La Cascina nascosta del Parco Sempione.
Una notizia di ieri letta su Corriere.it, ha colpito in maniera particolare la mia attenzione. Il titolo recitava così: si disvela la Cascina nascosta, angolo sconosciuto del Parco Sempione.
Della sua presenza, come forse i più di voi, non ero al corrente, anche perchè in un’area chiusa al pubblico tra la zona della Torre Branca e il Palazzo della Triennale. Come si può apprendere si tratta di uno spazio ricavato nel verde, che per lungo tempo è rimasto poco o per niente utilizzato. Finalmente verrà restituito alla cittadinanza e “rianimato” da una serie di associazioni. Naturalmente leggendo più attentamente l’articolo e guardando le foto esplicative si comprende che non si tratti di uno spazio storico, come potrebbe esserlo un’autentica cascina. Ma ben restituisce la valenza agreste che in origine aveva il Parco Sempione, come vi avevamo già raccontato tempo fa, in un intervento che oggi vi riproponiamo proprio a ricordo di un panorama di Milano perso per sempre!

Catterina Merlini, Veduta del Castello di Milano, acquerello, 1795, ( Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli )
Adesso che inizia la bella stagione, spingetevi fino al Parco Sempione, l’area verde più grande del centro storico, magari con questa storia del più antico e nobile giardino di Milano, nelle orecchie! A ridosso del Castello Sforzesco, l’ampia distesa verde era parte integrante delle proprietà ducali, e rappresentava il barcho ducale, cioè la riserva di caccia della signoria, con aree a parco nei pressi della fortezza. Era una zona vastissima che si estendeva a nord della città e annoverava fin dall’inizio del XV secolo, viali “a volta”, coperti da rami, giardini, orti, frutteti, alternati a prati e a boschi, ricchi di selvaggina.
Non era raro avvistare lepri, cervi e cinghiali fino al limitare dell’area fortificata! Essendo la tenuta di caccia dei duchi e dei loro ospiti, all’interno vi erano casini per il ristoro dopo le attività venatorie, piccoli padiglioni per feste e intrattenimenti, serragli per bestie feroci… e persino per un elefante!… che serviva da modello per le decorazioni del portico omonimo in una corte del Castello. E poi c’erano ancora la falconiera, la peschiera in muratura, a ridosso del fossato, per la coltura dei pesci pregiati, nonché l’installazione di una fontana trasportata dal palazzo di città (l’odierno Palazzo Reale), alimentata dalle stesse acque convogliate dal fossato. Dalla metà del ‘400, quest’area i cui confini erano a perdita d’occhio, venne recintata con un muro alto ben 2 metri e mezzo per aumentare la sicurezza. L’ingresso era controllato con addirittura 7 porte , più quella all’interno del Castello, la Porta Giovia. Tutte avevano torri campanarie che avevano la funzione di avvistamento e di allarme. Ma quanto era grande la tenuta? Pensate che una di queste porte era al Portello, presso la cascina omonima, spesso presente in molte mappe e disegnata proprio come un portellone che si apriva sul barcho (da qui lo stesso nome del quartiere fuori dall’area ex Fiera).
In seguito Lodovico il Moro volle accrescere ancora di più la sua tenuta di caccia e quindi acquisì altre cascine, colombare e vigne limitrofe per compensare il fatto che al sud della proprietà avesse costituito un nuovo quartiere per i suoi cortigiani, il borgo intorno a S. Maria delle Grazie. Mentre il Portello diventava una zona ben curata, ora all’interno della recinzione del barcho ducale, dove vi erano vigneti, orti, cascine, al contrario la situazione fuori dalle mura era assai diversa: ad esempio il Bosco della Merlata, poi conosciuto come Musocco, era una zona fitta di vegetazione, e per questo meta anche delle battute di caccia dei duchi fuori il barcho ducale. Ma soprattutto, era talmente inospitale, da essere infestata di briganti!
Più avanti, con l’arrivo degli spagnoli buona parte dell’area intorno al Castello, più volte saccheggiato, demolito e ricostruito, viene destinata a manifestazioni pubbliche. D’estate, tre volte alla settimana, verso sera, sulla spianata a forma di stella si organizzavano grandi concerti sinfonici all’aperto per tutti i cittadini.

Nella carta post-unitaria di Giovanni Brenna si evidenzia come fuori dalla Piazza d’Armi del Cagnola, fossimo ancora in presenza di territorio non urbanizzato
Dopo la demolizione dei baluardi spagnoli intorno al Castello, nell’area retrostante venne ricavato un vasto quadrato cinto da alberi per le esercitazioni militari, che prima venivano eseguite all’interno della fortezza. Quando lo spiazzo militare fu spostato più a nord, con una città in continua espansione, appena fuori dalle fortificazioni fu creata la spianata nota come Piazzale del Cannone per via del cannone della Guerra ’15-’18, che faceva bella mostra di sé in vista dell’Arco della Pace.
Intanto già dalla fine del XIX sec., si progettava sulle aree verdi, al di fuori della spianata, un grande giardino all’inglese per la città, con aree a prato, radure, pozze d’acqua e alture di roccia. Stretto fra i semicerchi del Foro Bonaparte e del sistema Via Canova-Melzi d’Eril non era più un luogo di delizia, ma almeno era stata rispettata la volontà di mantenere il nuovo parco il più possibile isolato dal grande traffico cittadino!
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[…] si può godere lo Skyline ormai ben diverso di Milano! Proprio ai suoi piedi poi c’è poi la cascina nascosta, difficile da trovare, ma con un po’ di aiuto non impossibile! Una caccia al tesoro […]