Broletto, Pasquirolo, Ronchetto… posti di Milano o luoghi naturali?
Abbiamo introdotto questa settimana con l’intervento su Ciabattine Piccine il tema della denominazione stradale e della toponomastica come memoria di alcuni elementi vegetali, tipici del territorio padano.
Ritengo che l’argomento però non sia affatto esaurito. Anzi, vale la pena fare un ulteriore affondo, andando a costruire per i nostri lettori più interessati, un particolare percorso tematico da seguire, se non fisicamente, almeno idealmente… Partiamo quindi per questo nuovo e insolito viaggio con temi e nomi che abbiamo già incontrato nei precedenti articoli di Ciabattine: non si puo’ quindi non citare l’Ortica, il famoso quartiere dove la selvatica erba urticante era davvero infestante, o da termini come Pasquirolo (o pasquèe, in dialetto) che indicava per i vecchi milanesi, la zona umida libera da costruzioni dove per secoli le pecore andavano a brucare l’erba fresca, in un contesto già del tutto cittadino. Ancora oggi dietro il Corso Vittorio Emanuele possiamo visitare una chiesetta in mezzo ad uno spiazzo, dedicata a S. Vito al Pasquirolo.
A proposito di borghi, abbiamo già citato in passato anche il caso dei Tre Ronchetti o Ronchetto delle rane (oggi annesso al popoloso abitato del Gratosoglio). Il toponimo “ronco” e nelle sue più disparate accezioni negative, come Ronchettone o Ronchettino, deriva dal verbo latino runcare che significa disboscare, dissodare. E’ chiaro quindi che siamo in presenza di una porzione di territorio fortemente segnato dalla presenza umana fin dall’antichità, seppur all’interno di un’economia agreste. Ciò ci lascia supporre che prima dell’arrivo dei romani fossimo in presenza di una vasta foresta, poi disboscata per la messa a reddito, attraverso colture di pianura. “Ronco” diviene col tempo così un sinonimo di fondo, campo coltivato, spesso un vigneto, perché posto il più delle volte su un terrazzamento.

Lo specchio d’acqua di Via Laghetto con alle spalle il campanile della chiesa di S. Stefano in Brolo, immortalato in un’atmosfera settecentesca.
Approfitto ancora della denominazione stradale per introdurre un ulteriore nuovo concetto. Prendiamo il caso di Via del Brolo, dietro la Chiesa di S. Stefano, detta appunto al Brolo. Sin dall’Alto Medioevo si indicava con questo termine, di origine celtica, un frutteto cintato; si trattava infatti di una vasta area annessa ai terreni del Palazzo Vescovile (Si!.. Quello che gira da Piazza Duomo fino a Piazza Fontana), che si estendeva allora fino alla Chiesa di S. Nazaro al Brolo appunto, sul Corso di Porta Romana. Naturalmente questa immenso proprietà includeva il Verziere (sull’asse della moderna via Larga), il cui termine deriva, contrariamente a quanto si pensa, non dal mercato della verdura (che effettivamente qui si svolse per centinaia d’anni!), ma da “Viridium”, cioè l’area a giardino retrostante l’ arcivescovado. Lo spiazzo cittadino aperto e incolto, detto Brolo, solo coi secoli successivi cominciò a connotare il luogo di raccolta della popolazione, soprattutto in occasione di cerimonie e comunicazioni ufficiali, fino a divenire sede delle istituzioni governative. Per cui a Milano e in Lombardia, col Medioevo, cominciarono a comparire una serie di Broli e Broletti.
Altre spia della presenza di particolari piante ed essenze si hanno dalle dedicazioni di alcune chiese, alcune ancora presenti, come nel caso di S. Vincenzo in Prato (già voluta dalle prime comunità cristiane tra i campi fuori dalle antiche mura romane sulla via che portava a Vigevano), altre scomparse come ad esempio S. Pietro all’Orto di cui è rimasto il solo toponimo nella famosa via nei pressi di Corso Vittorio Emanuele. Ci ricorda l’antico percorso tra gli orti ai tempi della prima romanizzazione della Mediolanum proto-romana, ma non solo: la presenza di giardini coltivati richiama inoltre la possibilità di un facile approvvigionamento d’acqua, fatto che risulta comprovato da un altro edificio sacro in loco (ormai scomparso anch’esso!) conosciuto come S. Giorgio al Pozzo Bianco, più famoso per essere il luogo dove fu ritrovata la statua romana del Scior Carera. Quanto a edifici sacri scomparsi possiamo citare anche S. Vittore all’Olmo, sul luogo del carcere omonimo. Fu chiamato così perché la tradizione vuole fosse il luogo di decapitazione del martire cristiano Vittore, in un boschetto di olmi nei pressi della Porta Vercellina. E ancora, non di meno, non è possibile non ricordare una delle chiese più antiche di Milano: la chiesa di S. Ambrogio ad Nemus presso il Borgo degli Ortolani. Preesistente alle fondazioni ambrosiane, forse fondata da S. Martino di Tour nel 356 come aula di culto cristiana, fu descritta come una cella di eremitaggio presso un bosco (ad nemus in lat.) poi capace di far nascere l’unico monastero maschile presente in città a quel tempo. Solo successivamente quindi fu dedicata al patrono della città, poiché posta al “vertice di Milano”, così come nel disegno che aveva concepito il vescovo.

Particolare di una mappa della Milano spagnola con S. Ambrogio ad Nemus presso il borgo degli ortolani in una mappa
Nelle vicinanze inoltre la ricchezza d’acqua aveva generato una peschiera, ricordata ancora oggi dal nome di una via nei pressi.
Altri edifici sacri sorti lungo fiumi o rivi ci ricordano i nomi dei corsi d’acqua della nostra città, ormai spariti o tombinati, come la chiesa di S. Siro alla Vepra (dal nome del canale che da Nord-Ovest convogliava le acque dell’Olona in città), S. Giovanni in Conca (presso l’area impaludata nei pressi dell’attuale Piazza Missori), S. Maria alla Fonte (in Via Chiesa Rossa, sul Naviglio) o quella di S. Maria alla Fontana (per la fonte miracolosa nell’attuale zona Isola).
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[…] di Marco Aurelio), quella della Trinità che ha affreschi strappati dalla chiesa di San Vito in Pasquirolo e la Sala della Resurrezione che risplende degli affreschi salvati dalla distruzione del complesso […]
[…] Chi di voi è rimasto a Milano in questi giorni ed ha fatto una passeggiata in centro, magari è passato da Corso Europa, zigzando tra i suoi portici pieni di vetrine, fino ad arrivare a quello spiazzo anonimo pieno di rovine e con una piccola chiesa nel mezzo, che anticamente chiamavano semplicemente Pasquirolo. […]
[…] S. Stefano, già “verziere” per due motivi: il primo perché faceva parte, anticamente, degli orti del vicino Arcivescovado e secondo perché qui anticamente si svolgeva un mercato della verdura, proprio accanto al vecchio […]