25 aprile 1945 a Milano. La storia? No, la geografia. Ovvero perchè è importante ancora una volta ricordare!
Il 25 aprile di 70 anni fa è ricordato in tutta Italia come il giorno della fine degli aspri combattimenti contro il nazi-fascismo che aveva tenuto in scacco per circa un ventennio il progresso democratico di un’intera nazione.
Fu convenzionalmente scelta questa data nel 1949, per proclamare una festa nazionale, un giorno della memoria per quanti persero la vita per raggiungere l’obiettivo, prima di resistere e poi di liberare l’intero paese. Ma è chiaro che non tutte le città d’Italia furono espugnate dalle truppe alleate e dalle colonne partigiane lo stesso giorno. Nel caso di Milano, che è anche Medaglia d’oro per il valor militare nella guerra di liberazione, i combattimenti iniziarono effettivamente il giorno 25 aprile ma il crepitio delle armi cessò in realtà solo la sera del 28. Già dalla mattina la Divisione Valtoce, entrata in città col grosso delle formazioni partigiane provenienti dalla Val d’Ossola, si era impegnata in aspri combattimenti per l’annientamento delle sacche di resistenza, nei rastrellamenti, assistendo agli immancabili regolamenti di conti.
Solo il 29, una bella domenica di sole, la gente potè sentirsi sicura di uscire, per festeggiare la liberazione. Le strade si riempirono di cittadini per accogliere con manifestazioni di giubilo le colonne alleate che sfilavano per la città e anche per episodi meno edificanti come l’esposizione al pubblico ludibrio dei cadaveri di Mussolini, Claretta Petacci e di 15 gerarchi giustiziati a Dongo il giorno precedente.
Iniziamo quindi proprio dalla fine, da Piazzale Loreto per illustrare una piccola geografia dei luoghi della Resistenza e della Liberazione di Milano. A quel tempo il piazzale tristemente famoso, era il capolinea per le autocorriere dirette in alcune località suburbane a nord e per Bergamo. Era anche dotato di un grande distributore di carburante, con una grande pensilina. Il luogo per il macabro festeggiamento non fu scelto a caso; poiché all’alba del 10 agosto del 1944 era già stato teatro dell’eccidio di quindici prigionieri, rinchiusi nel carcere di San Vittore per motivi politici. Furono trucidati per rappresaglia dai repubblichini agli ordini del comandante della polizia di sicurezza nazista. I poveri corpi furono ammucchiati a terra, dove rimasero fino a pomeriggio inoltrato. L’esecuzione doveva servire da monito per la popolazione, che sgomenta, rinominò il luogo “Piazza dei Quindici Martiri”. A ricordare il tragico evento fu messo un cippo dedicatorio, poi sostituito dal monumento di Giannino Castiglione realizzato nel 1960.
Un altro luogo tristemente noto in quei giorni era l’Albergo Regina, in angolo tra Via S. Margherita e Via Pellico, oggi scomparso. Era divenuto il quartier generale nazista delle SS a Milano dal 13 settembre 1943 al 30 aprile 1945. Da qui il comandante delle SS Theodor Saevecke ordinava deportazioni e rappresaglie ai danni delle forze di opposizione (compreso l’eccidio di cui abbiamo parlato prima), nonché la persecuzione degli ebrei milanesi. Una lapide in marmo qui apposta dopo la fine del conflitto bellico, reca questa iscrizione: “Qui, dove era l’Albergo Regina, furono reclusi, torturati, assassinati, avviati ai campi di concentramento e di sterminio, antifascisti, resistenti, esseri umani di cui il fascismo e il nazismo avevano deciso il sistematico annientamento. Una petizione popolare ha voluto questa lapide, per la memoria del passato, la comprensione del presente, la difesa della democrazia, il rispetto dell’umanità”. ”
Qui infatti fu tenuto prigioniero Ferruccio Parri. Lo stesso gen. Rodolfo Graziani sarà condotto all’Hotel Regina da agenti dei servizi segreti statunitensi per sottrarlo alle forze partigiane nei giorni
della liberazione.
Un sito della “vergogna” fu quella porzione del Palazzo Carmagnola su Via Rovello, dove dal 1947 ha sede il Piccolo Teatro. Questo edificio dal 1937 ospitava le sale ricreative del dopolavoro dei dipendenti comunali, compresa un’aula destinata a riviste di avanspettacolo e cabaret. Ma nello stesso periodo, i sotterranei erano utilizzati dal regime fascista per i servizi di controspionaggio e per l’opposizione interna. Nel 1943 diviene la sede della Legione Muti comandata da Francesco Colombo, estromessa solo il 26 aprile 1945, famosa per i massacri e le angherie perpetrati ai danni di partigiani torturati e spesso poi assassinati nei prati della periferia.
In questa veloce disamina non si può non citare la Stazione Centrale con i suoi binari nascosti, quelli cioè che dovevano portare via, lontano dalla vista indiscreta dei cittadini milanesi, gli oppositori al regime o gli ebrei, fino ai campi di concentramento in Germania. Già nell’agosto 1943 aveva subito una feroce devastazione a seguito dei violenti bombardamenti che colpirono la città, ma non fu sufficiente per scongiurare il peggio. Infatti tra il dicembre 1943 e il maggio 1944 dai binari sotterranei cominciò il triste esodo frutto dei rastrellamenti. Pochi tornarono anni dopo per raccontare. Per quelli che non sopravvissero oggi è nato un Memoriale della Shoah presso il famigerato binario 21.
Un posto a parte merita il Carcere di S. Vittore, ancora oggi luogo di detenzione. Infatti durante il fascismo diviene anche carcere politico. Le sue mura assisteranno alla prigionia di centinaia di oppositori al regime, milanesi e non. Tra i tanti vale la pena ricordare Mike Bongiorno (in quanto cittadino americano, membro di nazione nemica), Indro Montanelli, Liliana Segre, o lo stesso Ferruccio Parri, dopo l’interrogatorio all’hotel Regina, dove era stato riconosciuto. Nel luglio 1943, dopo l’arresto di Mussolini, escono i prigionieri antifascisti. Ma dall’8 settembre 1943 al 25 aprile 1945, con l’insediamento della Gestapo fu anche peggio poiché centinaia di italiani soffrirono umiliazioni, patimenti e torture. Alcune guardie carcerarie che compirono gesti di umanità nei confronti dei prigionieri subirono la stessa sorte.
Altro luogo che uno non si aspetta di trovare in questo pellegrinaggio è la sede del Corriere della Sera. Via Solferino era un luogo nevralgico per le informazioni. Subito prima dello scoppio della II Guerra Mondiale nella via vi era il Comando Difesa territoriale. Proprio a due passi dalla redazione del illustre quotidiano. Ma il ruolo del giornale si fece via via più incisivo nei giorni della Resistenza, un vero punto di riferimento. In tipografia si stampavano le pubblicazioni del Comitato di Liberazione Nazionale e fogli clandestini. Per proteggersi contro gli arresti e le razzie della Repubblica sociale e della Gestapo all’interno era stato organizzato un servizio di avvistamento e allerta continuo, per avvertire i colleghi ricercati dai nazifascisti. All’interno del giornale si ebbero anche azioni di guerriglia. Molti lavoratori pagarono duramente, con la detenzione o morendo in un lager.
Tra i siti teatro di atrocità e fucilazioni non si può dimenticare il Campo Giuriati o l’Arena Civica. Qui alcuni detenuti nel carcere di San Vittore per attività antifasciste, vennero fucilati per rappresaglia contro l’attentato al federale di Milano Aldo Resega.
E ancora non si può tralasciare uno strano posto, fuori dal centro. Si tratta della Villa Fossati poi detta Triste in Via Paolo Uccello, che incorpora le vestigia della chiesetta rinascimentale di S. Siro alla Vepra. Durante la seconda guerra mondiale diverrà sede della banda di Piero Koch, che vi portava i detenuti politici antifascisti per sottoporli alla tortura. Sul cornicione della costruzione furono installati 24 riflettori e nei sotterranei allestite cinque celle. In qualche periodo vi furono stipate fino a un centinaio di persone. Le urla dei seviziati si sentivano fin dalla strada e ci furono proteste da parte della popolazione. Intervenne lo stesso cardinal Schuster. I componenti della banda furono arrestati tra il settembre e il dicembre ’44. La famiglia Fossati, proprietaria della villa, saputo dello scempio avvenuto, decise di non abitarla più e lasciarla in eredità a un istituto religioso.
In questa disamina vogliamo ricordare anche gli ultimi caduti per la Liberazione: sono i partigiani di Via Lodovico il Moro. La sera del 25 aprile 1945, nella zona del Naviglio Grande, una sessantina di garibaldini della 113ª brigata Garibaldi SAP, con solo cinque mitra, dieci moschetti, una decina di bombe a mano e “numerosissime rivoltelle non completamente cariche” bloccano un’autocolonna tedesca che punta sulla città. La colonna fa dietro-front. Ma sul terreno rimangono tre vite che non vedranno mai Milano liberata.

Studio BBPR – Monumento in onore dei caduti nei campi di sterminio nazisti, al Cimitero Monumentale (dal sito del Comune di Cinisello Balsamo)
Sono cosciente di non ricordare le centinaia di vite di cittadini comuni caduti per i loro alti ideali, spesso trucidati sotto le loro case o deportati nei campi di sterminio. Ma la pietà di chi è sopravvissuto ha spesso ricordato il loro sacrificio con una lapide posta sulla facciata della casa dove non è più tornato.
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[…] facciamo un passo indietro: vi ricorderete come con la fine del conflitto bellico e con la liberazione della città dalla tirannia nazi-fascista il CNL (Comitato di Liberazione Nazionale) concesse in uso alla Comunità Ebraica di Milano la sede […]