Dalla vigna di Leonardo a Milano, agli orti in città.

L’intervento di oggi prende le mosse da una notizia colta tra le cronache milanesi de La Repubblica di qualche giorno fa, che mi ha fatto sobbalzare letteralmente sulla sedia. Ne riporto testualmente il titolo: “Milano: Expo fa ripiantare la vigna di Leonardo da Vinci”. Non credevo ai miei occhi!…

Perché conosco la storia della famosa vigna regalata da Lodovico il Moro al genio fiorentino per i suoi servigi, fuori le mura di Porta Vercellina, ma da lungo tempo se ne erano perse le tracce e tantomeno se ne conosceva l’ubicazione e il tipo di uva messa a coltura. Leggo allora l’articolo e la nebbia si fa ancora più fitta, una “scighera” che allora doveva calare per lungo tempo, nelle campagne del milanese. Si! perché qui nell’epoca sforzesca eravamo proprio fuori città!

Il Borgo delle Grazie, e la vigna di leonardo, si trovava ben fuori le mura. Nella vecchia mappa del periodo spagnolo è ben visibile come appendice costruita in basso.

Il Borgo delle Grazie, e la vigna di Leonardo, si trovava ben fuori le mura. Nella vecchia mappa del periodo spagnolo è ben visibile come appendice costruita in basso.

Conviene allora raccontare dall’inizio questa storia, che è ormai leggendaria, soprattutto perché legata agli anni di vita che Leonardo da Vinci passò a Milano, alla fine del XV sec., chiamato dal duca Lodovico il Moro a risolvere una serie di questioni tecnico-ingegneristiche, nel quadro degli scambi commerciali e culturali tra corte medicea fiorentina e quella sforzesca milanese. All’interno dell’attività svolta da Leonardo a Milano, che vantava anche interventi artistici, di spessore talmente elevato, da dar vita anche ad una vera e propria scuola, c’era, non ultimo l’affresco per il refettorio del convento domenicano di S. Maria delle Grazie, poi noto come Cenacolo. Sappiamo come il complesso sorgesse, in quel quartiere ribattezzato delle Grazie appunto: in realtà un piccolo borgo, l’unico fuori dalle mura, se tralasciamo quello degli Ortolani di ben altra natura, poichè diviene ben presto uno dei più importanti della città, per ricchezza e decoro. Premeditatamente attraverso regalie e promozioni fondiarie, il duca lo promuove a luogo privilegiato, con nuovi insediamenti dei più fidi cortigiani degli Sforza: i Vimercati, gli Atellani, i Botta, i Guiscardi, gli Stanga, i Sanseverino. Pare che fosse addirittura collegato direttamente al Castello attraverso dei camminamenti sotterranei con i quali si potesse facilmente guadagnare la via per la campagna. In questo quartiere, con al centro proprio la chiesa bramantesca di S. Maria delle Grazie, Lodovico il Moro regala nel 1498 al suo fido ingegnere di corte, milanese d’adozione ormai, un terreno di quasi 10.000 mq coltivati a vigna, per lo splendido lavoro che aveva condotto anche al Cenacolo e soprattutto per non farlo sentire troppo lontano dai suoi vigneti fiorentini. Ora della sorte e della posizione esatta di questo vigneto si erano perse le tracce da tempo: dalla confisca dei beni dei più fidi servitori di Lodovico il Moro, all’arrivo dei francesi (il fondo fu poi riottenuto da Leonardo solo dopo essersi messo a servizio di Luigi XII, re di Francia), fino all’edificazione stratificata dell’intero quartiere soprattutto dopo i devastanti bombardamenti del 1943. Sappiamo che doveva essere ubicato in un lotto alle spalle dell’attuale Palazzo delle Stelline, compreso tra l’attuale Via de Grassi e Via dei Togni, e che con un diritto di passaggio Leonardo o il suo fittavolo poteva raggiungere la vigna attraverso il giardino della Casa degli Atellani, poiché la Via Zenale a quel tempo non c’era ancora, seppur già vi fosse il progetto di collegare con un passaggio S. Vittore con l’attuale Corso Magenta (fu aperta solo nel 1506 sotto Luigi XII, molto probabilmente su consiglio dello stesso Leonardo, e chiamata per secoli Contrada delle Oche).

Il puntatore segna la zona presunta degli orti di Leonardo intorno all'attuale Via Zenale.

Il puntatore segna la zona presunta degli orti di Leonardo intorno all’attuale Via Zenale.

Ma per tornare ai giorni nostri, perché ora bisogna porre tanta attenzione su questa iniziativa e dove sta la notizia? Forse la notizia non c’è, o forse è il segno che sta cambiando la sensibilità: è un’operazione di “archeo-agronomia”, interessante anche se filologicamente discutibile, se si ha la pazienza di guardare anche il video allegato all’articolo indicato: le piante innestate nei nuovi filari non possono essere le reali discendenti del vitigno leonardesco, ma sono nuove uve dello stesso tipo isolato dopo il ritrovamento; le radici ritrovate dopo lo scavo non possono essere quelle coltivate per secoli dagli eredi di Leonardo, poiché i terreni hanno subito nel tempo vari passaggi di proprietà e soprattutto il genio fiorentino non aveva discendenti diretti; le radici del vitigno “riesumato” sono quelle bruciate nell’incendio del giardino disegnato ex novo dall’arch. Portaluppi per il senatore Ettore Conti, proprietario della Casa degli Atellani. E non è proprio detto che fossero nell’area coperta dalla proprietà leonardesca. E dulcis in fundo, visto che si tratta di Malvasia piacentina, il nome di “Leonardo” è sempre un bel brand da vendere ai turisti stranieri!

Il giardino di casa degli Atellani, dove sorgerà la vigna di Leonardo (foto da La Repubblica)

Il giardino di casa degli Atellani, dove sorgerà la vigna di Leonardo (foto da La Repubblica)

Ma al di là delle operazioni commerciali, che sono cose da “grandi”, forse anche un po’ spregiudicate, è sempre una bella notizia sapere che in una città come Milano può ancora esserci un angolo di pace dove portare i nostri bambini a far vedere come germogliano i frutti della terra. Di iniziative di questo tipo in città ne stanno sorgendo tantissime, nell’anno di Expo, che ha come tema proprio quello del nutrimento e della cura per la terra: dagli orti urbani (fenomeno in continua espansione) sia privati che pubblici, al campo di grano che crescerà questa primavera ai piedi dei grattacieli nel parco dell’area di Porta Nuova. Insomma con la nuova stagione, non mancheranno le occasioni per far godere ai nostri figli scampoli di campagna anche in città. Quindi buone passeggiate!

 

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