Tanti preziosi tesori d'arte da scoprire nel nostro Castello

Abbiamo più volte trattato il tema del Castello Sforzesco in occasione di alcuni interventi su Ciabattine, ma non abbiamo mai parlato dei magnifici musei che la città ospita fra quelle vetuste mura.

Tra questi uno su tutti, a mio parere, per conoscere nel profondo Milano, ha più dignità di essere visitato da un ragazzino: non quello, seppur interessante, degli Strumenti Musicali, non quello Egizio (che mai potrà tenere testa a quello torinese appena rinnovato), non di certo quello del Mobile (fin troppo pretenzioso per i più piccoli), ma il Museo d’Arte Antica. Da tanto tempo volevo parlarvene per esortarvi a visitarlo coi vostri figli. Lì potrete scoprire opere meravigliose, provenienti da chiese sconsacrate, già depredate di tanti tesori, più spesso demolite. Ma non c’è solo arte sacra, ma autentici pezzi di storia milanese, angoli di una città che non c’è più, come l’arco della Pusterla dei Fabbri (uno degli accessi alla città medioevale), che vi accoglie subito all’ingresso e che un tempo si rifletteva sul Naviglio del Molino delle Armi (oggi inghiottito dalla cerchia della circonvallazione più interna) alla fine di Via Cesare Correnti, in un’anonima piazza, oggi dedicata alla Resistenza Partigiana.

Pusterla dei Fabbri, all'ingresso del museo

Pusterla dei Fabbri, all’ingresso del museo

E ancora il portale di un palazzo rinascimentale scomparso o il Monumento sepolcrale del feroce Bernabò Visconti, relegato qui dopo essere stato cacciato da Carlo Borromeo dalla chiesa ormai distrutta di S. Giovanni in Conca (di cui rimane oggi la sola facciata, acquistata e trasportata dai valdesi in Via Francesco Sforza, e l’abside con la relativa cripta come spartitraffico di Piazza Missori). Nelle sale non è difficile imbattersi in affreschi originali, come nel caso delle lunette delle volte, dove campeggiano ancora gli stemmi araldici di alcune famiglie spagnole che occuparono Milano come governatori della città e castellani. Ma tra tutte le sale una su tutte non può non lasciare incantati come un bambino con gli occhi puntati al cielo, quella ricoperta dai tralci attribuita a Leonardo da Vinci, un tempo dedicata ai banchetti e ai giochi, oggi nota come Sala delle Asse.

Leonardo da Vinci, volta affrescata della sala delle Asse

Leonardo da Vinci, volta affrescata della sala delle Asse

Fra tutti questi gioielli, come in un forziere, ne vorrei estrarre fra tutti uno, per raccontarvene storia, rischi e collocazione. Scelgo fra tutti questi monili la Pietà Rondanini, che qui stava fino a qualche mese fa nell’ultima sala, detta degli Scarlioni (chiamata così per le decorazioni bianche e rosse zigzagate) dove i duchi di Milano ricevevano e davano udienza. E allora direte voi, perché chi scrive intende parlarci di un’opera che non c’è più? Parto allora dal raccontarvi di come l’opera dello scultore fiorentino Michelangelo Buonarroti, realizzata in tarda età e per questa non finita, sia giunta al Castello: per voce dell’artista Pietro da Cortona nel 1652 l’opera risulta essere in una bottega romana. Nel 1744 viene acquistata dai marchesi Rondanini, da cui trae il nome attuale, che la collocarono in una nicchia della biblioteca del loro palazzo romano. Quest’ultimo fu acquistato con il suo prezioso contenuto dal conte Roberto Vimercati-Sanseverino e l’opera, rimasta nell’edificio fu collocata su una base di epoca romana, del periodo imperiale. Alla morte del conte, la Pietà comincia il suo viaggio, poiché gli eredi la spostano in una loro villa fuori porta. Nel 1952, succede un fatto insolito, per quei tempi (stiamo parlando del dopoguerra e i fondi scarseggiano!): viene acquistata dal Comune di Milano, grazie a una sottoscrizione a cui partecipa tutta la cittadinanza, come simbolo di una volontà di rinascita (le Pietà michelangiolesche sono tra i massimi esempi del Rinascimento, stavolta con la R maiuscola). Perfezionato il passaggio di proprietà viene destinata alle Raccolte Civiche del Castello Sforzesco, che non trovano però una collocazione adeguata all’interno delle sale.

La struttura dello studio BBPR (foto BBPR)

La struttura dello studio BBPR, dopo la conclusione dei lavori, vista dal retro (foto BBPR).

Vengono chiamati dei professionisti, lo studio BBPR, acronimo degli esponenti più illuminati del modernismo milanese (autori di architetture oggi celebri, come la Torre Velasca, ad esempio) . Ebbene, questi producono una struttura concava, una sorta di abside, all’interno della Sala degli Scarlioni ove collocare la Pietà: ci si può comodamente girare intorno, in una sorta di percorso meditativo intorno alla Passione del Cristo. Insomma, un azzeccato allestimento museografico moderno, ospitava un altro capolavoro rinascimentale che poggiava a sua volta su una base ancora più antica, di epoca romana.

Ecco come era collocata la Pietà fino a qualche mese fa, all'interno della struttura BBPR (foto exibart.com)

Ecco come era collocata la Pietà fino a qualche mese fa, all’interno della struttura BBPR (foto exibart.com)

Veniamo allora a quello che è successo negli ultimi mesi, direi, in occasione dei preparativi, per l’inizio di Expo. Il Comune di Milano, con la direzione del Museo, ha fatto risistemare un’altra ala del Castello, già usata come ospedale degli armigeri spagnoli (chiamata per questo Ospedale degli Spagnoli) per ospitare temporaneamente e “più degnamente” la Pietà, depauperando così il Museo della sua opera più interessante e lasciando l’allestimento del BBPR come un’arca vuota. In verità si riteneva che l’opera com’era collocata non permetteva il grande afflusso di visitatori, che le ragioni del mercato oggi richiedono. Naturalmente ciò ha suscitato grandi entusiasmi e grandi polemiche e persino un convegno al Palazzo Pirelli, a cui peraltro ho assistito.

Il nuovo allestimento all'Ospedale degli Spagnoli al Castello Sforzesco, con ingresso dedicato, a pagamento! (foto bitculturali.it)

Il nuovo allestimento all’Ospedale degli Spagnoli al Castello Sforzesco, con ingresso dedicato, a pagamento! (foto bitculturali.it)

Mi permetto di concludere con questa amara riflessione: ci si chiede perché in Italia e in particolare a Milano il turismo culturale non decolli. Risposta: le politiche culturali di questo strano paese non passano per interventi atti alla sensibilizzazione e la comprensione del nostro patrimonio, favorendone soprattutto le nuove generazioni, ma attraverso investimenti in eventi temporanei o maquillage di discutibile gusto. Cari ragazzi, andare al museo deve essere un divertimento, ma non è come andare al circo!

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One Trackback

  1. […] il commento sulla nuova esposizione della Pietà al Castello, allargo l’argomento all’intera città e non posso provare un certo disagio sul come è […]

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