Un altro giorno senza respiro!
Riproponiamo, dopo l’ultimo allarme smog di questi giorni, il post di dicembre sulla qualità dell’aria e della vita a Milano. Sono convinto che i conti non tornino, soprattutto in qualità di vita metropolitana.
E’ inutile ricordare come una coltre di smog e grigio ancora oggi continui a soffocare la nostra città da quasi due mesi. E altrettanto inutile, mi sembra a questo punto, invocare alibi come la bassa pressione, le condizioni climatiche e la posizione sfavorevole dell’intera area omogenea del catino della Pianura Padana. Per decenni abbiamo sentito le stesse cose a ogni innalzamento del valori della concentrazione del PM10 e quindi tutte queste analisi sono ormai considerazioni trite e ritrite. La verità è che il nostro è stato un sindaco fortunato perché per tre anni ha beneficiato di inverni favorevoli in cui le condizioni climatiche hanno allontanato il problema dello sforamento della soglia consentita dalla UE e dalla Regione Lombardia (che ha già in passato aveva ritoccato all’insù i limiti consentiti) dei particolati. Oggi però i nodi vengono al pettine e appare chiaro non nessuno si sia occupato del problema. Sì! Il Comune di Milano più della Regione Lombardia è apparso distratto sulle politiche ambientali, poiché i picchi maggiori ci sono e si stanno toccando, come dimostrano i rilevamenti delle centraline ARPA collocate in centro, proprio in città. E siamo consci anche del fatto che le politiche ambientali si costruiscano giorno per giorno, non solo allo scattare dell’emergenza!
Allora partiamo dall’inizio, ovvero da quando – prima dell’elezione dell’ultimo sindaco – ai cittadini era stato promesso l’allargamento dell’Area C alla seconda cerchia, garantito che il traffico veicolare sarebbe diminuito sensibilmente (e non per effetto della crisi!), incentivato il trasporto pubblico locale (in realtà, per effetto del dissesto finanziario di ATM molte linee di superficie sono state assorbite da alcuni tratti di MM, accorpate o soppresse!) e aumentati i km di piste ciclabili (interi nuovi quartieri sono sorti senza uno straccio di pista ciclabile che sarebbe potuta nascere a costo zero, anche a scomputo di oneri di urbanizzazione!), delocalizzate le attività dei grossisti (soprattutto quelli cinesi per l’area Sarpi-Arena) a Lachiarella. Ma i fatti, come ci ha insegnato negli ultimi anni la politica, non seguono alle promesse. A tal proposito, permettetemi un appunto: lo stesso nostro sindaco è un ex senatore di SEL, sigla che è acronimo di Sinistra Ecologia e Libertà, e operare per la salvaguardia ambientale dovrebbe far parte del suo DNA. Ecco che il taglio di centinaia di alberi, giustificati dall’insopprimibile necessità di scavare per la posa della linea metropolitana appare davvero discutibile sia sul piano ideologico (per le ragioni prima esposte) sia a livello pianificatorio (si potevano trovare alternative al percorso soprattutto sull’asse di Porta Vittoria, approfittando degli spazi lasciati liberi dalle aree attigue agli scali ferroviari dismessi), sia a livello civico (riuscendo a compattare interi quartieri e a moltiplicare le associazioni di cittadini contro tali decisioni). Sinceramente certo progresso può aspettare, soprattutto in tempo di spending review e nelle more di una crisi finanziaria in cui versano le casse del Comune.
Uno degli alberi da abbattere (o già abbattutto). Foto da giornimoderni.donnamoderna.it
Ma soprattutto vorrei ricordare come non è stato limitato il consumo del suolo sulle aree dismesse ( con il via libera a nuovi progetti speculativi), vera risorsa e forma di compensazione per l’eccessiva cementificazione a cui è stata sottoposta la città negli ultimi decenni. Le dimissioni dell’assessore all’urbanistica, sorda a qualunque richiesta dei cittadini e la partita persa degli scali ferroviari, dovrebbe far riflettere su come lo sviluppo di questa città non può e non deve passare solo attraverso l’edilizia (settore che più di tutti ha sopportato la crisi). E più che mai appare stringente una green belt (una cintura verde intorno al costruito), capace di far “respirare” almeno un po’ questa città, una zona di rispetto che ci protegga dalle esondazioni dei fiumi, da un eccessivo carico di traffico su gomma o dalla povertà del verde (anche qualitativamente!) per i suoi tanti bambini. Molto probabilmente chi verrà dopo questa amministrazione non invertirà la direzione di marcia sulle aree ferroviarie, ma almeno si è procrastinato un’ulteriore alterazione dello skyline di Milano. Le previste misure mitiganti, come gli orti in città, oggi appaiono solo un palliativo di bandiera per indorare una pillola davvero difficile da digerire.
L’anello ferroviario intorno alla città con i relativi scali dismessi a disposizione (fonte Comune di Milano)
Chiudiamo in ultimo con le passate e tanto vituperate “domeniche ecologiche” che le vecchie giunte di destra distribuivano nell’arco dell’anno e che puntualmente venivano criticate come misure tampone. Ma anche queste negli ultimi giorni avrebbero dato un segnale, un segnale educativo oltre che di civiltà. Questa proposta, come quella delle giornate con targhe alterne o della necessità di un fermo totale del traffico, sotto Natale sarebbero forse stato un schiaffo troppo grande al rilancio dei consumi! Tant’è, la situazione rimane stagnante come l’aria mefitica che aleggia sopra le nostre teste.
Sembra così che pure un Expo e un dopo-Expo mai concluso, usato come arma di distrazione di massa, abbia lavato la coscienza dei più con quel roboante tema di “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Ci ha allontanato forse per troppo tempo dai problemi reali e complessi di una città metropolitana come Milano, ad iniziare dalla bonifica dei terreni, su cui è sorta la stessa manifestazione e dove per mesi molti volontari e lavoratori si sono spesi per intere giornate. Forse che anche la possibilità di respirare aria pulita o a mangiare del cibo sano non sia esso stesso un diritto e un bene prezioso per cui valga pagare la TASI o L’IMU o la TARSI in questa città, che ha ancora molto cammino davanti per diventare una vera città verso cui l’Europa e il Mondo devono voltarsi a guardare?