cui vi abbiamo parlato prima. Ancora oggi l’austera architettura del Banco di Roma caratterizza la piazza per la sua soluzione d’angolo in cui svetta un torrione concavo.

7- Via Moneta: prende ancora oggi il nome dal tempio della dea, Giunone Moneta, cioè che ammonisce, protettrice dell’edificio romano preposto a batter moneta, che occupava un ampio isolato fino all’attuale Via Zecca Vecchia (anch’esso toponimo indicativo), forse affaciantesi addirittura sul Foro romano (proprio al di sotto dell’adiacente Palazzo dell’Ambrosiana). Secondo alcuni studiosi, l’edificio sacro andò a sostituire, secondo l’usanza di sovrapporre l’olimpo dei nuovi conquistatori a quello dei celti, un tempio dedicato ad una dea equipotente, dove erano conservate le insegne dell’alleanza delle genti galliche. A supporto di tale ipotesi, durante alcuni scavi è stato rivenuto un fossato del IV sec. a. C. a protezione di un edificio sacro, con opere difensive ancora in buono stato fino al II sec. a. C. Per ironia della sorte fu la costruzione della nuova sede della Banca d’Italia, nel XX sec, a fare piena luce su questa realtà: durante gli scavi per le fondamenta del nuovo edificio fu rinvenuto, l’ edificio rettangolare romano (44×16,85), orientato secondo il piano regolatore del Foro e ad esso parallelo. Ma non essendo stati fatti rilievi precisi, non si sa se si tratti del tempio o dell’edificio della zecca vero e proprio. La zecca comincia ad entrare in funzione quindi dalla metà del II a.C., anche se dapprima come zecca celtica, sotto il controllo dell’Impero. Solo con l’89 a. C. viene chiusa e termina il conio autoctono per abbracciare il sistema romano. Viene chiusa dopo il 271, per essere riaperta nel 352, solo per la coniazione dell’oro, che serviva a pagare militari e burocrati, a fornire i tributi a barbari fedeli, che sostenevano l’Impero con truppe, e a sostenere i servizi logistici e di difesa. Esercitò quindi un’attività, nel corso dei secoli, non continuativa, anche se fu ereditata dai Goti e poi dai Longobardi, che se ne servirono ampliamente, anche per il carattere sacro che per loro, come per tutti i barbari, rivestiva la moneta con il volto dell’imperatore.

8- Via Zecca Vecchia, ovvero una nuova sede per batter moneta: al contrario di quella di cui abbiamo parlato al punto precedente l’edificio a cui si riferisce questo toponimo ospita qui l’attività del conio solo col 1474, sotto Galeazzo Maria Sforza, che, dopo una riforma monetaria, fa edificare un nuovo stabilimento dove battere moneta per il ducato. A quel tempo era un complesso articolato in più corpi di fabbrica, uno in fila all’altro. Dell’ala pubblica, però, non resta più nulla: l’edificio viene abbattuto nel 1780, con la costruzione della nuova Zecca presso l’attuale Via Moscova e da allora la via prende il nome di “Zecca Vecchia”. Ma il personale di cui si serve lo Sforza, come vedremo nella tappa successiva, non rimane lo stesso che aveva per secoli gestito la zecca più antica. Alla sovrintendenza di tale importante attività infatti era stata preposta per secoli una famiglia nobile “de Monetariis” che vivevano in una torre a controllo della strada dove era già situata la zecca più antica. Questa casa patrizia milanese fu poi conosciuta come i Moneta, “arimanni” nell’epoca longobarda (la classe dei guerrieri), e che parteciparono anche ad una crociata. Furono poi guelfi combattenti, magistrati, sacerdoti. Ultimo discendente degno di nota fu Teodoro Moneta.

9- Casa dello Zecchiere: nell’ambito del Palazzo della Zecca di cui abbiamo parlato nella tappa precedente, sul lato di Via del Bollo, al n. 3, al primo piano , sono stati rinvenuti gli uffici che ospitavano le attività di rappresentanza e gli appartamenti privati del Maestro della Zecca, al quale era affidato il controllo del flusso finanziario del ducato nell’ultimo periodo sforzesco. A Bernardo Scaccabarozzi, personaggio di spicco ai tempi di Francesco II Sforza (1495-1535), è attribuita la commissione di alcuni originali affreschi arrivati fino a noi, eseguiti da più mani all’inizio del Cinquecento. Tali sale sono state affrescate infatti intorno al 1530 da pittori di influenza fiamminga con soggetti che alternano angeli musicanti, scene di gatti umanizzati, “grilli” (cioè figure fantastiche) e nativi del Nuovo Mondo. Sono i locali descritti da Giorgio Vasari nella sua celebre visita, ammirato dai dipinti di Luini, Cesare da Sesto e Zenale che pendevano alle pareti. il ciclo costituisce una tappa importante e fortunatamente recuperata della narrazione artistica milanese nel momento di trapasso dello Stato di Milano dagli ultimi Sforza all’età spagnola di Carlo V.
Da qui è possibile inoltre accedere alla cosiddetta sala del tesoro, il caveau del XV sec. della Zecca.

10- Piazza Affari : prende il nome dalla presenza dei più importanti uffici della Finanza del XX sec. Tale angolo di Milano prende corpo quando nel 1925 in seguito all’acquisto da parte della Camera di Commercio del Palazzo del conte Turati su Via Meravigli, si apre l’opportunità di sfruttare gli spazi retrostanti per la creazione della sede della nuova Borsa. Nel 1928 iniziano i lavori per la nuova Piazza degli Affari e per il nuovo Palazzo della Borsa dell’arch. Paolo Mezzanotte. Viene conservata al piano interrato una parte delle fondazioni del teatro romano, già riscoperto a partire dal 1880 sotto alcuni edifici di via Meravigli. Nel 1931 il nuovo palazzo della Borsa è terminato, poi detto, in onore del progettista Palazzo Mezzanotte, ma ancora circondato dal vecchio e intricato tessuto, che da lì a poco verrà abbattuto per dar vita alla piazza. L’edificio viene rivestito in travertino con facciata a 4 colonne. La Borsa, proveniente dal Piazza Cordusio, solo col 1932 prende sede qui, divenendo ben presto il centro di scambio titoli, merci e monete più importante d’Italia. Nel 1938, secondo l’ultima soluzione , la piazza antistante la Borsa sarebbe stata di forma rettangolare, ed il costruendo palazzo meridionale sarebbe stato munito di larghi portici pubblici; la piazza pressocchè quadrata, chiusa al traffico, avrebbe in tal modo costituito un ambiente adatto alle soste dei mercanti. Nel 1939 l’arch. Lancia, chiude la piazza con il suo palazzo (che svolge la funzione di delimitazione dell’ampio spazio) affiancato da due sottopassaggi. Agli inizi del XXI sec. nel centro della piazza viene posta la famosa scultura provocatoria di Cattelan con l’indice medio alzato.

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  2. […] una nostra proposta di itinerario per il centro di Milano, alla scoperta dei luoghi dove si è sempre prodotta ricchezza, avevamo presentato una serie di luoghi dove sin dall’antichità si batteva moneta. Vi avevamo […]

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